A Cambridge l'intelligenza artificiale dà voce agli animali morti

Al Museum of Zoology le creature esposte possono conversare e condividere le loro storie attraverso i cellulari dei visitatori

di Redazione Luce!
17 ottobre 2024
I visitatori potranno parlare con gli scheletri e i reperti degli animali grazie all'IA

I visitatori potranno parlare con gli scheletri e i reperti degli animali grazie all'IA (UNiversity of Cambridge)

Avete mai sognato di parlare con i dinosauri? O di ascoltare il verso di animali estinti? Non siamo impazzite o regredite all’epoca della “Valle Incantata” (tra l’altro indiscusso campione di animazione per noi Millennials, chi non l’ha mai vista vada subito a recuperare!). Ne parliamo perché se mai vi fosse capitato di pensare a cosa vorreste farvi raccontare da un T-Rex o dal Dodo, adesso questa fantasia potrebbe realizzarsi. Come? Grazie all’intelligenza artificiale ovviamente. 

Se i corpi in salamoia, gli scheletri a cui manca qualche osso e le carcasse imbalsamate che riempiono le mostre vi fanno un po’ impressione, d’ora in poi li potrete osservare sotto una luce ben diversa, almeno al Museo di Zoologia dell'Università di Cambridge. Grazie a una recente applicazione dell’IA, infatti, gli animali morti ‘torneranno in vita’ per condividere le loro storie e persino le loro esperienze nell'aldilà.

Più di una dozzina di reperti, uno scarafaggio americano e ma anche i resti di un dodo, un panda rosso impagliato e uno scheletro di balena e tanti altri hanno ricevuto il dono della parola a partire da martedì 15 ottobre, nell’ambito di un progetto che andrà avanti per un mese proprio all’interno del museo britannico. 

Dotati di personalità e accenti peculiari, le creature in mostra possono così conversare a voce o via testo attraverso i cellulari dei visitatori. La tecnologia permette infatti agli animali di descrivere com’è stata la loro permanenza sulla Terra e le sfide che hanno affrontato, nella speranza di invertire l'apatia odierna nei confronti della crisi climatica e della biodiversità. “I musei utilizzano l'intelligenza artificiale in molti modi diversi, ma pensiamo che questa sia la prima applicazione in cui parliamo dal punto di vista dell'animale”, ha dichiarato Jack Ashby, vicedirettore del museo, al The Guardian. “Parte dell'esperimento consiste nel vedere se, dando a questi animali una voce propria, la gente possa pensare a loro in modo diverso. Possiamo cambiare la percezione pubblica di uno scarafaggio dandogli una voce?”.

Il progetto è stato ideato da Nature Perspectives, una società che costruisce modelli di intelligenza artificiale per aiutare a rafforzare il legame tra le persone e il mondo naturale. Per ogni mostra, l’IA riceve dettagli specifici sul luogo in cui l'esemplare ha vissuto, sul suo ambiente naturale e su come è arrivato nella collezione, oltre a tutte le informazioni disponibili sulla specie che rappresenta. Gli esemplari cambiano tono e linguaggio in base all'età dell'interlocutore e possono conversare in più di 20 lingue, tra cui lo spagnolo e il giapponese. L'ornitorinco ha una voce australiana, il panda rosso è leggermente himalayano e il germano reale sembra un inglese. Attraverso le conversazioni dal vivo con i reperti esposti, Ashby spera che i visitatori del museo imparino più di quanto possa essere scritto sulle etichette affianco alle teche.

Le conversazioni saranno analizzate in seguito per capire quali sono le informazioni che interessano maggiormente a chi frequenta queste mostre. L'intelligenza artificiale, infatti, suggerisce una serie di domande – ad esempio chiedere alla balenottera “parlami della vita nell'oceano aperto” – ma si può domandare qualsiasi cosa.“Quando si parla con questi animali, essi si presentano come personalità, è un'esperienza molto strana”, ha aggiunto il vicedirettore –. Ho iniziato chiedendo cose come 'dove vivevi?' e 'come sei morta?', ma ho finito per fare domande molto più umane”. 

Ad esempio alla domanda su cosa mangiasse, il dodo del museo, uno degli esemplari più completi al mondo, ha descritto la sua dieta tipica delle Mauritius, fatta di frutta, semi e occasionalmente piccoli invertebrati, che rende praticamente impossibile anche solo ipotizzare di riportarlo in qualche modo in vita: la sua esistenza è strettamente intrecciata all’habitat tipico in cui viveva. Allo scheletro di balena, che pende dal tetto del museo, invece è stato chiesto quale fosse la persona più famosa che avesse incontrato, ha ammesso che da vivo non ha avuto la possibilità di incontrare persone “famose” come le intendono gli esseri umani. “Tuttavia”, ha continuato lo scheletro potenziato, “mi piace pensare che chiunque si trovi sotto di me e provi soggezione, riverenza e amore per il mondo naturale sia una persona importante”.