Parità di genere: nel Trecento dantesco si stava (quasi) meglio di oggi

Claudia Di Fonzo il 9 febbraio presenta alle Oblate a Firenze il libro “Albedo iustitiae. Il peccato ermafrodito e altre questioni di diritto e letteratura”

di GIOVANNI BALLERINI
8 febbraio 2024
Dante Alighieri nella sua Commedia

Dante Alighieri nella sua Commedia

Si dice sempre che la storia insegna. Ma, lo fa, a patto che se ne prenda atto. Se invece si ignorano gli insegnamenti, poi può capitare di stupirsi se per certi versi abbiamo gli stessi problemi (o quasi) del medioevo, se talvolta i temi trattati sono gli stessi.

Anche Dante aveva affrontato le questioni patriarcato e parità di genere sette secoli fa. Può apparire sorprendente leggere un testo, che deriva da oltre un decennio di studi, per poi accorgersi di quanto sia ancora oggi contemporaneo Alighieri nell’affrontare temi di grande discussione, come il patriarcato, le differenze o la parità di genere.

“Albedo iustitiae” della studiosa Di Fonzo

Porta avanti questa tesi Claudia Di Fonzo, docente di Diritto e letteratura all’Università di Trento, nonché autrice di innumerevoli studi sulle conseguenze dell’azione dantesca nel tempo. L’ultimo di questi, realizzato dalla studiosa abruzzese di nascita, e fiorentina d’adozione, è alla base della sua ultima pubblicazione "Albedo iustitiae. Il peccato ermafrodito e altre questioni di diritto e letteratura”.

Il libro pubblicato da Edizioni dell’Orso sarà presentato venerdì 9 febbraio alle 17 nella Sala Dino Campana della Biblioteca delle Oblate (Via dell’Oriuolo 24) a Firenze. Per l’occasione, interloquirà con l’autrice il professore Giuseppe Marrani, ordinario di Filologia della Letteratura Italiana all’Università per Stranieri di Siena.

Dante e Brunetto Latini nel girone dei lussiriosi
Dante e Brunetto Latini nel girone dei lussiriosi

Sarà un incontro interessante visto che, seguendo la traccia del cosiddetto Dantismo giuridico (la corrente di esperti di diritto che nel XIV secolo hanno studiato e commentato l’autore da un punto di vista giuridico), Di Fonzo ha dedicato il volume ai complessi rapporti esistenti tra il diritto, la teologia e la letteratura durante il Medioevo, indagando principalmente intorno alla concezione della giustizia nell’ambito letterario italiano del primo Trecento.

Lussuria, adulterio e ermafroditismo

Argomenti esclusivamente da esperti? Nemmeno per idea! Non a caso nelle pagine viene trattato anche di un argomento da tempo sulle bocche di tutti, come la parità di genere. Si parte proprio Dante, che ha affrontato il tema dell’adulterio (nel canto V dell’Inferno con Paolo e Francesca) e della sodomia (nei versi dedicati a Brunetto Latini) e poi ha pensato ai lussuriosi, collocandoli nel Purgatorio della Divina Commedia, stesso luogo in cui si trovano gli ermafroditi, termine che Alighieri utilizzava per indicare coloro che potevano amare sia le donne, che gli uomini.

“La questione assumeva rilevanza giuridica, per esempio di fronte ai testamenti o comunque a questioni che necessitano di una specifica maschile per avere efficacia – spiega Claudia Di Fonzo – occorrerà stabilire, in modo medico, chi dei due sessi prevale nella persona ritenuta ermafrodita. Allora si faceva un vero e proprio accertamento: se prevaleva il sesso maschile per esempio l’eredità passava, altrimenti no, poiché le donne non ne avevano diritto”. Per i medievali, insomma la questione aveva connotazioni sia fisiche, sia di diritto, prima civile e poi canonico.

Ermafrodito
Ermafrodito

Dante fa suo il termine di ermafrodito, cita Ovidio (autore della favola che lo tiene a battesimo), ma colloca questa categoria di anime sulla cima del Purgatorio, poco prima del Paradiso terrestre. “Ciò accade perché il Sommo Poeta recupera la tradizione platonica dell’uomo perfetto che si divide e dà origine all’amore verso il sesso opposto, ma anche verso lo stesso sesso – sottolinea la studiosa –. Quindi Dante colloca i poeti in Purgatorio tra gli ermafroditi, perché allude al mito platonico dell’uomo originario in cui le unità maschile e femminile tendono a ricongiungersi”.

Le pene di morte per i nemici e le donne adultere

Di Fonzo in questo interessante volume fa riferimento anche alla pena del sacco (o mazzeratura), che prevedeva la chiusura del condannato per parricidio in un sacco chiuso e con delle bestie, nonché il lancio in mare in attesa che affondasse, che la studiosa individua anche in alcuni testi di letteratura del Trecento. Secondo lei questo genere di pena veniva anche utilizzato dai tiranni per liberarsi dei nemici, mentre in un altro testo Boccaccio afferma che la stessa la pena viene comminata alle donne adultere, ma che in realtà così non dovrebbe essere perché l’ingiustizia è altrove, legata magari a un padre o a un marito tiranno che vessa la donna.

Insomma sette secoli fa la letteratura aveva già posto l’accento dell’uso stravolto del potere di padri e mariti, una consuetudine che è giunta, purtroppo senza soluzione di continuità, sino ai nostri giorni. Basta scorrere le pagine di qualsiasi quotidiano o pubblicazione Internet, guardare un tg o ascoltare un notiziario alla radio per rendersi conto che forse addirittura oggi va addirittura peggio