"Donne, non vergognatevi di chiedere aiuto e non sentitevi in colpa”

Maristella Lippolis, autrice di romanzi, crede fermamente nel potere curativo della scrittura e della lettura

di RICCARDO JANNELLO
25 novembre 2024

Maristella Lippolis

La lettura ci potrà salvare dal trauma della violenza e la scrittura può essere un tramite per aiutare a non subire soprusi? Secondo Maristella Lippolis, autrice di romanzi e blogger, sì, possono entrambe essere veicoli per unire le donne e rendersi conto che quello che è stato subito può essere in qualche modo digerito e che unirsi e raccontare le proprie esperienze può essere un antidoto alla prevaricazione dell’uomo.

Lippolis lo racconta nel volume “Donne che non muoiono” (Vallecchi) nato proprio, dice, “dalla rabbia e dalla sensazione di impotenza che mi assale ogni volta che una donna viene uccisa”.

Allora, leggere di altre storie e raccontare se stesse fa davvero bene all’universo femminile?

“Ci salverà. Succede perché la lettura è magico, ognuna ci trova qualcosa per sé, è difficile non trovarci nulla. E’ come un siero che si muove dentro, una reazione autonoma che porta a capire che cosa ci sta accadendo. Nel particolare gruppo di lettura di donne che si forma nel mio romanzo l’appoggio dei libri o dei quaderni dove raccontare le proprie storie è il passo per riuscire a uscirne ed evitarne di nuove”.

La solidarietà femminile è indispensabile?

“Certo, è un meccanismo che permette di uscire allo scoperto e poter salvare la propria vita e quella di altre”.

Un passo coraggioso?

“Il coraggio di scrivere quello che è successo a ognuna di loro nel gruppo di donne del mio romanzo è un’opportunità per offrire alle altre donne quel meccanismo di consapevolezza che deve innescarsi per cercare di combattere la violenza dei propri uomini”.

Lei parla di salvezze, vendette, giustizie: che cosa significa?

“La salvezza a volte si intreccia alla vendetta. La giustizia invece non sempre funziona, colpa di un sistema che non è stato ancora messo a punto per bene e spesso vive sulla improvvisazione. Quel che succede sul braccialetto elettronico è sintomatico di una situazione dove ancora non viene colta a pieno la necessità dell’allontanamento”.

Come mai la maggior parte degli abusi avviene in famiglia o da parte di un partner?

“C’è una disparità evidente nello stare insieme tra uomini e donne. Dietro le mura domestiche si vive un patto stipulato tempo prima che può non essere vissuto allo stesso modo dai contraenti: si guardano allo specchio e non vogliono più vivere così. E il rapporto di potere privilegia l’uomo”.

Quindi che definizione darebbe di famiglia?

“Un luogo in cui si sta bene insieme sennò è una gabbia; ogni adulto ci mette del suo e quando arrivano i figli il percorso cambia”.

In “Donne che non muoiono” una madre, per dirla in modo drastico, accusa la figlia di “essersela cercata”. Come può essere possibile questo?

“Fa parte del concetto di lucidità: la mamma capisce di più quello che accade o può accadere. Spesso si vede nell’altro ciò che vogliamo vedere o che vogliamo fosse, è un equivoco che spariglia rapporti amorosi. Le madri non hanno questo problema e vedono più chiaro nel giudicare l’uomo che la figlia ha fatto entrare in casa”.

Dal suo libro quale messaggio vuole che emerga?

“Quello che volersi bene è sapere chiedere aiuto a chiunque. Ai Centri anti violenza con il 1522 che risponde 24 ore su 24, ad esempio; bisogna che le donne soggette ad abusi o che si vedono in pericolo si facciano aiutare, non devono pensare di potercela fare da sole. Non tutte hanno le risorse fisiche, economiche e lavorative da potere affrontare i maschi”.

Che cosa spesso blocca la denuncia?

“La vergogna di esporsi: ma farsi aiutare non è una cosa vergognosa, bisogna che venga detto chiaramente”.

Le protagoniste del suo libro scrivono delle loro esperienze e poi fanno letture corali. Servono?

"Sì, lo sfogo della scrittura serve a tirare fuori il veleno che si ha dentro, a spurgarsi. Facendo uscire il dolore e la paura si sta subito meglio”.

Che invito si sente di dare nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne?

“Scrivete, leggete, fate gruppo. E cacciate dalle vostre teste il senso di colpa. Non è mai colpa di una donna se avviene l’abuso”.