Erika, sorda, oggi sente il mondo a colori: "Rinata grazie a mio figlio"

Un anno fa lei e Kevin hanno messo l'impianto cocleare. "I miei scelsero l'oralismo. L'Italia non è inclusiva, la Lis andrebbe insegnata a scuola"

di MARIANNA GRAZI -
17 aprile 2023
Erika e Kevin

Erika e Kevin

"Nata sorda, sono diventata bionica". Erika Valsecchi, 42 anni, ha una sordità profonda bilaterale. Ha deciso di scrivere a Luce! per raccontare la sua storia, il suo sogno realizzato e il percorso che l'ha fatta diventare persino una Bionic woman, come scrive sul profilo Instagram Voce del verbo sentire,  aperto per sensibilizzare sulla sua disabilità. La diagnosi risale a quando aveva circa 1 anno: "Quarant'anni fa non si facevano gli accertamenti ai neonati come oggi e poi i miei genitori erano entrambi udenti, nessuno avrebbe mai pensato che io potessi nascere sorda". A quel punto la famiglia si è rivolta alla una logopedista De Filippis, molto nota e specializzata nel metodo dell’oralismo.

Oralismo e Lingua dei segni: ancora una scelta

Ci spieghi meglio: di che che tipo di scelta si tratta? "È il metodo del parlato, della parola. Anziché la lingua dei segni. Perché ancora oggi, purtroppo, quando un bambino nasce sordo i genitori scelgono per lui se fargli intraprendere una via o l'altra. Fortunatamente mia mamma ha scelto per me l’oralismo ed è per questo che io ho iniziato a parlare. Ancora oggi non conosco la lingua dei segni, non ho mai avuto necessità di impararla".
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Erika è nata con una sordità bilaterale profonda. Ha sempre indossato le protesi fino a un anno fa, quando si è sottoposta all'intervento per l'impianto cocleare

Cosa comporta intraprendere la via dell'oralismo? "Dopo la diagnosi medici mi hanno messo le protesi acustiche: avevo circa un anno e mezzo. Due volte alla settimana mamma mi portava a Milano dalla dottoressa, fino ai miei 13/14 anni. È stato un percorso lungo, perché quando una persona sorda impara a parlare si deve necessariamente rivolgere a un logopedista e soprattutto fare tanto allenamento a casa, devi essere costante". Ha mai avuto problemi a integrarsi a causa della sua disabilità? "No, quando ero piccola no, perché ho sempre avuto un carattere estroverso, espansivo, sono sempre stata una bambina tosta e questo significa tanto. Ancora oggi vedo purtroppo tanti ragazzi o genitori non udenti che si chiudono in se stessi, che hanno paura di questa società che è piena di pregiudizi. I bambini non hanno pregiudizi, sono gli adulti che spesso li hanno verso la disabilità. Quando sono andata alle superiori, invece, ne sono stata vittima, certe compagne di classe mi escludevano, mi prendevano in giro per come parlavo… Questo mi ha fatto stare un po' male, ma sono sempre stata una donna forte, me ne sono fregata". Cosa consiglierebbe, quindi, a genitori che hanno bambini sordi? "Secondo me, al giorno d’oggi, è importante che un bambino intraprenda il percorso dell’oralismo; non perché sia contraria alla Lis ma perché purtroppo non tutti – come nel mio caso – hanno la possibilità di abitare in grandi città dove le persone la conoscono. Io ho sempre vissuto in un piccolo paesino, Caprino Bergamasco, dove nessuno sa usare la Lingua dei segni. Penso che sia una lingua che vada bene per chi, purtroppo, oltre alla sordità ha delle disabilità legate alle corde vocali o cognitive (e ricordiamoci che la parola sordomuto è sbagliata! La sordità non è correlata alla parola). La Lis andrebbe piuttosto insegnata a scuola, come si insegna una lingua straniera, in modo che più gente la conosce e più sordi abbiano la possibilità di sceglierla ed essere comunque integrati".

Il colpo di fulmine e la nascita dei figli: la famiglia di Erika

Erika lei oggi ha una splendida famiglia, un marito e due bambini. Ci racconti qualcosa... "Ho conosciuto mio marito in una palestra, dov'è istruttore; quando avevo circa 25 anni uscivo da una storia importante e, volendo svagarmi, mi sono iscritta in palestra. È stato un colpo di fulmine: ricorderò sempre il giorno in cui gli ho detto di essere sorda e lui ha replicato. ‘E allora?’. È stata una cosa bellissima, mi sono innamorata subito.
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Erika Valsecchi col marito, istruttore in una palestra

Poi, sempre intorno ai 25 anni ho avuto un calo, le protesi non facevano e io non sentivo più. Mi avevano proposto l’impianto coclearie ma ho rifiutato, ero contraria, mi faceva paura. Essendo nata sorda era diverso da come sarebbe stato se lo fossi diventata: me la cavavo bene leggendo il labiale delle persone. Nonostante lo sforzo per me era normale. Nel frattempo conosco mio marito, ci sposiamo e un anno dopo è nata la mia prima figlia, che è udente come lui. Noemi aveva appena tre mesi che sono rimasta incinta di Kevin. Quando una persona sorda partorisce fanno subito gli esami in ospedale per vedere se il neonato sente o no: quando mi hanno detto che lui era sordo ci sono rimasta malissimo". Da mamma con la sua stessa disabilità cos'ha deciso per lui? "Gli abbiamo messo le protesi fin da piccolissimo. Anche lui ha un bel carattere solare, estroverso, non ha mai fatto fatica con gli altri. Ma quando aveva 7 anni eravamo al parco con i suoi amici e vedevo che questi lo chiamavano e lui non sentiva. Mi sono subito allarmata, l’ho portato dalla logopedista e dagli esami è emerso che, come me a 25 anni, era peggiorato nel giro di pochissimo". Quindi? "Gli hanno proposto subito l’impianto cocleare. Ne abbiamo parlato con mio marito e abbiamo deciso questa volta di informarci perché rispetto a 20 anni fa le cose erano cambiate. Andiamo a Piacenza dal dottor Cuda e dopo la visita il medico mi fa: ‘E tu, mamma, quando pensi di fare l'impianto?’. Kevin a quel punto mi guarda e mi dice: ‘Mamma facciamolo insieme’. Come facevo a dirgli di no?". Diciamo che non aveva molta scelta... "Così è stato, lui lo ha fatto a giugno e io a luglio 2022. Il dottore voleva operarci nello stesso giorno, ma da mamma ho preferito essere lì quando mio figlio è uscito dalla sala operatoria".
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Kevin, il figlio di Erika, è nato sordo e l'hanno scorso gli è stato messo l'impianto cocleare, operazione che ha fatto anche la sua mamma

La rinascita: "Lui è velocissimo, io vado piano piano"

Mamma e figlio che intraprendono insieme questa nuova avventura, chiamiamola così. Com'è andata? "Ogni sordo ha la sua storia, nel mio caso e in quello di Kevin con le protesi sentivamo tutto metallico, le voci delle persone erano tutte uguali, gli animali avevano tutti più o meno gli stessi suoni. Io considero il suono che sentivamo con le protesi in bianco e nero; con l’impianto è a colori". Che differenza c'è tra protesi acustica e impianto cocleare? "La protesi infatti è una sorta di amplificatore, ad esempio ascoltando la musica sentivamo solo le parole e la melodia di fondo per noi era indistinguibile. Per chi nasce sordo quella era la normalità. L’impianto prevede invece una parte interna e una esterna, che è il ricevitore. Ci sono diversi tipi, il mio non ha l’auricolare, quello di Kevin si. Questa parte esterna viene attivata un mese dopo l’intervento. Quando me l’hanno attivato mi sono messa a urlare e a piangere, mi sembrava insopportabile quello che sentivo, ma mi hanno detto: ‘Stati tranquilla, il tuo cervello è stato svegliato adesso’. Mio figlio non ha avuto questa reazione, per lui era più semplice essendo ancora piccolo". Due reazioni ben diverse quindi... "Nel mio caso l’attivazione è stata graduale: quando sono tornata a casa i primi giorni era tutto strano. Mi chiedevo ‘che suono è questo? Cos’è quest’altro?’, facendo molta fatica. Ero demoralizzata e non ho passato bei momenti. Ma tutti mi dicevano di non demordere.
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Erika mostra il suo impianto cocleare

Con il mappaggio piano piano ho iniziato a scoprire suoni nuovi, una continua emozione: ho iniziato a sentire le voci dei miei figli, quella di mio marito. Un giorno ero in casa con le finestre chiuse e c’era mia figlia: le chiesi ‘Ma queste che sento sono le campane?’ e lei era stupita che le sentissi. È il mio suono preferito, è stato il primo che ho sentito senza che vedessi da dove veniva. Da quel momento ho fatto un sacco di scoperte, nella natura, in casa, tra la gente… Sentivo tutto e impazzivo: i primi tempi dovevo essere sempre con qualcuno che mi dicesse di che suono si trattava per memorizzarlo". È stato un cammino non privo di difficoltà. Ora cosa prova? "Ora sento ed è una cosa bellissima. Sono rinata: non pensavo che potessero esistere tutti questi suoni. Poi averlo fatto con mio figlio è stato ancora più bello perché ci confrontiamo, anche se ovviamente Kevin è molto avanti, sente al telefono e non ha più bisogno di leggere il labiale, ma è normale perché è un bambino. Invece io sto piano piano migliorando, su 10 parole 7 le sento e 3 faccio fatica, ma per 40 anni ho letto il labiale e il mio cervello si sta ancora abituando. Il mio obiettivo è arrivare un giorno a guardare un film senza sottotitoli. Adesso è cambiato anche il mio modo di essere, sentendo quasi tutto sono più rilassata".

Sensibilizzare alla disabilità in un Paese non inclusivo

Ha aperto anche una pagina Instagram, @vocedelverbosentire: qual è il suo obiettivo? "Ho deciso di creare la pagina per abbattere i pregiudizi, perché purtroppo anche con me le persone che scoprono la mia disabilità cambiano atteggiamento, sono in imbarazzo. Da un lato le capisco, c’è poca informazione e il mio obiettivo, insieme a tanti altri sordi, è far capire che la sordità non è un problema ma sono gli altri che ce lo fanno diventare. L’Italia non è per niente un Paese inclusivo: io non posso andare al cinema perché non ci sono i sottotitoli, se voglio prendere un appuntamento devo farlo per forza al telefono, perché per mail non risponde nessuno. Anche per il tempo libero, negli aeroporti o alle stazioni gli annunci vengono dati solo tramite gli altoparlanti. Ma non è inclusivo per nessun disabile".
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Erika Valsecchi coi figli Kevin e Noemi, mostra il suo impianto cocleare

Nel caso della sordità, poi, durante la pandemia c'è stato 'il problema' delle mascherine... "Durante la pandemia io e tutti gli altri sordi ci siamo sentiti messi da parte: in un mondo mascherato non potevo leggere il labiale e sono andata in depressione, non uscivo più di casa. Prima mi arrangiavo ma in quei due anni mi sono resa per la prima volta conto di essere sorda, di cosa volesse dire. Giustamente le persone avevano paura quando chiedevo di abbassare la mascherina e io, per non mettere in imbarazzo gli altri, me ne stavo a casa. Due anni di inferno, in cui la situazione di chi già era isolato è drasticamente peggiorata. Un periodo che mi ha segnata e cambiata, devo dire meno male che non lavoravo". A proposito di lavoro: con l'impianto cocleare è riuscita a realizzare anche un sogno nel cassetto. Ce ne parla? "Sono stata a lungo commessa in un negozio di un centro commerciale. Poi, un po’ per stanchezza un po’ per stare più coi miei figli piccoli, mi sono licenziata e sono andata a fare gli allestimenti all’interno dei supermercati. Mi piaceva molto come lavoro ma essendo a tempo determinato, quando è arrivata la pandemia mi hanno mandata a casa. Però ho sempre avuto il sogno di aprire un negozio di abbigliamento per bambini, ma il fatto di non sentire mi frenava. Quando invece ho fatto l’impianto ho deciso di buttarmi e a settembre 2022 ho aperto il mio esercizio, in un paesino vicino casa. Sono molto contenta e questo dimostra ancora di più che noi sordi, alla fine, possiamo fare tutto".