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Home » Lifestyle » Renée Vivien, la “Saffo” che cantò i piaceri della Belle Époque

Renée Vivien, la “Saffo” che cantò i piaceri della Belle Époque

Poetessa britannica, si trasferì a Parigi dove visse lussuosamente. Apertamente lesbica, aveva una relazione con l'ereditiera e scrittrice americana Natalie Clifford Barney

Luca Scarlini
9 Marzo 2023
Renée Vivien

Renée Vivien

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Renée Vivien, al secolo Pauline Mary Tarn (1877-1909), moderna Saffo, era magra, languida, spesso vestiva in abiti maschili ed era specialmente affascinante in vesti di ragazzo triste alla Gainsborough. Come racconta memorabilmente Colette nel suo perfetto “Il puro e l’impuro” (1932), guida ai piaceri più memorabili della notte parigina, non c’era estremo che non la attraesse. Esile come un giunco, rifiutava il cibo per dedicarsi alla creazione di cocktail micidiali, dalla proibitiva gradazione alcolica.

Renée Vivien

Poetessa raffinata, visse insieme alla compagna Nathalie Clifford-Barney, che ha riassunto la sua visione del mondo nel volume “Adventures of the Mind”, inedito in italiano, e volle evocare in sé lo spirito della sacerdotessa di Lesbo, che l’amica celebrava nel proprio giardino parigino con un tempio. Davanti a questo simulacro Marcel Proust sorbiva un thè, mentre Colette prendeva appunti per un articolo e giungeva una nuova sensazione esotica. Mata Hari, molti anni prima della micidiale fama come spia, si esibì senza veli, suscitando commenti salaci nelle spettatrici più esperte in danze esotiche (“altro che Bali, quella è una istitutrice di Amburgo”).

Renée Vivien

Teresa Campi, la studiosa che si è più dedicata alla poetessa, di cui in anni passati ha tradotto “Cenere e polvere” (Savelli, 1981) e il convulso romanzo a chiave “Donna m’apparve” (Lucarini, 1988), dà ora alle stampe presso Odoya la biografia della poetessa, “Renée Vivien La Saffo della Belle Époque“. In essa narra la sua avventura di studiosa, iniziata per caso nel 1980 alla Libreria delle Donne di Parigi a Rue Jacob, con il fatale incontro con la prima ristampa delle liriche edita nel 1977 da Régine Deforges, editrice che molto si dedicò al recupero di autrici dimenticate della prima metà del secolo. Una vita intera dedicata a ricostruire il profilo di una signora della notte parigina, che era dotata del talento di una poetessa antica, con una passione per la miniatura e per la creazione liriche che contendessero all’istante la possibilità di rappresentare la felicità amorosa.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Renée Vivien, al secolo Pauline Mary Tarn (1877-1909), moderna Saffo, era magra, languida, spesso vestiva in abiti maschili ed era specialmente affascinante in vesti di ragazzo triste alla Gainsborough. Come racconta memorabilmente Colette nel suo perfetto "Il puro e l’impuro" (1932), guida ai piaceri più memorabili della notte parigina, non c’era estremo che non la attraesse. Esile come un giunco, rifiutava il cibo per dedicarsi alla creazione di cocktail micidiali, dalla proibitiva gradazione alcolica.
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