L’IA incide moltissimo sulle nuove generazioni, nel senso che se già noi adulti siamo molto incuriositi dall’interazione, soprattutto con le intelligenze artificiali generative, ad esempio ChatGPT, per i ragazzi che sono nativi digitali diventerà quasi una sorta di abitudine. Tra l’altro le nuovissime versioni sono quelle con la voce. Quindi queste conversazioni diventeranno sempre più immediate. L’importante è renderli consci del limite nel considerare le risposte giuste, nel senso di verità da un lato, e di correttezza dall’altro.
Questo è fondamentale perché se io cresco con una presenza quasi di routine poi rischio, non solo di personificare, ma di attribuire delle qualità a queste risposte. L’IA, inoltre, se la considero come aumentatore di abilità, può rappresentare uno strumento per costruire qualcosa di più inclusivo. Strumenti digitali o assistenti digitali possono infatti servire a persone che hanno difficoltà relazionali, affette da disturbi dello spettro autistico, disabilità fisiche.
Dal punto di vista dell’inclusione sociale in generale però bisogna stare molto attenti. Perché le intelligenze artificiali ripropongono in modo estremamente dettagliato la visione del mondo che hanno visto quando sono state addestrate. Quindi quella parte del mondo che non conoscono non potrà essere riprodotta e in più, poiché quest’ultima viene ripresa dai dati e dalle abitudini della nostra società, le disuguaglianze che ci sono nel globo rappresentato da questa IA, ci saranno anche nella rappresentazione stessa.
Quindi non bisogna attribuire un senso di giustizia al fatto che qualcosa venga da una macchina. Bisogna essere consci che quest’ultima sta riproponendo il perimetro di quello che ha potuto imparare.