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TravelBloggerLamarca
È fresco di pubblicazione “Prometto che ti darò il mondo”, il primo libro autobiografico di Giulia Lamarca, la travel blogger in carrozzina che da anni su Instagram, YouTube e tra le righe del suo blog combatte una battaglia: difendere il diritto al viaggio per le persone con disabilità e rendere il turismo accessibile.
Perché, come spiega lei stessa senza mezzi termini sul suo profilo Instagram @_giulia_lamarca: “Viaggiare per chi ha una disabilità è veramente un casino: richiede forza di volontà, motivazione, determinazione, voglia di non arrendersi mai e soprattutto di fregarsene delle persone per non buttarsi giù”. E lei lo sa bene. Da quando dieci anni fa è rimasta in carrozzina in seguito a un incidente in scooter, a 19 anni, ha infatti fatto del viaggio la strada per riconquistare la libertà. “Ognuno ha il suo modo di salvarsi nella vita e per me i viaggi sono stato questo. Sono questo”, dice a Luce!. Da due anni e mezzo, Giulia, torinese che adesso di anni ne ha 29, insieme al marito Andrea Decarlini - fisioterapista che ha incontrato in ospedale durante la degenza e da cui adesso aspetta una figlia, la piccola Sophie – tiene un blog dedicato al viaggio, “My travels the hard truth”, e proprio per questo è testimone di prim’ordine di tante mancanze.
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Giulia Lamarca a Torino
Odissea per volare
“Il volo ad oggi non è un diritto. Nonostante sulla carta la Legge internazionale della tutela dei diritti dei passeggeri sia impeccabile, sulla pelle le persone che hanno una disabilità vivono altro”. I problemi iniziano già dalla prenotazione online del biglietto. “Spesso le interfacce dei siti delle compagnie aeree non sono chiare e già trovare il modo per prenotare l’assistenza durante il volo diventa un’impresa”. Si passa poi al tema carrozzina, che – come ci spiega Giulia – è ancora colpevolmente considerata un “bagaglio speciale”: “Di tutte le richieste di risarcimenti che ho fatto negli anni, in seguito a danni più o meno gravi alla mia carrozzina, non ho ricevuto neanche un rimborso. E, come me, tantissime altre persone che vivono la mia stessa condizione. Le compagnie aeree non sanno neanche materialmente come fare il rimborso: mancano normative. Uno dei miei obiettivi per il futuro è far partire una class action per fronteggiare questo problema. Dovremmo parlare con le associazioni di categoria per scrivere una nuova normativa insieme”.Carrozzina e scali lunghi
Oltre ai danni, però, ci sono anche le beffe: “Viaggiando negli anni ho dovuto trovare delle strategie, vi faccio un esempio: se quando arrivo al check-in, durante uno scalo lungo, mi trovo di fronte un operatore che ha dei dubbi sul fatto di farmi riavere la carrozzina, nonostante sia un mio diritto, io lo avverto: la mia carrozzina costa 7mila euro. Se la perdete o la rompete, la vostra compagnia deve ripagarmela, più i danni morali. A quel punto, l’atteggiamento cambia e io posso riaverla per le sei ore di attesa che devo trascorrere in aeroporto”.
Giulia Lamarca
Personale impreparato alla disabilità
In un momento verità, che ha la forza della denuncia, Giulia si apre ancora: “Io sono una persona, ma in questi anni mi sono sentita trattata come una persona poche volte. Il personale a bordo o in aeroporto spesso è poco informato e formato. La capacità di relazionarsi con una persona che ha una disabilità non può essere una soft skill lasciata all’iniziativa del singolo, dev’essere frutto di una preparazione”. Di che tipo? “Banalmente, dovrebbero essere gli operatori sanitari a formare il personale per prepararlo a toccare, trasportare, mettere a sedere un paziente con varie patologie. Il mondo della diversity è variegato, perché ahimè le malattie sono tantissime, ma sono raggruppabili per macro categorie: disabilità visiva, motoria, uditiva e autismo. Gli operatori delle compagnie aeree devono saperle gestire. Nel 2021 è assurdo che, se sei una persona con disabilità motoria, sali su un aereo e ti chiedono una decina di volte se cammini. Mi è capitato più volte, forse anche a causa della mia giovane età. Ed è assurdo – di nuovo - che ci siano persone che ancora oggi non viaggiano perché gli operatori, sempre banalmente, non sanno prenderle in braccio correttamente”.
Il libro di Giulia Lamarca sui diritti dei viaggiatori di disabilità