Tra i rischi dell’intelligenza artificiale ci sono senza dubbio le fake news. Di disinformazione parliamo con Ruben Razzante, professore di Diritto dell’informazione.
L’IA è un rischio per il giornalismo o una possibilità?
"Credo che come ogni tecnologia, anche questa abbia dei rischi e delle opportunità. Bisogna massimizzare le seconde e marginalizzare i primi. Sono fiducioso che possa diventare un supporto al lavoro dei giornalisti per lo svolgimento di compiti abitudinari, lasciando più tempo per gli approfondimenti, per le valutazioni. Se ben addestrata, l’IA può aiutare a selezionare meglio le fonti, a fare fact-checking. Però è chiaro che il lavoro giornalistico inteso come sensibilità, come fiuto e valutazione dell’interesse pubblico della notizia è un lavoro non sostituibile. Non vedo una minaccia, vedo sicuramente un’opportunità".
In questo mare magnum di informazioni e deepfake come ci si destreggia?
"Con due strumenti. Il primo è un sistema di certificazione delle informazioni attendibili. Il secondo è il potenziamento della formazione e dell’autotutela, dell’educazione civica digitale, di tutte quelle forme di autoconsapevolezza che vanno incentivate e che possano aiutare i produttori di informazioni, ma anche i fruitori, a sbagliare di meno".
Come si sono evoluti i social negli ultimi anni?
"Credo abbiano perso il loro smalto iniziale. Molti utenti si sono stufati. C’è una fase di stanchezza, forse post covid quando la gente ha avuto il massimo di interazioni social possibile. C’è stata una degenerazione della comunicazione, perché molti hanno iniziato a usarli come sfogatoio".