La storia di Swirl e i comportamenti ripetitivi focalizzati sul corpo

Da adolescente ha percorso un cammino straordinario fino a diventare una modella internazionale, una influencer ed un esempio di resilienza e positività per le donne calve di tutto il mondo

di CATERINA CECCUTI -
7 settembre 2023
Miss Swirl

Miss Swirl

Quanti di noi, almeno una volta nella vita, non hanno morso un'unghia, strappato un capello bianco o schiacciato un brufolo? Ma per alcune persone, queste azioni possono essere sintomo di un comportamento compulsivo che si protrae per ore e che fa parte dei così detti Comportamenti ripetitivi focalizzati sul corpo (Crfc).

Chi è Swirl

Lo sa bene Sara (in arte Swirl), una bellissima donna di 33 anni nata a Firenze ma attualmente residente a Londra, che sin dalla giovane età di dieci anni ha dovuto imparare a convivere con questo problema – ben più limitante di quanto si possa pensare – e che nel 2001 ha ricevuto la diagnosi di tricotillomania, ossia un disturbo che fa parte di questi comportamenti e che porta a strapparsi sopracciglia, capelli, ciglia, con conseguenze a volte anche permanenti. Quando i medici le dissero che i suoi capelli non sarebbero mai ricresciuti in modo omogeneo e che un trapianto non sarebbe stato comunque possibile, lei ha deciso di rasarsi completamente la testa e adottare un look distintivo che ha poi preso parte attiva nella sua carriera di modella internazionale, fashionista, content creator e attivista, nota proprio per la sua testa calva e il suo look senza sopracciglia, ma anche per uno stile tutto proprio nel trucco e nel vestire.
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Sara ha deciso di rasarsi completamente la testa dopo aver affrontato la tricotillomania

Oltre al successo su Instagram come @miss_swirl, le sue foto sono apparse su numerose riviste di moda internazionali, tra cui Vogue, Hunger Magazine e L'Officiel. Swirl però, soprattutto, è diventata un'ispirazione per migliaia di persone che lottano con problemi legati ai peli, inclusi coloro che hanno l'alopecia o stanno affrontando la chemioterapia. È un modello positivo per le giovani donne di tutto il mondo, perché dimostra ogni giorno sui social che la bellezza e la fiducia in se stesse non dipendono dai capelli, ma dai sogni che si sceglie di perseguire. Swirl, cosa l'ha portata alla decisione drastica di rasarsi completamente la testa e le sopracciglia? “È stata una scelta, avevo poco più di vent'anni. Mi ero recata dal tricologo per capire lo stato dei miei capelli e dei peli, dopo anni in cui li avevo strappati. I bulbi erano stati molto danneggiati, e il medico mi disse che ormai la capigliatura non sarebbe ricresciuta in modo omogeneo. Fino a quel momento avevo lavorato duramente, con vari terapeuti, per tentare di domare il mio disturbo, per 'stoppare' questo sintomo e capire cosa ci fosse dietro. Pensavo che sarei uscita dall'incontro sentendomi dare buone notizie, invece lui mi disse che, per come stavano le cose in quel momento, non avrei potuto neanche sottopormi al trapianto, perché non avevo abbastanza peli. Allora mi crollò il mondo addosso, mi parve che tutti i sacrifici e il percorso fatto in tanti anni non avessero portato a nulla. Invece, col senno di poi, posso dire che quel verdetto è stato la mia salvezza, perché da allora ho smesso di cercare di raggiungere uno standard di bellezza omologato a quello delle altre donne e ho iniziato a focalizzare su ciò che potevo essere io, con le potenzialità che avevo a disposizione. È stato un percorso lungo, ma questo comportamento mi ha insegnato chi sono davvero”.
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Dopo il consulto con il tricologo Swirl adotta un look iconico, completamente calva, che rompe i canoni di bellezza considerati standard: "Quel verdetto è stato la mia salvezza"

Cosa sono i CRFC? “Si tratta di comportamenti abbastanza comuni. Molte persone li sviluppano nell'arco della vita, gli studi ancora non sanno perché il cervello ricorra a questi escamotage per calmarsi. Possono riguardare adulti, adolescenti e persino bambini piccoli o neonati. Per CRFC si intendono comportamenti come mangiarsi le unghie, strapparsi peli, ciglia, sopracciglia e capelli, mordersi le guance o il labbro fino a procurarsi delle ferite o, infine, la mania di tentare di liberarsi delle imperfezioni della pelle, tipo brufoli ecc. fino a procurarsi infezioni e cicatrici (dermatillomania). Questi comportamenti sono molto comuni, ma ciò che differenzia la mania dal semplice schiacciarsi un brufolo una tantum o strapparsi un pelo bianco, è che chi sviluppa i CRFC non riesce a smettere per ore. Gli viene una specie di dipendenza che, in caso di stress, porta il cervello a cercare la calma attraverso questi comportamenti. A volte parliamo di atti volontari, a volte involontari che poi diventano volontari, ecc". Per lei quando è iniziato? “Intorno ai dieci anni, quando frequentavo la prima media erano già forti. All'epoca ero piccola e non avevo gli strumenti necessari per capire cosa mi stesse accadendo o cosa stessi facendo di male. Il medico provava a spiegarmelo, le persone intorno a me soffrivano cercando di aiutarmi in tutti i modi, ma la verità è che ognuno trova la soluzione al dogma 'Devi imparare ad amarti' con i propri tempi, e non si può forzare". Poi però è riuscita a trovare la sua strada e a realizzare il suo sogno di diventare una modella... “Sì. Dapprima ho lavorato nell'azienda della mia famiglia, poi ho smesso per tentare di perseguire il mio sogno. Sono andata in varie agenzie fiorentine, ma nessuna aveva il mercato giusto per offrirmi del lavoro. Mi suggerivano piuttosto di andare a Berlino o a Londra, dove avrei potuto propormi anche con il look che avevo scelto di avere.
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Swirl oggi è il volto di importanti riviste di moda, di campagne pubblicitarie ed è nota anche come influencer

Allora ho venduto tutto ciò che possedevo e sono partita per la capitale inglese. Per un anno ho fatto molti lavori, tutti belli, tra cui collaborazioni con diversi fotografi e sono molto cresciuta; mi sono costruita un portfolio ampio e adatto al mercato. Ho scoperto che potevo lavorare nel cinema, ed ho fatto numerosi film per WB, Disney, Marvel, Lucas Film per citarne alcuni, incluso 'The witches' dal libro di Roald Dhal, nel quale vestivo i panni di una strega proprio perché ero pelata. Sono entrata in alcune agenzie di moda ed è stato il mio look a darmi una marcia in più. Attualmente collaboro con due agenzie, faccio pubblicità per brand famosi e la mia carriera è finalmente decollata, non solo come modella ma anche come influencer. A Londra mi sento sicura di me, ho mille possibilità, è un polo internazionale che mi ha avvicinato ad altre giovani donne professioniste in vari ambiti, che si sostengono formando una vera comunità. Sarei così felice di poter avere lo stesso successo anche in Italia. Chissà, magari un giorno anche il mio Paese sarà pronto ad accogliermi così come sono”. Ormai è diventata un'ispirazione per migliaia di persone che lottano con problemi legati ai peli, inclusi coloro che hanno l'alopecia o stanno affrontando la chemioterapia. Parliamo del suo podcast. Come nasce e quali sono i suoi obiettivi? “L'idea è nata in collaborazione con la psicoterapeuta Francesca Zoia, che come me ha avuto esperienza con i Crfc. Abbiamo deciso di fondare una comunità online su Instagram chiamata @comunita_crfc, con l'obiettivo di educare e connettere chi ha comportamenti ripetitivi focalizzati sul corpo a professionisti particolarmente sensibili sparsi in tutto il territorio nazionale. Il podcast si chiama 'Ma che brutto vizio', è consigliato a tutti e si trova su Youtube, Spotify ed altre piattaforme streaming. La prima stagione è stata una chiacchierata tra me e Francesca dedicata ai vari topic e alle domande più frequenti che inizialmente si pone chi ha a che fare con Crfc. La seconda stagione, invece, è focalizzata sui professionisti italiani che si occupano di questi comportamenti, in modo da costruire una mappa concreta con le indicazioni di tutto ciò che serve per convivere con questo tipo di comportamento, grazie soprattutto all'aiuto di professionisti sensibili che non giudicano i propri pazienti. Piano piano cerchiamo di creare una comunità che in Italia non esiste ancora, ma che invece in Inghilterra e in America è già attiva da anni. L'obiettivo è quello di aiutare le persone a sentirsi meno sole, perché purtroppo non esiste una cura, non si spinge un bottone e si guarisce. I Crfc possono andare, venire, restare. Ogni caso é diverso. Ma quello che si può fare è accettarli e conviverci”. Anche per lei è così? “Sì, so che non me ne libererò mai, ma ho trovato un equilibrio che mi permette di portare avanti la mia vita nonostante i sintomi del mio disturbo. Se mi strappo una ciglia non mi colpevolizzo, mi accetto per quella che sono, cercando giorno per giorno un equilibrio, facendo in modo che ciò che ho non mi tolga niente, se non un semplice pelo.
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Con Francesca Zoia ha creato su Instagram una comunità femminile per parlare di Crfc dalla quale è nato anche un podcast: "L'obiettivo è quello di aiutare le persone a sentirsi meno sole"

Comunque so che non devo vergognarmi né sentirmi in colpa, perché ansia, panico e depressione - che possono facilmente scaturire dai Crfc - sono montagne ben più grandi da scalare. Molte persone con cui parlo vivono tutt'ora in una condizione di isolamento e di vergogna, che rappresenta un vero e proprio pericolo, soprattutto per gli adolescenti. Di qui la necessità di sensibilizzare i ragazzi, i genitori e gli insegnanti delle scuole (mi piacerebbe tanto fare un tour!) non solo su questo ma su tutti i possibili motivi di bullismo. Dobbiamo raggiungere una società in cui ciascuno si senta libero di potersi sentire anche vulnerabile - poiché si ama solo chi non ha paura di essere un libro aperto”.