L'aborto divide le elezioni americane, Walz: “Le donne devono poter decidere”

Il tema, particolarmente dibattuto a colpi di tweet e dibatti, potrebbe essere un importante ago della bilancia in vista delle elezioni di novembre e Trump lo sa bene

di MARCO PILI
2 ottobre 2024
Tim Walz, candidato dem alla vicepresidenza degli Stati Uniti d'America (ANSA)

Tim Walz, candidato dem alla vicepresidenza degli Stati Uniti d'America (ANSA)

Nell’anno in cui il maggior numero di cittadini e cittadine si è recato - più o meno democraticamente - alle urne per esprimere la propria volontà, le elezioni americane rivestono sicuramente una posizione di punta per capacità di influenzare moltissimi ambiti della vita di milioni di cittadine e cittadini. In un contesto politico sempre più radicalizzato, dove lo scontro tra due partiti è approssimabile quasi ad uno scontro fisico tra due fazioni, la vittoria di Donald Trump traccerebbe un solco di profonda discontinuità rispetto all’attuale amministrazione Biden. Al contrario, una vittoria di Kamala Harris e del suo vice, Tim Walz, consentirebbe una certa linearità rispetto alla linea economica, civile e sociale attuata fino ad oggi.

Tra proposte in politica estera, piani di sviluppo economico e gestione dei flussi migratori profondamente contrastanti, uno dei temi che ha visto i due candidati scontrarsi a più riprese è sicuramente quello dell’aborto. Una sfida avvenuta non solo sui social ma anche in presenza, che è emersa in particolar modo durante il confronto tv del 10 settembre. Un episodio infelice per Trump, richiamato da un fact-checking dei moderatori che gli avevano contestato la diffusione di informazioni false in merito a numerosi argomenti.

Un tema, quello dell’aborto, tanto centrale quanto modificato, adattato e plasmato sulle percentuali espresse dai sondaggi e sulle survey proposte all’opinione pubblica statunitense. Dopo aver ascoltato le reazioni dei cittadini e delle cittadine americane, l’ufficio comunicativo di Trump sembra aver compreso che la linea aggressiva tenuta nel corso del primo confronto con la candidata democratica non sia funzionale a coinvolgere i votanti moderati. Una mutazione nella condotta tenuta dall’ex vertice della Casa Bianca che ha intaccato, ancora una volta, anche il diritto all’aborto.

L’evoluzione della linea politica di Trump

Il tycoon non è nuovo a giravolte importanti su un tema scivoloso come l’interruzione di gravidanza. Infatti, dopo aver espresso un parere personale totalmente contrario alla procedura e aver irrorato l’opinione pubblica di notizie false in merito alle posizioni sostenute dai dem, Trump ha rilanciato su X messaggi di – relativa e apparente - moderazione sul tema: “Tutti sanno che non sosterrei un divieto dell'aborto a livello federale, metterei il mio veto”. Una precisa ponderazione nella posizione, che consentirebbe ai repubblicani più moderati di non temere per un’eventuale rimozione del diritto negli stati a maggioranza democratica.

Un tentativo, dunque, di strappare alcune delle migliaia di voti in bilico che, ad oggi, sembrano fondamentali per riuscire a conquistare un numero sufficiente di grandi elettori per quelle che si preannunciano le elezioni più in bilico degli ultimi anni. La linea di Trump, infatti, segue il sentiero tracciato con l’annullamento della sentenza Row vs. Wade che, a livello federale, garantiva l’esercizio del diritto all’aborto.

Tim Walz, il vice dei diritti

Di parere contrario o, per meglio dire, opposto, è il vice di Kamala Harris, Tim Walz. Il candidato dell’asinello, infatti, si è a più riprese schierato a favore del totale esercizio del diritto, nonché del reintegro della sentenza precedentemente annullata da parte della Corte costituzionale. Rispondendo ad una domanda sul diritto, infatti, Walz ha risposto in modo chiaro: “Le donne devono avere il diritto di scegliere e decidere sul proprio corpo”.

Una posizione rilanciata anche durante il confronto tra i candidati vicepresidenti, lo sesso Tim Walz e il repubblicano J.D. Wance, andato in onda su CBS News. Un incontro-scontro dai toni decisamente più pacati se confrontati con quelli che avevano caratterizzato il primo dibattito presidenziale. A poco più di 30 giorni dalla chiamata alle urne la situazione è ancora molto lontana dall’essere chiara, e i sondaggi offrono prospettive decisamente variabili. Quel che è certo, è che le rispettive posizioni sui diritti incideranno pesantemente sul modo in cui elettori ed elettrici esprimeranno le rispettive preferenze.