“Come Andrea, ci sono tanti ragazzi dai pantaloni rosa che nascondono ferite”

Il cardinale Zuppi, a Giffoni, sul film ispirato alla vera storia di Andrea Spezzacatena, vittima di bullismo morto suicida nel 2012: “Non abituiamoci alla violenza”

23 luglio 2024
Andrea Spezzacatena, vittima di bullismo si tolse la vita nel 2012. La sua storia è diventata un film

Andrea Spezzacatena, vittima di bullismo si tolse la vita nel 2012. La sua storia è diventata un film

“Purtroppo non è una storia inventata ma è una storia verissima", così il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, a Giffoni commenta il film “Il ragazzo dai pantaloni rosa” con Claudia Pandolfi. La tragica storia è quella di Andrea Spezzacatena, vittima di bullismo, che nel 2012 a 15 anni si tolse la vita.

In quegli anni non si parlava di bullismo come oggi. E questo vuol dire che le vittime non venivano riconosciute come tali e che le loro morti non venivano affibbiate alla derisione e all’umiliazione che erano costrette a subire. Andrea probabilmente fu uno dei primi, ma purtroppo non fu l’ultimo. 

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"Credo che ci siano tanti ragazzi con i pantaloni rosa che spesso non raccontano niente a nessuno e si portano dentro però tante ferite, tante reazioni, tante depressioni e tanta rabbia – ha continuato il cardinale – Perché poi per assurdo in certi casi succede anche il contrario: il bullismo produce altro bullismo, oltre che tanta sofferenza alle vittime”.

Come si può fare? "Intanto - aggiunge Zuppi - è importante la scelta di rappresentarlo, di capirlo, di rendersene conto. Qualche volta la vita sembra un film, uno fa delle cose e pensa che si aggiusti tutto e poi ci si accorge che non si aggiusta niente. Quindi se il film ci fa scoprire che è vita vera, aiuta parecchio. A capire le conseguenze delle nostre scelte, a imparare a stare assieme, a rispettare l'altro e a combattere sempre la violenza. Il nodo vero è lì: l'abitudine alla violenza e a non rendersi conto della violenza. Violenza che comincia dalle comunicazioni digitali offensive, anche se spesso facciamo fatica a distinguere il confine tra il reale dal virtuale”.