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Home » Lifestyle » Mamme single “in provetta”: il caso di Bailey Ennis, in Italia è invece ancora tabù

Mamme single “in provetta”: il caso di Bailey Ennis, in Italia è invece ancora tabù

La donna inglese è diventata madre grazie a un kit fai-da-te per l'inseminazione artificiale acquistato online. Quali sono le difficoltà per le donne sole (o in relazioni omosessuali) che vogliono avere figli

Francesco Lommi
19 Agosto 2022
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Chi ha detto che per essere genitori è necessario un partner? Su TikTok, con il suo piccolo Lorenzo in braccio, Bailey Ennis racconta la sua maternità fuori dal comune, dimostrando come ormai sempre in più Paesi sia possibile diventare madri anche da single. La ragazza londinese ha deciso di avere un figlio con l’inseminazione artificiale utilizzando un kit fai-da-te, dal costo di circa 30 dollari, che ha acquistato online.

Il caso di Bailey Ennis diventata mamma con un kit fai-da-te

La 24enne a luglio ha dato alla luce suo figlio, Lorenzo, e oggi su TikTok afferma che “non potrebbe essere più felice della sua decisione di essere un genitore single”. Ennis documenta la vita familiare sul social pubblicando video di suo figlio quasi ogni giorno. La ragazza ha affermato di aver utilizzato un sito di donatori per scegliere “profili di uomini sani che avevano esperienza con la donazione dello sperma”, ha poi acquistato online il kit per  l’ inseminazione su un sito specializzato per medici. Infine, ha incontrato il donatore che ha consegnato il suo campione e permesso alla ragazza di procedere all’inseminazione.

In Italia, Ennis non avrebbe mai potuto realizzare il sogno di diventare madre, in quanto la legislazione non permette trattamenti di riproduzione assistita per le donne single o con partner femminile. Ma quali sono i Paesi che lo permettono e quali lo vietano?

Prendendo in considerazione soltanto l’Eurozona, la riproduzione assistita, tramite inseminazione artificiale o fecondazione in vitro, per donne senza partner non è permessa in 11 nazioni: Italia, come accennato in precedenza, Slovenia, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bosnia Erzegovina, Polonia, Lituania, Albania e Turchia.

Le difficoltà per le donne single o in relazione omosessuale che vogliono diventare madri sono sia legali che economiche

Questo comporta che in molti casi, circa il 5 per cento del totale, le operazioni di procreazione medicalmente assistita richiedano un viaggio. Le destinazioni più popolari sono Spagna, Danimarca e Belgio. Nel 2019 le cliniche di fertilità in Spagna hanno effettuato oltre 18mila cicli di trattamento su persone provenienti dall’estero, la maggior parte dalla Francia e dall’Italia. Mentre la Danimarca ne ha effettuate più di 8mila, il 21 per cento del totale. In Belgio, nel 2018, ogni 100 cicli di fertilizzazione in vitro 13 hanno riguardato pazienti stranieri residenti al di fuori dei confini nazionali, ma all’interno dell’Unione europea.

Ma la mancanza di un compagno non è l’unico ostacolo da superare per diventare mamme single. L’età, per esempio, è una discriminante fondamentale. Dopo i 50 anni diventa quasi impossibile trovare uno Stato che permetta a una donna (seppur ancora fertile) di avere un figlio. L’aspetto economico è un altro fattore da tenere in considerazione. I servizi sanitari pubblici finanziano un numero limitato di cicli, ciò significa che nel caso la fecondazione non andasse a buon fine, i costi dei successivi trattamenti ricadrebbero completamente sulla futura madre. In aggiunta, vanno considerati il costo del viaggio e del pernottamento per chi non ha accesso a questi trattamenti nel proprio Paese. Altre volte invece il problema sono i lunghissimi tempi di attesa, come nel caso della Francia, o la bassa qualità delle tecnologie disponibili.

Una situazione paradossale, che il buon senso vorrebbe risolta con l’applicazione di una legge comune a livello europeo. Strada che sembra però non percorribile dato che si tratta di una materia di competenza di ogni singolo stato membro. La storia di Ennis dimostra come ormai lo stigma verso le madri “single” sia soltanto un retaggio del passato, dovuto perlopiù all’idea di famiglia tradizionale. In Italia, neppure il tasso di natalità a livelli disastrosi ha smosso questa paradossale situazione: quanto ancora una ragazza, o una coppia di due donne, dovranno aspettare per poter avere il figlio che tanto sognano?

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Chi ha detto che per essere genitori è necessario un partner? Su TikTok, con il suo piccolo Lorenzo in braccio, Bailey Ennis racconta la sua maternità fuori dal comune, dimostrando come ormai sempre in più Paesi sia possibile diventare madri anche da single. La ragazza londinese ha deciso di avere un figlio con l'inseminazione artificiale utilizzando un kit fai-da-te, dal costo di circa 30 dollari, che ha acquistato online.
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La 24enne a luglio ha dato alla luce suo figlio, Lorenzo, e oggi su TikTok afferma che "non potrebbe essere più felice della sua decisione di essere un genitore single". Ennis documenta la vita familiare sul social pubblicando video di suo figlio quasi ogni giorno. La ragazza ha affermato di aver utilizzato un sito di donatori per scegliere "profili di uomini sani che avevano esperienza con la donazione dello sperma", ha poi acquistato online il kit per  l' inseminazione su un sito specializzato per medici. Infine, ha incontrato il donatore che ha consegnato il suo campione e permesso alla ragazza di procedere all'inseminazione. In Italia, Ennis non avrebbe mai potuto realizzare il sogno di diventare madre, in quanto la legislazione non permette trattamenti di riproduzione assistita per le donne single o con partner femminile. Ma quali sono i Paesi che lo permettono e quali lo vietano? Prendendo in considerazione soltanto l'Eurozona, la riproduzione assistita, tramite inseminazione artificiale o fecondazione in vitro, per donne senza partner non è permessa in 11 nazioni: Italia, come accennato in precedenza, Slovenia, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bosnia Erzegovina, Polonia, Lituania, Albania e Turchia.
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