"No, la carrozzina non è un bagaglio speciale". La battaglia di Giulia Lamarca per i viaggiatori con disabilità: "Faccia tosta nel tutelare i nostri diritti"

di SOFIA FRANCIONI
27 settembre 2021
TravelBloggerLamarca

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È fresco di pubblicazione “Prometto che ti darò il mondo”, il primo libro autobiografico di Giulia Lamarca, la travel blogger in carrozzina che da anni su Instagram, YouTube e tra le righe del suo blog combatte una battaglia: difendere il diritto al viaggio per le persone con disabilità e rendere il turismo accessibile.

Giulia Lamarca a Torino

Perché, come spiega lei stessa senza mezzi termini sul suo profilo Instagram @_giulia_lamarca: “Viaggiare per chi ha una disabilità è veramente un casino: richiede forza di volontà, motivazione, determinazione, voglia di non arrendersi mai e soprattutto di fregarsene delle persone per non buttarsi giù”. E lei lo sa bene. Da quando dieci anni fa è rimasta in carrozzina in seguito a un incidente in scooter, a 19 anni, ha infatti fatto del viaggio la strada per riconquistare la libertà. “Ognuno ha il suo modo di salvarsi nella vita e per me i viaggi sono stato questo. Sono questo”, dice a Luce!. Da due anni e mezzo, Giulia, torinese che adesso di anni ne ha 29, insieme al marito Andrea Decarlini - fisioterapista che ha incontrato in ospedale durante la degenza e da cui adesso aspetta una figlia, la piccola Sophie – tiene un blog dedicato al viaggio, “My travels the hard truth”, e proprio per questo è testimone di prim’ordine di tante mancanze.

Odissea per volare

“Il volo ad oggi non è un diritto. Nonostante sulla carta la Legge internazionale della tutela dei diritti dei passeggeri sia impeccabile, sulla pelle le persone che hanno una disabilità vivono altro”. I problemi iniziano già dalla prenotazione online del biglietto. “Spesso le interfacce dei siti delle compagnie aeree non sono chiare e già trovare il modo per prenotare l’assistenza durante il volo diventa un’impresa”. Si passa poi al tema carrozzina, che – come ci spiega Giulia – è ancora colpevolmente considerata un “bagaglio speciale”: “Di tutte le richieste di risarcimenti che ho fatto negli anni, in seguito a danni più o meno gravi alla mia carrozzina, non ho ricevuto neanche un rimborso. E, come me, tantissime altre persone che vivono la mia stessa condizione. Le compagnie aeree non sanno neanche materialmente come  fare il rimborso: mancano normative. Uno dei miei obiettivi per il futuro è far partire una class action per fronteggiare questo problema. Dovremmo parlare con le associazioni di categoria per scrivere una nuova normativa insieme”.

Carrozzina e scali lunghi

Oltre ai danni, però, ci sono anche le beffe: “Viaggiando negli anni ho dovuto trovare delle strategie, vi faccio un esempio: se quando arrivo al check-in, durante uno scalo lungo, mi trovo di fronte un operatore che ha dei dubbi sul fatto di farmi riavere la carrozzina, nonostante sia un mio diritto, io lo avverto: la mia carrozzina costa 7mila euro. Se la perdete o la rompete, la vostra compagnia deve ripagarmela, più i danni morali. A quel punto, l’atteggiamento cambia e io posso riaverla per le sei ore di attesa che devo trascorrere in aeroporto”.

Giulia Lamarca

Personale impreparato alla disabilità

In un momento verità, che ha la forza della denuncia, Giulia si apre ancora: “Io sono una persona, ma in questi anni mi sono sentita trattata come una persona poche volte. Il personale a bordo o in aeroporto spesso è poco informato e formato. La capacità di relazionarsi con una persona che ha una disabilità non può essere una soft skill lasciata all’iniziativa del singolo, dev’essere frutto di una preparazione”. Di che tipo? “Banalmente, dovrebbero essere gli operatori sanitari a formare il personale per prepararlo a toccare, trasportare, mettere a sedere un paziente con varie patologie. Il mondo della diversity è variegato, perché ahimè le malattie sono tantissime, ma sono raggruppabili per macro categorie: disabilità visiva, motoria, uditiva e autismo. Gli operatori delle compagnie aeree devono saperle gestire. Nel 2021 è assurdo che, se sei una persona con disabilità motoria, sali su un aereo e ti chiedono una decina di volte se cammini. Mi è capitato più volte, forse anche a causa della mia giovane età. Ed è assurdo – di nuovo - che ci siano persone che ancora oggi non viaggiano perché gli operatori, sempre banalmente, non sanno prenderle in braccio correttamente”.

Il libro di Giulia Lamarca sui diritti dei viaggiatori di disabilità

Formazione? Intanto, siediti su una carrozzina

Giulia, che è laureata in psicologia, oltre a fare la travel blog nel suo My travels the hard truth, si occupa di formazione alla diversity nelle aziende. Nella sua denuncia, prende le parti anche delle persone con autismo: “Non c’è preparazione neanche in questo caso: manca totalmente la sensibilità di capire le esigenze di queste persone. E lo si vede dal fatto che spesso non c’è un posto a sedere predeterminato vicino al bagno per loro”. Le compagnie aeree, sulla carta, sono obbligate a fare formazione per trattare le varie disabilità, ma a questo punto viene da chiedersi: come la fanno? “Qualche anno fa sono andata a vedere un corso formativo all’aeroporto di Caselle. Erano 6 ore di corso in cui si parlava soltanto di comunicazione”, ride amaramente. “Un modulo per parlare di disabilità fatto solo di slides che parlavano di come comunicare. Quando insegno agli operatori turistici a gestire le persone con disabilità, la prima cosa che faccio è farle mettere su una carrozzina. È così si formano le persone ed è così che il personale risulta preparato”.

Col Covid tremila passi indietro

Il nostro Paese in tema di assistenza alle persone con disabilità durante il volo risulta abbastanza preparato, meno del Giappone, ma più – ad esempio – della Francia, dove gli operatori seguono rigidamente il protocollo “senza ascoltare le esigenze degli utenti”, spiega Giulia. “Credo che con il Covid ci saranno  peggioramenti dal punto di vista del trasporto aereo. Questo stop – che ha pesato anche sulle compagnie aeree – doveva essere l’occasione per rinnovarsi, ma non lo è stato. Sul tema disabilità in questo periodo, il turismo in generale, ha fatto 3mila passi indietro. - conclude Giulia - Non è stata sponsorizzata una meta per persone con disabilità in questi due anni. Si mormora che i prossimi aerei avranno dei sedili ancora più stretti, per avere più posti in aereo: è la direzione opposta rispetto a quella che si doveva prendere. Sono molto preoccupata”.