La realtà virtuale immersiva,
per superare i pregiudizi razziali. Eeeh? Che cosa c’entrano visori e simili che ci fanno provare la sensazione di avere un corpo diverso, fatto di dati e non di cellule, con le nostre credenze e gli stereotipi che sono radicati nella nostra mente? E com’è che la VR può contribuire a vincerli? Ce lo spiegano, con uno
studio (intitolato "Behavioral and neurophysiological indices of the racial bias modulation after virtual embodiment in other-race body”) pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica,
iScience, alcuni ricercatori delle università di Torino e di Milano-Bicocca. Semplificando al massimo, si tratta di questo: con la realtà virtuale immersiva, quando indossi il casco con il visore, tu 'entri' in un’altra realtà.
Lo studio dei ricercatori: immergersi nel corpo di un altro
Beh, allora puoi anche
'indossare' un corpo virtuale diverso dal tuo, puoi
diventare qualcun altro. E magari, sentirti qualcun altro può aiutarti ad avere meno pregiudizi verso di lui o di lei. Per capire se avevano ragione o se stavano vaneggiando dopo troppi bicchieri di Barbaresco o di Barolo, i ricercatori piemontesi e lombardi hanno fatto un esperimento. I partecipanti all’esperimento hanno 'embodizzato', cioè indossato, un corpo virtuale appartenente alla propria etnia o a
un gruppo etnico diverso. E intanto, è stata rilevata la loro attività cerebrale. Insomma, mentre indossavano il casco della realtà virtuale facevano anche l’elettroencefalogramma.
I ricercatori hanno scoperto un'attività celebrale legata ai pregiudizi razziali
Questa sorta di esame è stato realizzato con lo scopo di analizzare e scoprire l’attività cerebrale (eventualmente) legata ai
pregiudizi razziali. Ma come hanno fatto a capire qual è quella specificamente dedicata a questo tipo di giudizi
discriminanti?
I pregiudizi razziali? Nascono da maker cerebrali
Sembra pazzesco, ma ci sono dei marker, dei
marcatori elettrofisiologici legati ai pregiudizi. Bene. Quando i partecipanti all’esperimento indossavano avatar "neri", la loro attività cerebrale legata ai pregiudizi diminuiva. "Questo studio - dice la ricercatrice Maria Pyasik, fra gli autori dello studio - è il primo a esaminare la
correlazione fra la Full Body Illusion, creata dalla realtà virtuale immersiva, e l’attività cerebrale legata ai pregiudizi razziali. Se si pensa che oggi la realtà virtuale immersiva è sempre più accessibile e utilizzata, risulta evidente il suo enorme possibile valore sociale". "Dovremo identificare con sempre maggior certezza i possibili marcatori dell’attività corticale legati alla riduzione del pregiudizio nei confronti di una certa etnia - spiega il professor Lorenzo Pia, altro autore dello studio -. E studiare ancora meglio come cambiano, in conseguenza del
‘sentirsi’ in un corpo di quella etnia".
Scoprire quali sono i maker legati alle discriminazioni può aiutare ad abbatterle contribuendo a realizzare una società davvero inclusiva
"La possibilità di esperire un corpo virtuale diverso da sé nella realtà immersiva offre interessanti prospettive nel campo della
sensibilizzazione alla disabilità, e verso coloro che ci appaiono diversi", aggiunge Alice Mado Proverbio, ricercatrice dell’Università di Milano-Bicocca.
La realtà virtuale per promuovere l'inclusione
In parole povere, la VR potrebbe essere utilizzata per
promuovere l’inclusione sociale. Magari oggi sembra solo una bizzarria. Ma presto potrebbe essere una pratica diffusa. Del resto, anche il cinema venne definito, al suo apparire, "una invenzione senza futuro". E guardate lì dov’è arrivato. E in fondo, è proprio il
cinema che ci ha insegnato a vivere le emozioni degli altri, a "vivere" accanto al corpo, ai dolori, alle speranze di personaggi diversi da noi, lontani geograficamente e culturalmente. È stato il cinema la prima "realtà virtuale" degli ultimi 125 anni. E quella immersiva non fa che portarci ancora più all'interno dell'esperienza di essere un altro o altra, e quindi di considerarli più vicino a noi.