di Riccardo Jannello
Parlando di nuove tecnologie, progresso, intelligenza artificiale, non si può certo non parlare di lavoro e delle ricadute che i nuovi strumenti a disposizione hanno su di esso. Per farlo abbiamo chiesto aiuto al segretario della Cgil, Maurizio Landini, tra gli ospiti del Festival di Luce!. La sua voce serve a capire come il sindacato si prepara alle sfide che il futuro ci pone di fronte, dal punto di vista della tecnologia, e come si possono ancora garantire le dovute tutele ai lavoratori e lavoratrici di fronte a quelli che sono i rischi e le trappole di un mercato in continua evoluzione. Troppo spesso ci si chiede se la tecnologia, l’intelligenza artificiale, sarà in grado di sostituire quella umana. È davvero uno scenario possibile? Se così fosse, cosa ne sarà della seconda?
Landini, quale effetto potrà avere l’Intelligenza Artificiale sul mondo del lavoro?
"La rivoluzione tecnologica in corso indubbiamente avrà un impatto rilevante. Proprio per questo non può essere lasciata ai soli valori del mercato e del profitto. Così, infatti, si rischia di creare nuove fratture e divisioni tra un ristretto nucleo di persone chiamato a svolgere funzioni strategiche per l’impresa e un’area ampia di lavoratori che svolgono mansioni ripetitive. C’è bisogno, invece, di un diverso modello di sviluppo e di un autorevole indirizzo pubblico che abbia al centro i diritti e la qualità del lavoro".
Quello di una riduzione della manodopera è solo un timore o è un rischio concreto?
"È assai difficile avere certezze in un processo così complesso e in continua evoluzione. Quello che è certo è che l’occupazione a livello globale cambierà profondamente. La questione è, quindi, come si agirà per accompagnare, tutelare il lavoro e produrre nuove occupazioni di qualità".
I lavoratori come dovranno approcciarsi all’IA?
"Trasformazioni così profonde possono suscitare paure, incertezze nel futuro. Per questo le lavoratrici e i lavoratori non devono essere lasciati soli. In questo è decisiva l’azione del sindacato. C’è bisogno di ascoltare le persone, di costruire e ampliare la propria rappresentanza che sia la più vicina possibile alle condizioni concrete di vita delle persone. Un sindacato, quindi, fondato sul rapporto democratico con le lavoratrici e i lavoratori per metterli, con la propria azione, nelle condizioni di non subire i cambiamenti in atto, bensì di esserne protagonisti".
E in che modo il sindacato potrà intervenire per difendere l’occupazione?
"Battersi contro il rischio che le nuove tecnologie riducano la presenza delle persone nel mondo del lavoro è un elemento dirimente della contrattazione. La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario è un fronte fondamentale dell’iniziativa del sindacato per tutelare e ampliare l’occupazione. Inoltre, se davvero si vuole esercitare un governo dei processi di innovazione insieme agli orari, alla redistribuzione della ricchezza prodotta, c’è il grande tema della formazione. Una delle caratteristiche di queste nuove tecnologie è la loro rapidissima evoluzione. I bagagli formativi vanno costantemente rinnovati altrimenti diventano obsoleti. Per questo il diritto alla formazione permanente è un elemento decisivo. Un diritto soggettivo in capo alla persona".
Esistono alternative pratiche alla troppa tecnologizzazione del lavoro?
"Si tratta piuttosto di sfatare un luogo comune. Il calcolo automatico, la potenza di calcolo, l’algoritmo non sono indiscutibili e oggettivi. La tecnologia non è neutra, è frutto di scelte che cercano di determinarne gli indirizzi e gli esiti. Oggi l’obiettivo fondamentale dovrebbe essere quello di orientare le tecnologie per renderle socialmente utili. Ad esempio, anziché usare i dati delle persone fragili per escluderle e selezionarle per ragioni di mercato, si potrebbero invece usare per aiutare le persone in difficoltà a uscire dalla loro condizione di marginalità".
Chi sarà a guadagnarci?
"Se prevale l’interesse del mercato e del profitto cresce la ricchezza di pochissimi, con una concentrazione di potere che rischia di mettere fuori gioco la stessa democrazia. Ma è proprio per questo che noi ci battiamo affinché si affermi l’interesse pubblico e collettivo che orienti le tecnologie digitali verso la qualità delle produzioni e del lavoro, verso la socializzazione del sapere e della conoscenza".