“Ho progettato una residenza universitaria per studenti con autismo”

Chiara Calabretta, studentessa di 25 anni, si è laureata a Torino con una tesi sugli spazi, carenti, inclusivi e pensati per persone autistiche e neurotipiche

di CATERINA CECCUTI -
8 febbraio 2024
Tesi-progetto su "Ambiente residenziale inclusivo per studenti universitari nello Spettro Autistico”

Tesi-progetto su "Ambiente residenziale inclusivo per studenti universitari nello Spettro Autistico”

Chiara Calabretta ha 25 anni, vive a Torino ma è una ragazza di origini calabresi. In famiglia non ha alcun caso di autismo. Neanche tra gli amici o tra i conoscenti. Eppure, poco tempo fa, al

Politecnico di Torino ha discusso la sua tesi di Laurea Magistrale in Architettura “Autism-Friendly Design. Ambiente residenziale inclusivo per studenti universitari nello Spettro Autistico”.

“Il focus – spiega a Luce! - riguarda la progettazione di un ambiente domestico condiviso, nello specifico una residenza per studenti universitari, che invita alla convivenza di individui autistici e neurotipici. L’idea nasce dalla presa di coscienza delle molteplici difficoltà cui possono andare incontro le persone autistiche nel momento di passaggio dalla vita scolastica a quella universitaria, in mancanza dei dovuti supporti. Per questo ho immaginato di intervenire su una realtà già esistente a Torino, come la residenza Olimpia, in modo da trasformarla in una struttura residenziale inclusiva, che tenga conto il più possibile delle esigenze di ogni singolo utente.”

Chiara Calabretta, studentessa di 25 anni
Chiara Calabretta, studentessa di 25 anni

Carenza di spazi inclusivi

Come Chiara sottolinea a più riprese durante la nostra intervista, infatti, al momento in Italia non

esistono spazi residenziali per studenti universitari che siano stati progettati tenendo conto anche

delle esigenze di soggetti nello spettro autistico. 

L’intervista

Dottoressa Calabretta, se non conosce direttamente persone con spettro autistico, come le è venuto in mente di progettare una struttura simile?

“Come le dicevo non c’è nulla di personale, ma è successo che, per puro caso, mi è capitato di

leggere il libro di Fabrizio Canfora - un autore autistico, appunto - in cui viene spiegato chiaramente quanto sia difficile per lui adattarsi agli ambienti di lavoro iper stimolanti, dove ci sono rumori e luci forti. Piuttosto che su un luogo di lavoro, però, io ho scelto di concentrarmi su una residenza universitaria perché, alla fine, l’ambiente domestico è il luogo principale per una persona.

Il mio è stato un lavoro che ha rappresentato una doppia sfida: da una parte la progettazione di un ambiente comune, non dedicato esclusivamente a persone autistiche ma anche neurotipiche, in cui gli ambienti potessero essere condivisi e convissuti; dall’altra la scelta di una residenza per studenti temporanea, vale a dire con un turnover abbastanza rapido fatto da persone che cambiano di anno in anno. Ovviamente, per riuscirci ho condotto un’attenta ricerca, che mi ha portato a scoprire prima di tutto che strutture simili in Italia non esistono. Ci sono solo Centri dedicati, in cui ad essere neurotipico è esclusivamente il personale che ci lavora. Io invece desideravo dare vita ad un ambiente inclusivo e condiviso allo stesso tempo.”

Tesi-progetto su "Ambiente residenziale inclusivo per studenti universitari nello Spettro Autistico”
Tesi-progetto su "Ambiente residenziale inclusivo per studenti universitari nello Spettro Autistico”

Come ha fatto, visto che non conosce direttamente persone con autismo, a pensare una

struttura residenziale che potesse tenere conto delle loro reali esigenze?

“Ho coinvolto persone autistiche attraverso un questionario indirizzato ad autistici adulti e a sospetti autistici ancora non diagnosticati. Molte persone, infatti, non rientrano nei criteri diagnostici dell’autismo ma possono comunque riconoscersi nelle modalità di percezione degli spazi. A tutti quanti ho proposto domande del tipo “Indica se le seguenti tipologie di ambiente ti suscitano piacere o disagio o indifferenza”, oppure “Nella tua abitazione, qual è l’ambiente in cui ti senti maggiormente a tuo agio e perché?” 

Nel concreto, che tipo di struttura è venuta fuori?

“In realtà sono intervenuta su una struttura universitaria torinese già esistente, Olimpia, che si trova in una posizione ideale perché isolata e molto tranquilla, lontana da rumori esterni, internamente disposta come un albergo, che mi ha permesso di ottimizzare al meglio gli spazi, attraverso interventi non strutturali e facilmente realizzabili anche nella realtà.

Un altro punto a favore della struttura è il suo diretto contatto con la natura e la sua vicinanza a servizi di prima necessità, raggiungibili a piedi o con i mezzi pubblici. Le parole chiave del mio progetto sono state flessibilità, prevedibilità degli spazi e sensorialità, tenendo sempre conto delle diverse sensibilità dei vari utenti.”

Tesi-progetto su "Ambiente residenziale inclusivo per studenti universitari nello Spettro Autistico”
Tesi-progetto su "Ambiente residenziale inclusivo per studenti universitari nello Spettro Autistico”

La struttura progettata

Nello specifico, che tipo di interventi rende la struttura da lei progettata più inclusiva delle

altre?

“Cominciando dalle camere da letto degli ospiti, ho agito sui colori, che nella realtà erano

abbastanza cupi e potevano infastidire; perciò ho optato per colori alle pareti più tenui e per

l’inserimento di schermature solari mobili che non impattano visivamente ma che garantiscono una protezione sensibile dalla luce.

Dopo di che ho cercato di ridurre al minimo i dettagli che possono distrarre o destabilizzare le persone con autismo, limitando il controsoffitto che era una lamiera microforata oltre la quale si potevano intravedere gli impianti. Per migliorare gli orientamenti negli spazi ho utilizzato materiali e colori differenti in ogni ambiente, di modo che potessero distinguersi uno dall’altro sia per il colore delle pareti che per la pavimentazione.

Così facendo le persone possono orientarsi e identificare ciascun ambiente con maggiore facilità. Gli studenti con autismo solitamente non amano gli open space, per questo li ho filtrati creando divisori fissi o mobili, a secondo delle esigenze, oltre a spazi dove potersi all’occorrenza isolare, protetti da materiali fonoassorbenti.

Qui le persone potranno spurgare il sovraccarico sensoriale e riequilibrarsi. Ho anche previsto l’installazione di nicchie nei lunghi corridoi della struttura, per favorire la socializzazione tra gli utenti. Anche gli arredi sono stati modificati: ho scelto di utilizzare solo arredi scomponibili o componibili, così da permettere l’eventuale temporaneo isolamento delle persone, a seconda dello stato d’animo.”

Dottoressa crede che il suo progetto potrebbe essere realizzato?

“Forse la relatrice della mia tesi lo presenterà alla struttura interessata, ma è comunque certo che stiamo parlando di un progetto assolutamente fattibile, perché non stravolge l’impianto planimetrico della struttura già esistente. È stata una mia scelta, anche quando avrei potuto farlo, come nel caso dei lunghi corridoi che potrebbero disorientare le persone con autismo.

Ma i lavori di adattamento, se speravo che venissero concretamente realizzati, non avrebbero dovuto essere troppo importanti. Dunque ho fatto affidamento su strategie che visivamente vanno a ridurre la percezione del corridoio. Inoltre, per i pavimenti ho usato esclusivamente resine che possono essere sovrapposte alla pavimentazione già esistente, senza ricorrere allo smantellamento.

Si pensa che il mio sia un progetto dedicato agli autistici ma in realtà non è così: il mio desiderio era creare un ambiente condiviso da persone anche neurotipiche, che sicuramente potrebbero trarne giovamento.”