Edoardo Giordan a Parigi2024 da protagonista: “È un orgoglio vivere di sport”

A Rio 2016 era uno spettatore ma già sognava in grande: così ha ispirato il progetto fly2, da Tokyo a Parigi, inseguendo un successo nella scherma che è fatto da “mente e fisico” in egual misura

di MARIANNA GRAZI -
12 agosto 2024
Edoardo Giordan

Edoardo Giordan (Foto Bizzi)

Adesso tocca a me”. Uno slogan, un incitamento verso se stesso. Un messaggio chiaro in vista di Parigi. Edoardo Giordan è così, sempre sorridente, pronto a scherzare ma con una voglia matta di prendersi ciò che ritiene gli spetti. Per concludere un sentiero tracciato otto anni fa, a Rio 2016. Quando un giovane ragazzo era lì non per gareggiare ma per guardare, per annusare l’aria delle Paralimpiadi e innamorarsi definitivamente di questo sport.  

Giordan e art4sport: un binomio inscindibile…

“Si, ma non pensate al Giordan di adesso. Io ho conosciuto lo sport paralimpico due settimane dopo l’amputazione della gamba destra. Per me era tutto offuscato. Volevo diventare un pilota d’aereo e avevo visto il mio sogno crollare. Ma proprio durante la riabilitazione tutto è cambiato da un momento all’altro”.

In che modo?

“Ero al Santa Lucia, quando ho sentito dei rumori provenienti dal seminterrato. Io mi dicevo: ‘sono in ospedale, perché c’è gente che si diverte?!’. Sono andato a vedere e c’erano dei ragazzi che giocavano a basket in carrozzina. Vedo un ragazzo che gioca con un solo braccio e nemmeno una gamba. Si ribalta con la carrozzina e io subito penso: ‘ora fermeranno il gioco, lo tireranno su e le solite cose…’. E invece no, lui si alza da solo con la forza del braccio. C’era competizione, voglia di raggiungere un risultato. Boom. Ero folgorato”.

Edoardo Giordan
Edoardo Giordan (Foto Bizzi)

E poi?

“Poi conosco Andrea Pellegrini, che mi ha introdotto al mondo della scherma. Era uno dei simboli dello sport paralimpico italiano sia nel basket che nella scherma, appunto. L’eroe dei due mondi. Abitava vicino a casa mia a Bracciano, mi portava in palestra e io volevo stare con lui ogni giorno. In quel periodo avevo paura di non piacere agli altri. Vedere lui che se ne fregava ed era un idolo per tutti mi ha permesso di accettarmi”.

E così nasce la trasformazione interiore…

“Sì, poi tutto è esploso quando ho preso la sciabola in mano per la prima volta. Era da un anno che stavo a casa a giocare alla play. Non volevo uscire, mi vergognavo di me stesso. Anche coi miei amici mi inventavo scuse. Ma a loro non interessava nulla. Io per loro ero Edoardone con due gambe ed Edoardone con una gamba. Ecco, poi prendo la sciabola in mano e sento una vibrazione. Parte dal braccio, si propaga nel cervello e nel cuore. Avevo 20 anni, è cambiato tutto. Ho smesso di chiedermi cosa volessero gli altri e ho iniziato a tracciare la mia strada. E poi ho realizzato un sogno. Quello di partecipare alle Paralimpiadi, di vivere di sport”.

Edoardo Giordan
Edoardo Giordan (Foto Bizzi)

Ha detto Paralimpiadi… Il suo momento sta arrivando… “Adesso tocca a me. Il mio viaggio non parte da Tokyo, ma da Rio. Facevo scherma da due anni, conoscevo già Bebe e bazzicavo con la Nazionale e ho deciso di andare a vedere le loro gare. Quando sono tornato ero un altro atleta: ho cambiato tutto e ho iniziato a dare anima e corpo per questo sport”. A Tokyo non andò tutto come sperava però. “Vero, mi aspettavo una medaglia, ma avevo poca esperienza. La Paralimpiade è una gara unica. Ai Mondiali ci sono 100 atleti, alle Paralimpiadi soltanto i 12 più forti. Te la giochi contro chiunque. Nei gironi di qualificazione ho battuto tutti, campione olimpico e campione del mondo in carica compreso. Ho saltato la prima eliminazione diretta e poi ho riaffrontato il campione olimpico in carica, vincevo 5-1, mi sono ritrovato a 8-6 per lui e non sapevo manco cosa fosse successo. Nella scherma conta la testa. Mente e fisico hanno lo stesso valore. Puoi essere il più allenato al mondo, ma se trovi quello più pronto perdi. Se fai meno errori dell’avversario vinci”.

Edoardo Giordan, Bebe Vio Grandis e Emanuele Lambertini
Edoardo Giordan, Bebe Vio Grandis e Emanuele Lambertini (Foto Bizzi)

Ci racconta il suo rapporto con art4sport e fly2paris?

“Conosco Bebe da tanti anni, la prima volta sono stato ai Giochi senza Barriere nel 2017, ma non facevo parte di art4sport. Ho visto questa realtà che era bellissima, La mamma di Bebe mi ha detto: ‘tu puoi essere da ispirazione e motivare un sacco di ragazzi’. In realtà, poi, non c’era nulla da insegnare, erano e sono tutti fantastici e di grande ispirazione per me. Chi giocava a calcio, chi senza un braccio, chi senza una gamba. Alla fine mi sono accorto che erano loro che mi stavano motivando, era più ciò che prendevo di quello che davo. E poi arriviamo a fly2paris. Un progetto incredibile, l’associazione ti permette di essere un atleta a 360 gradi. Per me questo progetto è orgoglio. Non solo per le medaglie che arrivano, ma soprattutto per il messaggio che vogliamo trasmettere”.