Arezzo, 11 dicembre 2024 – “L’abbandono non ti abbandona mai. Ce l’hai sotto la pelle e lì resta”. Lo dice Simonetta Quieti, 59 anni, una vita segnata dall’abbandono, anche se poi scelta e amata. Aveva quasi cinque anni quando fu adottata definitivamente. Oggi Simonetta fa parte del Comitato Diritto Origini Biologiche che, dal 2008, si batte affinché la legge possa essere cambiata. “Adottare è come prendere una tela che però non è bianca, è già scritta. È inutile scarabocchiare o cancellare, è meglio continuare a scriverla a quattro, sei, otto mani”.
“Sono stata una bambina e un’adolescente ingestibile. Creavo un muro, sembravo fredda, ma era paura di avvicinarmi e poi essere nuovamente abbandonata. Avevo otto anni e ritagliai le lettere dai giornali, come avevo visto fare a Gambadilegno su Topolino e spedii una lettera anonima ai miei genitori adottivi con una frase: tanto, prima o poi vengo a riprendermela” racconta.
“La mia adolescenza è stata dura e sono rimasta per tutta la vita una persona inquieta. Ho sempre amato i miei genitori adottivi, che non mi hanno mai nascosto la verità, ma nella mia testa c’è sempre stata la necessità di ritrovare mia mamma di pancia, come la chiamavo. Una ricerca che mia mamma ha sempre capito. Oggi vorrei che tutti comprendessero che cercare la ‘mamma di pancia’ non toglie nulla ai ‘genitori di cuore’: l’amore si moltiplica, non si divide mai”.
Erano anni in cui la legge non permetteva di valicare il muro dei cento anni. “Nessuno mi poteva aiutare”. Ma poi ci fu la decisione della Corte Europea che condannava l’Italia e poi la sentenza della Corte Costituzionale. “Era il 6 novembre del 2014, e da quel giorno andai in tribunale ogni settimana. Il 31 luglio del 2015 ottenni il suo nome. Era morta ma andai lo stesso a cercare qualcuno che mi potesse parlare di lei nel suo paese, Gropparello, in provincia di Piacenza”.
Simonetta riuscì a ricostruire la storia della mamma, una donna sfortunata. “Rimase incinta a 15 anni, fu portata a partorire in gran segreto in un istituto lontano da casa. Dopo il parto dovette abbandonare la figlia, non aveva scelta. Poi è morta, ufficialmente per un incidente, quando io avevo dieci anni e lei 26” racconta.