Alimentazione e felicità. Un binomio importantissimo, soprattutto in relazione al fenomeno sempre più presente dei disturbi alimentari. Poi body positivity e accettazione del proprio corpo. Questi i temi che verranno affrontati oggi, in occasione della Giornata mondiale della Felicità, dalla nutrizionista e docente di alimentazione, Giulia Biondi. La dottoressa sarà uno dei tanti ospiti che saliranno sul palco del Forum di Assago per l’evento ‘Happiness on tour’ promosso dalla Fondazione della Felicità Ets presieduta da Walter Rolfo.
Dottoressa Biondi, quali temi porterà oggi sul palco?
“In qualità di docente di alimentazione e divulgatrice scientifica sui social, parlerò principalmente di un problema che sta prendendo sempre più piede negli ultimi anni: i disturbi alimentari. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i ragazzi, ma anche gli adulti, a ragionare e riflettere su quegli stereotipi legati al corpo e al cibo che noi cerchiamo di emulare e su quanto quegli stereotipi entrino nel cuore delle persone, che somatizzano delle problematiche psicologiche relative all’alimentazione. Quello dei disturbi alimentari è un vero e proprio ‘cancro sociale’ e la seconda causa di mortalità tra i giovani, nei quali si sviluppano a partire dall’età di sei anni. C’è estremo bisogno di far capire alle persone che se vogliamo raggiungere un vero livello di felicità, non dobbiamo misurare il nostro valore in grammi e centimetri”.
Proprio in relazione ai disturbi alimentari, c’è stato un peggioramento negli ultimi anni? E quanto hanno influito i social in questo senso?
«Indubbiamente. I dati dal primo lockdown, quindi nel 2020, a oggi segnalano un aumento del 50%. I social hanno funzionato da cassa di risonanza per quello che è un problema sociale, ma le modalità con cui viene fatto allarmismo e terrorismo alimentare purtroppo non provengono solo da quel mondo. Mi spiego, molto spesso la disinformazione legata al cibo viene fatta dagli stessi professionisti, che si pongono in modo non divulgativo ma elargiscono teorie utilizzando parole non adatte a una comunicazione sana. Ad esempio ‘lo zucchero è veleno’ o ‘il cocomero non è acqua, fa ingrassare’».
Quali sono i disturbi alimentari che riscontra maggiormente tra le persone in generale e in particolare tra i giovani?
«Molto spesso associamo i disturbi alimentari all’anoressia o alla bulimia, ma il campo è molto più vasto. C’è da fare una premessa in questo senso: non è il corpo a essere rivelatore di un disturbo alimentare. Ad esempio, anche una persona normo peso può soffrirne. Detto questo, i disturbi alimentari più frequenti e da non sottovalutare sono l’ortoressia, ovvero l’eccessiva ossessione per il cibo sano – che viene alimentata molto spesso anche dagli stessi professionisti – e per gli uomini soprattutto la vigoressia, la ricerca di un corpo pieno di muscoli. Non solo, molto presente è anche la drunkoressia, una forma di somatizzazione legata all’abuso di alcolici per non mangiare».
Qual è il collegamento tra felicità e nutrizione?
«Una persona che ha delle buone consapevolezze e conoscenze rispetto all’alimentazione, che non vive la dieta come schema o privazione, riesce sicuramente a vivere in maniera più sana ogni momento della vita. Avere una corretta alimentazione, non vivere con ansia il rapporto con il cibo, porta sicuramente dei benefici sia psicologici che fisici. Non esiste cibo sano e cibo non sano, basta avere un corretto equilibrio e prestare un po’ più di attenzione rispetto a determinati alimenti. Il problema è che oggi mangiare male è la normalità e mangiare bene significa stare a dieta».
Quali sono i consigli che si sente di dare alle persone, soprattutto ai giovani che sono più esposti a problematiche legate al cibo, per vivere l’alimentazione in modo sano?
«Per prima cosa, non fare mai paragoni con gli altri, bisogna rispettare quelli che sono i nostri gusti e ritmi. L’errore più grande che possiamo fare è quello di basarci sulle esperienze degli altri, quindi copiare le altrui abitudini, senza dare ascolto a quelle che sono le nostre necessità. Un altro fattore importante è quello di informarsi attraverso fonti autorevoli e validate, non dare per scontato che le persone che hanno un titolo, quindi medici o professionisti, ci dicano per forza cose corrette. In questo senso, il mio consiglio è quello di essere sempre un po’ più scettici nel recepire le informazioni. La cosa importante, che ricordo sempre, è che non bisogna cercare ciò che è perfetto in assoluto, ma ciò che è perfetto per noi, nella nostra normalità».