La stoccata di Lambertini: “Vorrei che tutti vivessero al massimo delle possibilità”

Lo schermidore emiliano è un veterano in art4sport, un esempio per dedizione ed entusiasmo. Alle Paralimpiadi punta all’obiettivo più grande: “Faccio 4 gare, voglio vincerle tutte. Ma ci penserò quando sarò in pedana”

di MARIANNA GRAZI -
21 agosto 2024
Emanuele Lambertini (Instagram)

Emanuele Lambertini (Instagram)

Venticinque anni e la mentalità del campione vero. Emanuele Lambertini è nato a Cento, vive in provincia di Bologna (a San Giovanni in Persiceto) e studia ingegneria dell’automazione. Nato con una rarissima malformazione vascolare alla gamba destra che è degenerata negli anni, ha subito l’amputazione transfemorale dell’arto quando aveva poco più di 8 anni. Era un bambino, oggi è un uomo vivace, estroverso e sempre sorridente, che sogna in grande nello sport (non nasconde di puntare al gradino più alto del podio) e desidera mettere in campo le sue capacità anche per aiutare gli altri: uno dei suoi più grandi obiettivi è quello di realizzare nuove protesi.

[L’intervista è stata fatta a fine luglio].

Lambertini, mancano poche settimane all’inizio dei Giochi Paralimpici: come vive quest’ultimo periodo prima della partenza?

“In questi giorni sono in vacanza. Sto finendo circa due settimane di riposo, mentre da lunedì ricominceranno gli allenamenti. Sarà una ripresa tranquilla, ci concentriamo prima sulla preparazione fisica e poi faremo tanto allenamento sulla tecnica della scherma per poi andare ad alleggerire sempre più in procinto della partenza. Noi come scherma dovremmo partire il 27 o 28 agosto, mi aspetta un mese intenso, quindi cerco di godermi tutti i giorni di vacanza che posso”.

Durante questa pausa, con l’appuntamento più importante alle porte, riesce a rilassarsi davvero, a non pensare alla scherma?

“La preparazione ci ha portato e ci porterà via tanto tempo, quindi in questo momento io devo fare pure ferie, non pensare minimamente alla scherma. Lo staff della nazionale sa che comunque è necessario staccare altrimenti è troppo pesante anche a livello psicologico.

Io ci riesco abbastanza bene, sono anni che mi esercito a gestire la tensione, le aspettative prima di una gara, quindi in questo periodo non ho pensato alla Paralimpiade ma a staccare la testa, a divertirmi, a stare con gli amici, a fare tutt’altro. Negli anni ho capito che le gare sono importanti, alcune fondamentali, ma ci penserò quando sarò lì”.

Ha dei gesti scaramantici pre gara?

“Dei riti veri e propri no. Una cosa che però faccio, e ho visto che molti non fanno, è non guardare mai con quali avversari sono in tabellone. Quindi se so che devo fare il turno dei 32 (eliminazioni dirette) di solito il primo e il secondo avversario non li guardo mai, non so contro chi mi scontrerò. In questo modo non ho l’ansia di dire ‘ah sono contro quello o l’altro’. Inizio a guardare chi è il mio avversario dal terzo assalto. Non penso di fare così però per la Paralimpiade, perché per quella mi preparerò bene contro i primi avversari che incontrerò e poi vediamo”.

Emanuele Lambertini (Augusto Bizzi)
Emanuele Lambertini (Augusto Bizzi)

Ha iniziato a fare sport da piccolo: ha sempre voluto fare scherma o c’erano altre discipline che le sarebbero piaciuti?

“Subito dopo l’amputazione l’obiettivo primario era iniziare a fare qualcosa. Per questo provai diversi sport, soprattutto nel periodo di riabilitazione in ospedale a Parigi, dove sono stato operato. Quando sono rientrato in Italia ho fatto nuoto e poi mi sono trovato per un mesetto senza fare nulla e un caro amico di famiglia, l’allora presidente del Cip Emilia Romagna Gianni Scotti, mi contattò e mi propose di fare scherma. Io non sapevo nemmeno cosa fosse, ma provai e mi piacque fin dal primo giorno, divenne la mia più grande passione subito. Il bello è che mi poteva proporre qualsiasi altro sport, basket, calcio, sitting volley, invece mi disse: scherma. Ci ha azzeccato, è stato un colpo di fulmine”.

Quando e come ha deciso di entrare in art4sport?

“Io mi sono avvicinato prima che ad art4sport a Bebe e ai suoi genitori. L’associazione non esisteva neanche all’epoca, era intorno al 2010, è nata di lì a pochi mesi. Conobbi Bebe al centro protesi dell’Inail che all’epoca era il posto dove le persone amputate a causa di incidenti sul lavoro andavano (e vanno) a fare le protesi, perché allora non c’era tanto e mandavano tutti lì, anche gli amputati civili. Le nostre famiglie si conobbero e subito mi chiesero se volessi entrare in art4sport. Visto che sono un ragazzo molto curioso e mi piaceva tantissimo l’obiettivo per il quale avevano creato l’associazione accettai subito. Non so se sono il primo o il secondo ad essere entrato, mi gioco il primato con Davide Obino”.  

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Quindi lei ha vissuto tutte le fasi dell’associazione che l’hanno portata a quella che è ora

“Si sono cresciuto con art4sport e l’ho vista in tutti questi anni compiere un percorso di grandissima crescita. Vedere man mano entrare altri ragazzi e ragazze nel gruppo e diventare una famiglia allargata, è stata una cosa stupenda davvero. È una delle cose più belle vissute nella mia vita, non posso che essere orgoglioso di farne parte”.

Emanuele, lei è tra i pionieri del progetto fly2, che quest’anno vi porta a Parigi

“Tre anni fa ho fatto parte di fly2tokyo e subito dopo sono entrato in fly2paris, che è un gruppo grandissimo rispetto al precedente. È una cosa bellissima perché sempre più ragazzi hanno la possibilità di qualificarsi ai Giochi. Con loro mi sono preparato per arrivare a Parigi il più forte possibile e penso che anche tutti i raduni che abbiamo fatto in questi ultimi anni siano serviti per farci legare davvero tanto. Abbiamo lavorato tutti per lo stesso grande obiettivo: qualificarci per le Paralimpiadi. Io insieme a Bebe e Edo (Edoardo Giordan, ndr) credo di essere stato uno dei primi a qualificarmi per Parigi però – e non voglio passare per presuntuoso – è anche per questo che alcuni ragazzi del progetto che si sono qualificati alla fine ce l’hanno fatta, vedendo noi, sentendo i nostri incoraggiamenti a dare il massimo per ottenere il pass. Anche loro volevano esserci e ci sono riusciti”.

Bebe Vio Grandis, Edoardo Giordan ed Emanuele Lambertini (Instagram)
Bebe Vio Grandis, Edoardo Giordan ed Emanuele Lambertini (Instagram)

Uno stimolo anche per bambini e adulti con amputazioni, per cui diventate modelli pur restando restando ragazzi e ragazze normali

“Assolutamente sì, hai centrato il punto. Si tratta di vivere la propria vita al massimo delle capacità di ciascuno e se questo vuol dire che possiamo anche essere di esempio per altre persone allora ben venga. Questo non fa altro che spronarci e motivarci a vivere con sempre più gioia la nostra vita, con ancora più determinazione per potere, perché no, ispirare tante altre persone.

Non sai quante ne ho conosciute, oltre ai bambini gente che è stata amputata a 15/20/30 anni per incidente - è la causa principale -, che subito si sono trovate spiazzate, non sapevano cosa fare, a chi rivolgersi. Art4sport vuol fare questo, dare un sostegno ai ragazzi amputati e alle famiglia, dare un punto di riferimento, un faro nella società. Una delle cose più belle è che, quando i ragazzi vengono a sapere dell’associazione e poi arrivano da noi, si crea una rete strettissima fra noi e loro, in cui possiamo dar loro consigli su cose che abbiamo imparato negli anni da persone amputate”.

Molti dei suoi compagni ci hanno raccontato di un ambiente quasi familiare all’interno di fly2paris: è così?

“Assolutamente sì e penso che sia proprio questa la vera definizione di amicizia: una persona con cui stai bene anche se non ti vedi magari per mesi, però sembra di esservi appena lasciati. Dentro fly2 e dentro art4sport: siamo tutti grandi amici. E se poi siamo tutti simili e ci impegniamo tutti verso lo stesso grande obiettivo allora questo ci rende ancora più legati gli uni alle altre”.

Emanuele Lambertini
Emanuele Lambertini argento nel fioretto individuale all'ultima tappa di Coppa del Mondo (Instagram)

Qual è il suo obiettivo per Parigi 2024?

“Il mio obiettivo da sempre è non ricordare sempre quale sia (ride), come invece mi è capitato in passato. Comunque è vincere l’oro. Io faccio 4 gare però se mi chiedi in quale gara voglio vincerlo la risposta è tutte. L’obiettivo è arrivare al massimo. Poi ce la farò o non ce la farò? Lo vedrò lì quando sono a fare la gara. L’unico modo per arrivare al massimo è ambirci. Ma dico che non devo ripetermelo in continuazione perché sì, quello è il fine, ora l’importante è pensare ad adesso, a dare tutto me stesso ora per facilitarmi il compito quando sarò lì. È uno spostare il focus ad oggi, l’unico momento che posso vivere e che posso controllare”.

Quando smetterà di essere atleta cosa pensa di fare?

“In realtà non so ancora come vedermi nel futuro, mi vedo in tante vesti contemporanee. Io sono in Polizia, come Edo e Bebe, sto studiando ingegneria e quindi ho tanti obiettivi futuri. Mi piacerebbe rimanere in Polizia e diventare maestro di scherma, ma anche continuare gli studi e poi portare la mia competenza di ingegnere all’interno dell’Arma, o ancora non fare nulla di tutto ciò e aprire un business mio tutto volto alla progettazione di nuove protesi, che è quello che assolutamente voglio riuscire a fare, per aiutare me stesso e tante altre persone. Ora mi impegno in tutti i campi, poi man mano che andrò verso la laurea e la fine della carriera avrò modo di decidere”.

C’è uno sportivo che stima particolarmente o considera il suo idolo?

“Persone che idolatro direi di no, ma una persona che ho ammirato per tanto tempo e che ancora oggi ammiro e stimo tantissimo è Daniele Garozzo, che ho conosciuto di persona. Lui ha vinto a Rio 2016 ed è stato argento a Tokyo, ed è sempre stato il mio punto di riferimento – anche dal punto di vista accademico – perché io voglio fare come lui, voglio vincere le Paralimpiadi contro ogni aspettativa”.

Lambertini con Daniele Garozzo (Instagram)
Lambertini con Daniele Garozzo (Instagram)

Secondo lei come viene interpretata la disabilità all’interno della nostra società?

“In generale la situazione è migliorata tantissimo negli ultimi anni, è cambiata in maniera esponenziale e ora tantissime persone in più non si stupiscono più, non restano sgomente quando vedono una persona amputata o una persona in carrozzina che gira per strada. Si può sempre fare di più ed è quello che va fatto e chi meglio di noi - ed è quello che faccio da anni - può adempiere a questo compito, di far conoscere il movimento paralimpico in Italia e all’estero. Come fare? Già farsi vedere in giro in pantaloncini corti sembra poco ma è un passo avanti incredibile, perché tutte le persone che ti vedono capiscono che per noi è una cosa assolutamente normale e non qualcosa di cui vergognarsi. Già quindi il mostrarsi aiuta le altre persone che ci vedono a cambiare opinione su di noi”.

E lo sport paralimpico? Può aiutare in questa normalizzazione?

“Penso poi che sia un mezzo spettacolare per far conoscere il mondo paralimpico, per far capire che ‘ok mi è capitata una cosa molto brutta nella vita ma non mi arrendo, anzi proprio per questo voglio vivermi la vita al massimo’ e lo sport è un ottimo modo di esprimersi sotto tutti i punti di vista. Lo sport è l’emblema dell’espressione di sé, della volontà di dare il massimo con ciò che sia ha. Lo sport paralimpico è cresciuto tanto, anche a livello mediatico, ma si può fare sempre di più, quindi facciamolo. Il Cip e il presidente Pancalli fa tanto, atleti come Bebe e Zanardi danno il colpo forte e però poi siamo tutti noi, ragazze e ragazzi meno conosciuti ad avere il compito di rappresentare il movimento paralimpico tutti i giorni. Io da 8 anni vado a parlare nelle scuole, raccontando la mia vita, la mia quotidianità, facendo vedere che nonostante tutto quello che ho avuto nulla mi impedisce di vivere la mia vita al massimo. È compito di ognuno fare la nostra piccola o grande parte”.

I portabandiera a Parigi, Ambra Sabatini e Luca Mazzone, vengono da discipline diverse e rappresentano anche generazioni different, ma è il bello dello sport. Le piacerebbe in futuro essere alfiere italiano?

“Sicuramente è un’emozione e un onore fuori dal comune essere portabandiera. Quindi mi piacerebbe ma so che bisogna avere certi meriti per aspirare a diventarlo, quindi io mi voglio impegnare al massimo nella scherma per riuscire ad avere i criteri giusti per diventare portabandiera. Sarebbe molto bello, mi voglio impegnare al massimo e magari alle prossime, chissà…”.