Le nostre emozioni odorano e attraverso l’olfatto influenzano gli altri

Il nostro corpo produce odori diversi per ogni tipo di emozione e i segnali olfattivi condizionano chi ci sta accanto. Ecco perché gli odori sociali potrebbero essere usati contro ansia o paura. Ne parliamo col professor Claudio Gentili

di DOMENICO GUARINO
3 novembre 2024
Odori sociali ed emozionali (foto di repertorio)

Odori sociali ed emozionali (foto di repertorio)

Che odore ha la paura? E la felicità? L'attesa? Vi sembrerà strano ma le nostre emozioni 'profumano': nel momento in cui le prova, il nostro corpo, o meglio le nostre ghiandole sudoripare, producono delle scie odorose che noi non avvertiamo apertamente ma che in qualche modo il nostro cervello percepisce ed elabora, processandole.

Questo almeno è quanto emerge da uno studio pubblicato su Journal of Affective Disorder dai ricercatori del dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova in collaborazione con l'Università di Pisa e il Karolinska Insitutet di Stoccolma, coordinato dal professor Claudio Gentili, docente di psicologia clinica e coordinatore della ricerca per l'Università di Padova. La ricerca si è posta come obiettivo quello di valutare le conseguenze degli odori 'sociali' , e come questi possano servire a combattere l'ansia o la paura.

Va innanzitutto precisato che con 'odori sociali' non si intendono gli odori, che il più delle volte avvertiamo come sgradevoli, percepiti in ambienti affollati, sugli autobus o in palestra o in un ambiente chiuso, bensì segnali olfattivi corporei prodotti da un individuo e veicolati attraverso il sudore. Questi odori, quando vengono percepiti da un altro individuo, in modo del tutto inconsapevole possono influenzare il comportamento o scatenare una risposta emotiva simile allo stato d'animo della persona che li ha emessi? E' questo il punto di partenza della ricerca, i cui risultati sono discretamente sorprendenti.

“Quello che abbiamo fatto -ci dice il prof. Gentili- è studiare gli odori umani come mezzi di comunicazione, con l'obiettivo di sintetizzarli e averli disposizione per vari usi”. “Questo perché -prosegue - gli odori umani sono quasi sempre odori sociali, nel senso che, come l'espressione del volto, comunicano qualcosa di noi. Come l'espressione del volto ce li portiamo dietro nei vari contesti che frequentiamo, ma a differenza di questa hanno la possibilità di irradiarsi in uno spazio ben maggiore. Quindi se siamo felici emaniamo degli odori, se siamo tristi o abbiamo paura ne emaniamo degli altri. In questo modo comunichiamo emozioni anche a distanza notevole”.

Come i suoni dunque, esistono degli odori che noi non avvertiamo a livello sensoriale ma che riusciamo a percepire?

“Proprio così. Esistono chemosegnlali che provengono da altri individui e che rispetto all'aria pura non emanano apparentemente nessun odore. Cioè noi non li percepiamo con i sensi. Infatti, sebbene nei nostri esperimenti noi usiamo individui che non devono fumare, non devono mangiare certi cibi, usare detergenti neutri, chi si trova in loro compagnia non distingue le sostanze prodotte dai loro corpi rispetto all'aria pura”.

Spesso si dice che l'olfatto è un senso debole, eppure un odore, un profumo, manche un olezzo, sono dei veicoli potentissimi di attivazione dei ricordi...Come mai?

“Che sia un senso debole è vero, perché, come in tutti i primati superiori, la vista nell'uomo è dominante rispetto alla capacità olfattiva, che risulta ridotta in confronto a molti animali. In che modo ridotta poi va però valutato, perché anche altri animali non riconoscono alcuni odori, che noi invece percepiamo distintamente. Quindi come sempre è un discorso abbastanza complesso, Detto questo, l'indizio olfattivo di un ricordo è molto potente, forse perché collegato più direttamente ai centri che controllano le emozioni, ovvero al sistema limbico del cervello, E quindi l'odore che attiva un'emozione attaccata a un ricordo è un segnale più forte e più facilmente rievocabile”.

Questo spiega anche perché la ricerca serve a ricercare 'odori' che contrastino l'ansia sociale?

“Con il consorzio che sta seguendo il progetto di ricerca abbiamo pensato a che uso farne, ed abbiamo ipotizzato che appunto l'impiego dei chemosegnali sociali potesse essere un modo per trattare certe sindromi come l'ansia sociale. Ed in effetti i primi risultati suggerirebbero di si. Lo studio ha coinvolto 48 ragazze con sintomi di ansia sociale che sono state divise in gruppi esposti a odori emozionali di felicità o paura oppure semplice aria. Le partecipanti si sono impegnate in una pratica di mindfulness per due giorni consecutivi che comprendeva esercizi di respirazione, meditazione e rilassamento. Per ogni gruppo 'esposto', i sintomi ansiosi sono stati valutati all'inizio e alla fine di ogni giornata. Dai risultati si evince che i soggetti che facevano mindfulness mentre erano esposti all'odore prodotto in condizione di paura avevano una riduzione maggiore dei propri livelli di ansia, rispetto a chi respirava solo aria”.

E ora? Come proseguirà la ricerca?

“Ora si tratta di capire quali fossero i componenti degli odori sociali attivi, quali i responsabili dell'effetto e poi estrarli per ottenerne succedanei sintetici da usare, a livello clinico, come gocce nasali. Nel progetto europeo Potion, a cui partecipiamo, altri partner del consorzio sono al lavoro proprio in questa direzione”.