Solo da una costante messa in discussione può nascere la vita. Così Filippo Timi, il protagonista in “Dostoevskij”, la prima serie ideata e diretta dai fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo. Senza mettersi in discussione “non lo scegli ogni giorno ed è la morte dell’amore”, continua in un’intervista a Repubblica. "Io ho già perso un marito, perché lo davo (per scontato), perché non lo mettevo in discussione e non è giusto. Tu l’amore lo devi scegliere ogni giorno”.
Un noir esistenziale, cupo, senza speranza, ma fortemente coinvolgente: questa serie tv Sky Original, presentata in anteprima alla 74ª edizione del Festival del Cinema di Berlino e in arrivo il 27 novembre su Sky Atlantic, ha Timi il suo ‘uomo d’inverno’, nei panni di Enzo Vitello, tormentato detective dal passato doloroso e che fa uso di droghe per non scomparire del tutto, con un rapporto a dir poco complicato con la figlia (magistralmente interpretata da Carlotta Gamba), anche lei dipendente da stupefacenti. "Io non vedo ca**o – afferma divertito l’attore riferendosi al morbo di Stargardt di cui è affetto, che gli permette di vedere solo i contorni delle cose, e in più soffre di balbuzie –. Lei ha riempito questo vuoto pieno di nebbia, riempendola di speranza. Mi sono sentito come se avessi tra le mani la rosa de La Bella e la Bestia, qualcosa da proteggere ma che, se mi fosse avvicinato troppo, avrei potuto distruggere”.
“Stare agli inferi è una cosa rara – dice ancora Timi durante la conferenza stampa di presentazione a Roma – e questo è capitato in un progetto durato per nove mesi. Ma va detto che con i D'Innocenzo non ho mai avuto ansie, con loro è un sì assoluto, è come essere diretti da due piramidi, c'è del geroglifico in loro". E ancora, sulla vulnerabilità, del personaggio interpretato e come emozione personale: “È una cosa che richiede coraggio. Mia madre mi diceva sempre ‘fingi di essere un altro’. Il fatto è che mi sono sempre sentito sbagliato, ma Dostoevskij mi ha totalmente illuminato. Io mi sento diverso in un mondo già omologato”.
Parla della sua omosessualità, del persistente tabù di dichiararsi un uomo gay (o bisessuale nel suo caso) e lo fa riferendosi al suo passato ma guardando al presente. “Per tanti anni io ho vissuto avendo paura che si vedesse che ero gay perché sono stato terrorizzato dal mio papà, da tutti – ha affermato durante la conferenza stampa – Il senso di colpa per la cosa più bella che hai: te stesso, ciò che desideri. Ovvio che se riapro quel dolore lì... quel segreto: se mio papà scopre che io a ‘Dallas’ guardo Bobby e non Pamela, io ci muoio. Ci sono persone, ragazzi, che si ammazzano per questo. E non c'entra niente col ruolo. Però un dolore originale è uguale per tutti. Cerchiamo tutti la stessa identica cosa”.
Che può essere comprensione, protezione, amore incondizionato nonostante l’orientamento sessuale del figlio o della figlia. Sentimenti che sono mancati anche in casa Timi, come raccontava in un’intervista al Corriere della Sera di inizio 2024: “Non mi sono sentito protetto dai miei genitori, che sono stupendi. Non si sentivano in diritto di potermi difendere. Non ce l’hanno fatta. A tavola c’era un silenzio di noi tre sull’argomento. Erano omofobi e razzisti, senza farlo apposta. Mio padre faceva la battutina su Renato Zero, poi aggiungeva comunque è bravo. In quel ‘comunque’ c’è tanto. Sai quando ti regalano il giocattolo ma senza le pile? Io non avevo le pile”.
Una volta adulto Filippo Timi non ha mai nascosto la sua bisessualità, sposando l’artista e scrittore Sebastiano Mauri a New York nel 2016, da cui ha divorziato 5 anni dopo.