Francesca Cavallo, la Rebel Girl che racconta le disuguaglianze a grandi e piccini

Insieme a Elena Favilli ha fondato Timbuktu Labs, con la quale hanno pubblicato i primi due libri della serie “Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli”. Attivista e autrice lesbica, porta avanti un’importante lavoro di sensibilizzazione verso i più piccoli

di GUIDO GUIDI GUERRERA
12 luglio 2024
Francesca Cavallo

Francesca Cavallo

Attivista impegnata nella promozione della parità di genere e dei diritti Lgbtqia, Francesca Cavallo è una scrittrice e imprenditrice di successo. Cofondatrice di Timbuktu Labs, proprio grazie a questa azienda ha lanciato nel 2016 mediante una campagna di crowfunding i suoi due primi libri delle serie “Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli”, tradotti in ben 49 lingue.

La sua carriera inizia in teatro, con la fondazione e la direzione della compagnia Kilodrammi e l’ideazione del festival Sferracavalli, ma sente che quella dimensione le sta un po’ stretta, così decide di partire per la California assieme a Elena Favilli. Sono loro le Rebel Girls pronte a dar vita a una realtà nuova che chiameranno Timbuktu Labs. Una felice intuizione che permette alle due donne di produrre la prima rivista su iPad per bambini. Sempre alla ricerca di nuovi orizzonti da esplorare, dopo solo due anni Francesca Cavallo prosegue la sua avventura con la realizzazione di un nuovo progetto, Undercats, il cui scopo è quello di sensibilizzare i bambini a temi finora ritenuti tabù: pubblica così il romanzo di Natale “Elfi al Quinto Piano” dove i protagonisti sono due mamme e tre bambini in un contesto omosessuale.

Esaurita la fortunata esperienza americana, la scrittrice torna in Italia e scrive un romanzo biografico intitolato “Il Fuoco nel Cassetto”, in cui racconta la sua esistenza di lesbica, condizionata inevitabilmente dal fatto di essere nata in un paese del nostro meridione. Lo scorso anno l’inarrestabile imprenditrice ha pubblicato per Momo Edizioni “Fuoriserie”, una raccolta di storie illustrate dedicate a tre campionesse paralimpiche: Tatyana MacFadden, Beatrice Vio Grandis e Zahra Nemati. Sempre in prima linea per la difesa dei diritti delle persone escluse ed emarginate a qualsiasi titolo, Francesca Cavallo è particolarmente attiva sul fronte delle disuguaglianze di genere e del razzismo, piaga che riguarda ancora un gran numero di Paesi nel mondo e che è decisa a combattere mettendoci tutta se stessa.

Francesca Cavallo
Francesca Cavallo

Francesca, quanto fuoco occorre per essere ribelli?

“Credo che non serva un falò. Per essere ribelli basta avere una fiamma, anche piccola, della quale però si è disposti a prendersi cura, a non lasciarla spegnere. Nel mio memoir ‘Ho un fuoco nel cassetto’ parlo di questo: del gesto rivoluzionario costituito dal ritenere il proprio fuocherello degno di rimanere acceso”.

Cosa provoca un moto di ribellione, la rabbia o la collera?

“Per rispondere a questa domanda in generale sarebbe il caso di chiedere a una psicologa. Io posso rispondere per quanto riguarda me: la ribellione e la rabbia spesso nella mia vita sono state strettamente connesse. Mi fanno arrabbiare le ingiustizie, mi fanno arrabbiare tutte quelle dinamiche in cui i forti fanno i gradassi con chi è più debole. Mi fanno arrabbiare tante cose, ma col tempo sto imparando a prendere l'energia per le mie battaglie non soltanto dalla rabbia, ma anche dall’amore. A un certo punto della mia vita mi sono resa conto che la rabbia a volte mi impediva di accettare la realtà, e accettare la realtà, accettare di non essere onnipotenti, di avere bisogno della collaborazione degli altri... è molto utile quando si vogliono gettare semi di rivoluzioni profonde”.

La scrittura rappresenta per lei un modo per esternare indignazione e protesta raccontandosi?

“Indignazione non direi. La scrittura per me è un modo di creare spazi che non esistono ancora. Spesso sono spazi di confronto tra le persone su temi che attraversano il presente. Mi piace usare le parole per dare ai miei lettori la possibilità di sentirsi al sicuro anche quando si avvicinano a temi che magari in altre circostanze avrebbero paura di toccare. Credo che questo sia un retaggio della mia esperienza come scrittrice di libri per bambini: tutto sommato le fiabe esercitano precisamente questa funzione. Sono parole che tengono la mano ai bambini mentre attraversano il bosco”.

Si definirebbe più politicamente scorretta o corretta per le sue prese di posizione?

“Da un punto di vista esterno sicuramente appaio più vicina al politicamente corretto, nel senso che mi interessa che il mio modo di usare la lingua possa evolversi con la mia comprensione del mondo. Ci sono parole che ho imparato a non usare perché mi sono resa conto di come fossero lesive della dignità delle persone a cui si riferivano. Detto questo, non mi interessa stilare liste di parole da usare, né mi interessa mettere alla gogna qualcuno perché ha sbagliato a usare una parola. Credo che sia necessario sempre interrogarsi sul movente di chi parla: se una parola ‘sbagliata’ viene usata per ingenuità è un conto. Se viene usata per ferire deliberatamente qualcuno è un altro”.

Quali sono state le difficoltà maggiori che ha incontrato nella sua vita?

“Sono nate dall'eccessiva fiducia che ho riposto in alcune persone che non ne meritavano. Detto questo, è stata proprio la mia capacità di fidarmi che mi ha dato la possibilità di vivere straordinarie avventure, quindi non ho rimpianti. Sono felice di essere riuscita a imparare qualcosa di utile sia dai momenti di gioia che da quelli di tristezza”.

Francesca Cavallo
Francesca Cavallo

Si è mai sentita oggetto di violenza o discriminazione?

“Ho subito un’aggressione omofoba a Roma, ai Fori Imperiali, lo scorso inverno. Due ragazzi ventenni mi hanno dato una spallata e urlato un insulto omofobo. Per fortuna la mia compagna è una campionessa di kickboxing. Si è messa tra me e il più agitato tra questi ragazzi e gli ha appoggiato una mano sul petto. È stato un gesto fermo, molto semplice, che credo abbia comunicato a quel ragazzo che non doveva oltrepassare lo spazio che ci separava, che dall'altra parte non c’era qualcuno disposto ad accettare il ruolo di vittima. È stato un momento che mi ha fatto molto riflettere, perché ho visto nella mia compagna una fiducia nella propria capacità di difendersi di cui molte bambine e ragazze (inclusa io) siamo state private quando eravamo piccole. Ci hanno convinto che alcuni gesti non si addicono a una ragazza, ma alcuni di quei può capitare siano necessari per difenderci da situazioni spiacevoli che purtroppo capitano”.

Che peso ha, nella nostra società, il patriarcato?

“Lo stesso peso che ha l'acqua per i pesci. È l’elemento nel quale nuotiamo e stiamo appena iniziando a renderci conto di quanto sia pervasivo”.

Chi sono esattamente quelli che lei individua come maschi del futuro?

“Maschi del Futuro è la mia newsletter/podcast pensata per chi sta crescendo bambini maschi. Un tempo si diceva ‘auguri e figli maschi!’, oggi forse si dovrebbe dire ‘figli maschi? Auguri!’. Crescere un maschio, infatti, non è mai stato così difficile. Con ‘Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli’ ho dato un contributo per aiutare le famiglie a far crescere le proprie bambine libere dagli stereotipi di genere. A un certo punto del mio viaggio mi sono accorta che anche le famiglie alle prese con i maschi hanno davanti una bella sfida. Ogni settimana, quindi, su https://www.maschidelfuturo.it/ genitori ed educatori possono trovare delle risorse per riflettere sui nuovi modelli che possiamo offrire ai bambini di oggi, nella speranza che i maschi del futuro siano più liberi e felici di quelli del presente”.

Stiamo facendo passi avanti verso diritti finora negati?

“Ci sono stati dei passi in avanti, ma su alcuni temi molto importanti, come l'aborto per esempio, ci sono anche dei passi indietro. I diritti non si possono mai dare per scontati, purtroppo”.

Guarda a un futuro prossimo con ottimismo?

“Sono una persona ottimista. Ho la sensazione che abbiamo molti strumenti per essere più consapevoli delle forze che imprimono una direzione alle nostre vite, e che questa consapevolezza si possa tradurre in una maggiore libertà, per tante e tanti di noi. Allo stesso tempo, mi rendo conto delle ragioni di preoccupazione per tutte le persone e soprattutto i bambini e le bambine che stanno vivendo gli anni formativi della propria infanzia sotto le bombe. Il pensiero del trauma che questa situazione sta generando mi fa soffrire, come non potrebbe?”.