L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, con tutte le sue applicazioni in ogni settore del nostro presente, apre senza dubbio nuovi scenari ed incredibili prospettive di inclusione. Potrebbe, in effetti, essere la vera rivoluzione che tanto serve alla nostra società. Penso in particolare a tutte le persone a rischio di esclusione, di emarginazione sociale, di discriminazione. O che questi fenomeni li vivono ogni giorno sulla propria pelle, fin da piccole.
Penso alle persone con disabilità che potrebbero accedere, proprio grazie all’Intelligenza Artificiale, a nuove opportunità lavorative, culturali, sociali. Grazie a dispositivi, algoritmi, strumenti che permettano loro di superare ostacoli e barriere prima insormontabili o considerati tali dalla maggioranza.
Peraltro non dimentichiamo il rischio corso è enorme: laddove le stesse persone (con disabilità e, in generale, coloro che sono di solito escluse) non abbiano una formazione adeguata e gli strumenti tecnologici potrebbero essere ancora più discriminate, in un mondo che va ad un’altra velocità. Insomma non basta solo rendere le nuove applicazioni tecnologiche accessibili a tutti e tutte, ma è necessario anche dare alle persone gli insegnamenti per utilizzarle, in modo che siano davvero strumenti e non ulteriori ostacoli alla piena inclusione.
È necessario normare al dettaglio l’accesso e l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, e dotare quelle che sono le fette più fragili della popolazione delle competenze e delle risorse richieste per restare al passo con il resto della società che corre veloce, e per usufruire al meglio delle nuove opportunità che promette. Solo in quel modo l’IA potrà essere considerata e utilizzata come motore di inclusione e di equità.