Deganis: "Quiet quitting in crescita, 2 milioni e 200mila fughe dal lavoro nel 2022"

L'autrice della guida semiseria per la sopravvivenza in azienda dal titolo 'Manager per caso' mette sotto la lente il fenomeno dell'aumento delle dimissioni volontarie: "In Italia +41%"

di LOREDANA DEL NINNO -
1 luglio 2023
Angela Deganis, manager, filosofa e autrice di 'Manager per caso'

Angela Deganis, manager, filosofa e autrice di 'Manager per caso'

C’è il manager Scalatore che programma implacabile la sua ascesa, quello Ponzio Pilato che appena possibile ti rifila anche il suo lavoro e il Dittatore che non ammette repliche. Come non soccombere in un ambiente di lavoro tossico dove spesso anche i colleghi si rivelano portatori sani di insidie.

Quiet quitting, il fenomeno sotto la lente

Ne parliamo con Angela Deganis, manager, filosofa e autrice di Manager per caso, una guida semiseria per la sopravvivenza in azienda. Sotto la lente il fenomeno del quiet quitting, ovvero l’aumento delle dimissioni volontarie, un trend in crescita esponenziale, legato al disagio che sempre più lavoratori provano nell’esercizio della propria professione. Come nasce questa riflessione?
deganis-manager-quiet-quitting

Il quiet quitting, abbandono silenzioso: come sta modificando il mondo del lavoro che conosciamo

"Durante il lockdown, una notte buia e tempestosa per molti di noi, ho cominciato a riflettere sul rapporto che intratteniamo con il lavoro e su quanto la gestione delle relazioni interpersonali possa essere pesante. Non è un caso se un recente rapporto del Ministero del Lavoro rivela che sono 2 milioni e 200mila le dimissioni volontarie registrate in Italia nel 2022, il 41% in più rispetto al quinquennio precedente e il 13,8% in più rispetto al 2021. Di fronte a questa fuga di cervelli, mi sono chiesta cosa può fare chi invece non può permettersi di abbandonare l’impiego o chi semplicemente vuole cercare una strada per sistemare le cose, dalle relazioni difficili, talora tossiche, agli approcci non politically correct, passando per le mancate valorizzazioni e la scarsa cultura dell’errore che spesso fa capolino nelle riunioni, nei corridoi aziendali, in sala mensa, su Teams, Hangouts e Google meet. Il mio libro vuole essere una guida ironica alla sopravvivenza per chiunque si debba confrontare con un capo o un collega, partendo dall'accettare  e includere chi è diverso da noi".

Angela Deganis, manager, filosofa e autrice di “Manager per caso”

Lei ha individuato 18 tipologie di manager. Le ha desunte sul campo? "Lavoro nel marketing e nella comunicazione da oltre 16 anni e ho avuto l’opportunità di esperire ambienti lavorativi anche complessi. Le tipologie di manager descritte nascono da questi incontri e dall’ascolto, da una intenzionale stigmatizzazione di alcuni aspetti idiosincratici di noi professionisti, che vuole aiutarci a riflettere sorridendo di noi stessi. Gli archetipi, dal manager Ponzio Pilato che se ne lava puntualmente le mani, al tipo Cassandra che tratteggia scenari futuri tra lo scetticismo dei suoi sottoposti, fino al più temuto di tutti, il Grande Dittatore. E ancora i manager Willy Wonka, Nerd, Vulcano, Chanel, Peter Pan, lo scalatore e molti altri. La carrellata si conclude con un divertente test per capire che tipo di manager siamo o saremmo". Qual è la categoria di capo più difficile da gestire? "Sicuramente il Grande Dittatore, estremamente impegnativo, il terrore di tutte le scrivanie. Maniaco del controllo, spesso collerico, ama circondarsi di una corte come Re Sole. Tendenzialmente maschilista e affetto da ipocondria è un campione in bipolarismo. Un giorno credi che ti abbia approvato il progetto, il giorno dopo te lo ritrovi disfatto. Eppure, a guardarlo bene è solo il piccolo dittatore dello stato libero di Bananas, con i suoi tic e con le sue nevrosi. Dittatore per caso. E il punto importante è proprio questo. L’approccio che ci fa vivere meglio non è la critica feroce, non è il giudizio. E’ l’accoglienza reciproca la chiave di volta per felici relazioni anche in ufficio". Quale invece le suscita più indulgenza? "Provo tenerezza per molte delle 18 sfumature descritte. Sono indecisa tra il manager scalatore che guarda all’Olimpo del board di direzione come un dio defraudato e tenta ogni giorno la scalata dell’organigramma aziendale, e il manager Nerd, mangiatore di pane e algoritmi".
deganis-manager-quiet-quitting

L'autrice di ’Manager per caso’, guida alla sopravvivenza in azienda

Il segreto per sopravvivere in un ambiente di lavoro difficile? "Credo sia questione di testa e di cuore. Testa per prendere consapevolezza di noi stessi, dei nostri talenti, delle nostre debolezze e di quelle degli altri e per conoscere le regole del luogo che ci ospita e averne rispetto, nella speranza siano in linea con i nostri valori. Cuore per accogliere empaticamente situazioni e persone e arrivare al nodo della questione: costruire con lucidità ed empatia relazioni serene. Perché alla fine non è la mole di lavoro, non è la disorganizzazione, non è neppure lo stipendio che ti rendono difficile o meravigliosa la vita lavorativa. Sono le relazioni a fare la differenza. Relazioni con cui condividere i momenti di difficoltà. Relazioni a cui comunicare le proprie gioie". Il consiglio più importante? "Tornare a casa la sera riuscendo a guardarsi ancora allo specchio è il monito che do a me stessa ogni giorno. Non sempre ci riesco. Ma quando succede, quando funziona, quello specchio riflette un sorriso". Cosa succede quando il capo è donna? "Meraviglie, soprattutto se è la donna è la capa giusta. Nella mia esperienza professionale ho toccato con mano la solidarietà femminile in più di un’occasione e ho incontrato donne e professioniste magnifiche, così come uomini illuminati, rari e preziosi, fonte di salvezza anche e soprattutto in ambienti (ce ne sono ancora) in cui il maschilismo si taglia con la motosega". Innamorarsi del capo. Paradiso o inferno? "Lavoriamo almeno otto ore al giorno gomito a gomito con altri esseri umani e l’amore è una forza propulsiva, inarrestabile, topica. Non ci sono luoghi che ne siano immuni. L’amore in ufficio è quindi una ‘pratica’ esistente, a volte con esiti felici e non sempre di facile gestione. Con il passare degli anni sono giunta a una conclusione: al lavoro sono concessi rapporti orizzontali ma vanno caldamente evitate le verticalità. Nessuna allusione al Kamasutra per carità (ride ndr). Spiego meglio: se ti innamori del collega di un’altra funzione, va bene. Se sei dell’ufficio acquisti ed esci con uno del commerciale, si può fare. Se sei del marketing prodotto e flirti con uno dell’IT va benissimo. Ma se sei stagista e miri alla capa o sei un responsabile di funzione e amoreggi con un sottoposto potrebbero esserci dei guai. Non è la regola, ma è bene muoversi con grande attenzione. Ed essere certi che sia vero amore". Come invece sottrarsi ad attenzioni indesiderate? "È un argomento molto scottante. Il Metoo insegna più di qualsiasi risposta. L’unica cosa che mi sento di dire è che il rispetto reciproco è imprescindibile. In casa, in ufficio, al supermercato, per strada. Ovunque". Lei si rifà alla disciplina giapponese dell'Ikigai. In che consiste? "L’ikigai affonda le sue origini nell’antica saggezza giapponese. La ricetta per essere felici parrebbe semplice: apprezzare le piccole cose, focalizzarsi sul qui e ora, dimenticarsi di sé, creare attorno a sé armonia e serenità. E per comprendere cosa fare nella vita, l’ikigai, termine intraducibile che si avvicina al nostro ‘ ragion d’essere’, invita a individuare qualcosa che si sa fare, qualcosa che ci piace fare, qualcosa per cui possiamo essere remunerati e che apporti valore nel mondo". Una risata ci salverà. Quanto conta l'ironia sul luogo di lavoro? "L’umorismo è senza dubbio un grande alleato. Umorismo inteso in termini pirandelliani, quell’erma bifronte che ride del pianto della faccia opposta di cui il grande premio Nobel per la letteratura parla nel suo testamento estetico, il saggio L’umorismo del 1908. Quel sentimento del contrario che anche di fronte ai paradossi della vita, inclusa quella professionale, ci aiuta ad accoglierla e ad accettare l’altro con empatia. Forse non ci salverà una risata. Ci salverà un sorriso con il cuore in mano".