“La prima intervista l’abbiamo fatta insieme, tre anni fa, prima di tutto”. Ora Dongdong Camanni è un atleta del Gruppo Sportivo Fiamme Gialle che si appresta a vivere il sogno più grande per ogni atleta: le Paralimpiadi, a 20 anni. Cieco a causa di un neuro blastoma bilaterale (un tumore infantile molto aggressivo) che l’ha colpito da piccolo in Cina, dov’è nato, è stato adottato da una famiglia di Bevagna che l’ha cresciuto con amore permettendogli di seguire tanti interessi, dal pianoforte agli Scout, e soprattutto il judo. Bronzo mondiale ed europeo nel 2023, Dongdong è uno dei due atleti umbri a Parigi: “È un onore per me rappresentare la mia regione e l’intera nazione”.
Oggi chi è Dongdong Camanni?
“È lo stesso di prima, quando ho raccontato per la prima volta a Luce! la mia storia. Sono cambiate tante cose ma non l’approccio, la voglia di fare e vivere, il modo di affrontare le difficoltà e provare a trovare le soluzioni ai problemi. Sono rimasto il ragazzo che lotta per raggiungere i propri obiettivi con una maturità diversa, con delle sicurezze in più”.
Frequenta l’università a Bologna: com’è stato il passaggio dalla vita in famiglia a quella da studente fuorisede?
“Ho appena finito il secondo anno di ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni. È stato un bel percorso finora, con molte insidie che non avevo previsto. In primis perché mi sono trasferito in tre giorni: non è stato un passaggio semplice ma un salto di crescita tutto insieme in correlazione con l’attività agonistica e con tutti gli altri miei interessi. Però devo dire che mi ha aiutato molto, perché mi ha permesso di interfacciarmi davvero con le difficoltà che si trovano a vivere in una città da soli”.
Ha cambiato anche palestra e allenatore?
“No, ho mantenuto il mio allenatore, Gaspare Mazzeo. Con lui ho fatto tutto il percorso per arrivare fin qui, abbiamo fatto tanto e stiamo continuando a lavorare insieme. Non posso che ringraziarlo per questo, perché mi vuole bene ed è il mio punto di riferimento. Da poco poi sono entrato nel Gruppo Sportivo Fiamme Gialle, un bel traguardo e sono onorato del loro sostegno”.
A giugno è arrivata la convocazione per i Giochi. Cosa prova a sapere che andrà a Parigi 2024?
“È una cosa che mi emoziona, sapere di essere arrivato a una Paralimpiade non mi sembra vero. È la prima volta che provo a qualificarmi e subito ho raggiunto il massimo obiettivo a cui un atleta può ambire a livello sportivo. Ancora credo di non rendermi conto di cosa mi sto andando a giocare. La qualificazione è stato un percorso, è partito tutto da quel campionato Csen dopo il quale ci siamo sentiti, dove ho conquistato l’oro coi normodotati. Da allora mi sono sempre allenato duramente e impegnato a migliorare e sono rimasto sempre in cima alla classifica del ranking internazionale paralimpico”.
Ci spiega questa cosa della classifica?
“Nel judo si crea una ranking internazionale nella quale entrano gli atleti più forti e nella quale con ogni incontro vinto e ogni medaglia si acquisiscono punti. I primi di questa classifica hanno accesso alla Paralimpiade. Io sono sempre stato nei primi quattro posti del ranking mondiale, attualmente sono quarto, testa di serie per Parigi 2024. Ovviamente si va in base alle categorie di peso e ne entra uno per nazione”.
Cosa si aspetta da questa prima esperienza?
“Intanto sicuramente di divertirmi. Al di là della gara e del risultato dobbiamo goderci l’esperienza al massimo. Mi ricorderò sempre di aver partecipato alle Paralimpiadi. Questo vuol dire tanto, vuol dire arrivarci con la consapevolezza di aver dato il massimo per essere al top per affrontare la competizione.
Dalla gara non mi aspetto nulla in particolare se non di far bene: non voglio avere rimpianti o pensare di aver sprecato un’occasione, ma dare una giusta fine. Che poi è un nuovo inizio, sono ancora giovane e voglio continuare su questa strada ancora in futuro. Poi se vogliamo sognare si può, certo. E se devo sognare lo faccio in grande, sogno la medaglia d’oro”.
Chi verrà a seguirla a Parigi?
“Tante persone mi vogliono bene e mi sono vicine ma mi sono stupito nel vedere quante hanno preso i biglietti per venire a Parigi, a partire dalla mia famiglia, tutta la palestra di casa, il mio coinquilino con la ragazza. E ovviamente con me ci sarà Peggy, il mio cane guida, una labrador nera che è la mascotte del Gruppo Fiamme Gialle”.
E per il futuro ha già chiari i piani da seguire nella sua carriera?
“Visto che sono entrato nel gruppo sportivo della Guardia di Finanza continuerò ad allenarmi e a puntare ai vertici del judo almeno per un altro quadriennio olimpico. Correlato a questo c’è l’università, la laurea e ho idee ben precise dell’ambito lavorativo in cui vorrei entrare. In più voglio viaggiare, conoscere nuove culture e società, affrontare nuove esperienze per crescere”.
Le piacerebbe tornare in Cina, sua nazione d’origine?
“Vorrei visitare il Paese in cui sono nato. Sarebbe interessante da turista poter conoscere la mia cultura d’origine, anche se io sono italiano. A dir la verità però la mia curiosità più grande è rivolta al Giappone, perché pratico judo che è giapponese. La passione per i viaggi è nata grazie allo sport e alle possibilità che mi sono state date”.
Pressioni e aspettative esterne possono condizionare la mentalità di un atleta?
“Conosco bene quelle sensazioni, quell’attesa prima di entrare sul tatami. Prima del via nella testa passano tanti pensieri, dal ‘non so se ce la faccio’ al ‘ok devo dare il massimo, sono concentrato’. Ci sono tante dinamiche che non si possono prevedere in gara e qui sta la bravura dello staff, degli allenatori, nel riuscire a stare sempre vicini ai loro atleti. Per questo voglio ringraziare il tecnico della nazionale Francesco Faraldo che riesce ad assorbire le mie ansie, cerca di farmi scaricare la tensione e di trovare le strategie migliori per farmi arrivare più carico possibile. E lui è lì al mio fianco quando c’è una delusione, quando perdo: una presenza necessaria per riuscire a rialzarsi”.
Cosa fa Dongdong prima di una gara? Ha dei riti scaramantici?
“Non ho dei riti ma le mie abitudini, nel senso che devo fare quelle cose per stare tranquillo. La sera prima, dopo il peso escono i sorteggi e io inizio a concentrami e a fare un’analisi tecnica e tattica coi maestri: confrontiamo le idee cercando le migliori strategie da adottare in gara. Io mi faccio degli schemi mentali immaginando le varie situazioni. Poi stacco completamente la testa dalla competizione, faccio magari una doccia o un bagno caldo, musica o audiolibri e poi vado a dormire. La mattina una bella colazione, ancora musica mentre mi preparo e in autobus, finché non c’è riscaldamento sto con le cuffie, alterno canzoni rilassanti a quelle più energiche”.
Ora testa all’obiettivo più importante: quando parte per Parigi?
“Il 2 settembre con la squadra di judo raggiungeremo il Villaggio Paralimpico. La mia gara sarà il 6, gli altri gareggiano il 7. Quindi faremo poi la Cerimonia di Chiusura, speriamo con qualcosa in mano…”.
Infine, nonostante sia la prima volta, conosce la tradizione di scambiarsi le pin, le spillette con gli atleti dei altre nazioni?
“In realtà io lo faccio già – esiste anche in altre manifestazioni internazionali, ndr – perché mi porto sempre spille italiane con me per scambiarle alle gare. Mi fa piacere avere quelle di altre nazioni, ho quelle di Spagna, Israele, Georgia e tante altre”.