La Casa delle Magnolie: una storia di guarigione per colmare vuoti interiori

Il nuovo graphic novel di Flavia Biondi, dopo quelli a tema Lgbtq+, ha per protagoniste due donne che il destino fa incontrare

di MARIANNA GRAZI
6 novembre 2023
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A Lucca Comics&Games 2023 abbiamo incontrato Flavia Biondi, fumettista autrice del nuovo graphic novel “La casa della Magnolie”, pubblicato da Bar Publishing. Una storia familiare e di guarigione, dopo i successi “Le Maldicenze” e “La generazione”, in cui l’autrice toscana affrontava la tematica Lgbt+.

La casa delle Magnolie

In questa nuova opera, prima a colori, l’incontro di due donne, Amelia e Ada, ognuna con la propria storia e il proprio vissuto personale, dai destini difformi che solo il destino poteva far incrociare, darà vita a una vicenda nuova in una vecchia casa, che scricchiola e respira come viva, e che smetterà di essere un ricordo doloroso per accoglierle. “Nel fumetto la casa delle Magnolie è proprietà di una delle due protagoniste, disabitata da alcuni anni, nella campagna di Montalcino, in Valdorcia”, ci racconta Flavia Biondi. “Nella realtà io sono nata in Toscana, anche se sto a Bologna da diversi anni, e l’ispirazione me l’hanno data tante case vuote – aggiunge – che vedo continuamente nella campagna della Valdelsa dove sono cresciuta e che magari sono di vecchie famiglie contadine che erano molto diverse dai modelli familiari di oggi.
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Il nuovo graphic novel di Flavia Biondi, "La Casa delle Magnolie" (Bao Publishing)

Mi ha sempre affascinato riscoprire la storia di queste case vuote: l’impulso iniziale è stato quindi inventarmi una storia per tornare ad abitarne almeno una”. Questa abitazione disabitata torna a ‘vivere’ quando dentro tornano le persone in carne ed ossa, in questo caso due donne.

Una storia, due voci

Amelia, ex assistente di volo, torna a Montalcino perché vuole vendere quella casa che contiene i ricordi più importanti della sua giovinezza. Ada, invece, ci arriverà per caso, trovandosi in paese perché chiamata come supplente alla scuola locale. “La storia è raccontata a due voci. Durante lo sviluppo capiremo quali sono i conflitti che legano la prima a questa abitazione, che all’inizio della storia è in bilico su cosa farne. L’altra voce è quella dell’insegnante, che conoscerà Amelia in albergo, visto che a Montalcino è difficilissimo trovare da affittare una casa che non sia per turismo, è uno di quei borghi diventato una cartolina vivente in cui ci sono pochi abitanti veri”.
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Una storia a due voci, quella di Ada, ex assistente di volo che deve scegliere se disfarsi della vecchia casa dov'è nata, e quella di Amelia, in paese per una supplenza alla scuola locale

Ada, quindi si ritroverà invischiata per motivi abitativi in una storia che vedrà sia lei che l’altra protagonista cambiare molto durante la narrazione.

Il legame con la Toscana

Flavia ha un legame speciale con la sua regione d’origine, la Toscana, che torna spesso nelle ambientazioni dei sui libri. "Sicuramente è rimasta nel mio immaginario sia per il calore umano dei toscani sia per il fatto che è una terra che mi piace perché sembra avere in ogni angolo una storia", spiega. "Non solo tra i monumenti famosi o le città più visitate, ma mi piace molto che ogni piccolo borgo abbia anche un suo universo narrativo interno, di storie vere ma anche inventate con amore". Amore che, in alcune delle sue opere, come “Le Maldicenze” e “La generazione”, è quello tra persone queer, della comunità Lgbtq+. Il fumetto, in questo senso, può rappresentare uno strumento di apertura sociale a questi temi? "Secondo me nel suo piccolo può avere un impatto grande. Nell’intrattenimento, soprattutto quando si è adolescenti ma anche dopo, si cercano dei modelli. Quello che leggiamo in un libro o in un fumetto, e vediamo in un film o in una serie, ci aiuta a capire chi siamo: ritrovare personaggi che ci rappresentino e che ci somiglino è veramente importante.
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La fumettista Flavia Biondi nel salottino della Nazione a Lucca Comics & Games

Io, appunto come persona queer, quando avevo 16 o 17 anni ho avuto grosse difficoltà, da appassionata di fumetti, a trovare personaggi Lgbt+ nelle letture che avevo a disposizione. I qualche maniera se lo leggi in un libro allora è giusto, allora è un modello da seguire. Essendo stato per me così importante come lettrice, quando mi sono trovata per la prima volta a scrivere storie – che non sono tutte incentrate sul tema queer – quando possibile ho sempre cercato all’interno del cast di inserire personaggi che fossero inclusivi. È così il mondo che mi circonda e così voglio raccontarlo". Quanto a rappresentazione, da quando Flavia Biondi era adolescente a oggi, le cose sono cambiate? "La situazione è migliorata, senza alcun dubbio. Certo ci sono ancora diverse cose da fare, ci sono da includere sempre più rappresentazioni diverse, sempre maggiori minoranze. Mi è capitato di discutere di recente sul fatto che lo slogan ‘Love is Love’ è stato molto attaccato perché magari banalizza o eteronormativizza un punto di vista che dovrebbe essere più esteso: ma io ricordo il mio primo Pride nel 2009 a Genova, quanto per me fosse sconvolgente che ci fosse una manifestazione, un punto di aggregazione… Che si potesse.
 
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Oggi che andare a un Pride è una cosa che si fa tranquillamente, ci partecipa chiunque quasi come ad una festa, e a volte si tenda a dimenticare come anche solo in 15 anni queste cose sono fortunatamente diventate normalità. Ovvio che c’è ancora da lavorare, c’è ancora da pretendere; però io sono ottimista". All’interno di manifestazioni come Lucca Comics la diversità, da questo punto di vista, ha sempre più spazio: ci sono autori e opere in cui trova questi ideali? "Nei cataloghi delle case editrici ci sono sempre più i titoli che hanno personaggi Lgbt+ con storie a tematica queer. Recentemente ad esempio ho letto la storia ‘Transformer’ di Nicoz Balboa che ha un approccio narrativo molto diverso dal mio: io racconto attraverso personaggi e storie inventate, lui la sua storia personale come uomo trans e il percorso di transizione. Ma anche un tipo disegno totalmente differente dal mio e l’ho trovato meraviglioso. Come mi piace tantissimo il lavoro di Fumettibrutti o di tantissime altre voci, di età e storie differenti, che continuano a fiorire da ogni parte. Questa pluralità non può che rendermi felice, perché quando ho cominciato a fare fumetti nel 2012 e ho fatto il primo libro ‘Barbadiperle’ con un piccolo editore, Renbooks, e parlava di un ragazzo omosessuale ricordo i commenti di chi mi conosceva e si stupiva che ci fosse qualcuno disposto a pubblicare questa storia. E un po’ anche io francamente". Poi però è andata bene... "Oggi che sono anche insegnante di una scuola di fumetto capita che i ragazzi mi chiedano se ho avuto difficoltà, se possono parlare di certe cose, se sia conveniente, e magari lo chiedono con paura.
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"Le Maldicenze", uno dei due libri in cui la fumettista affronta anche la tematica Lgbt+

Io rispondo basandomi sulla mia esperienza, per cui non ho mai avuto barriere da parte degli editori, ho sempre avuto un percorso positivo sotto questo aspetto, quindi penso che nel campo almeno della letteratura a fumetti ci sia accoglienza". C'è un personaggio di quelli che ha raccontato nei suoi libri in cui si riconosce di più? "Dal punto di vista visivo, che mi fa sempre ridere, nel primo libro che ho fatto con Bao Publishing, 'La Generazione', ci sono tre zie: una buona, una chiaccherona, una cattiva. Ecco la cattiva sono io con le rughe, ho cercato di darle il mio aspetto perché questo mi divertiva. Il personaggio in cui mi sono identificata di più anche in senso negativo è il protagonista de 'Le Maldicenze', Thomas, che è forse la summa dei miei difetti: racconta le paure di un uomo gay che ha timore di essere tagliato fuori dal branco, che tende a mentire parlando di sé. Mi piace parlare dei pregi ma trovo più umani i difetti e magari mettere i propri in un personaggio a fumetti aiuta ad elaborarli". Progetti futuri? "In questo momento sono in ferie, mi sto prendendo una pausa dopo aver finito 'La casa delle Magnolie' a cui ho lavorato per 5 anni, quindi mi serve un attimo di stop. Ma intanto sto pensando a storie da far disegnare ad altri, perché ho sempre fatto tutto da me ma mi rendo conto che a volte ci sono delle cose che vorrei raccontare che non riesco nella stessa maniera a esprimerle col disegno. Una cosa che mi piacerebbe provare in futuro è proprio scrivere per altri illustratori".