Adinolfi lascia la guida del Popolo della Famiglia: “Prendo atto della sconfitta. Come fanno Renzi e Calenda a non dimettersi?”

L’1,2% di De Luca alle europee, che Adinolfi aveva appoggiato, è stato un disastro impossibile da ignorare. Le dimissioni sono senza dubbio un gesto rivoluzionario rispetto a molti suoi colleghi, ma è pur vero che per alcuni è più facile che per altri: ci sono responsabilità e pesi politici diversi

di TERESA SCARCELLA -
11 giugno 2024
Mario Adinolfi, fondatore del Popolo della Famiglia

Mario Adinolfi, fondatore del Popolo della Famiglia

Mario Adinolfi fa quello che in tanti non hanno avuto (e non hanno tutt’ora) il coraggio di fare. Al di là delle sue idee controverse, con cui si può essere d’accordo o meno, bisogna riconoscerlo. Il fondatore del Popolo della Famiglia, che alle elezioni per l’europarlamento ha sostenuto la lista Libertà di Cateno De Luca, prende atto della disfatta europea, la mette in saccoccia e saluta. 

“Ho invitato il vicepresidente nazionale Nicola Di Matteo ad assumere protempore la mia carica di presidente, come da statuto dopo che gli ho presentato le mie dimissioni con l'invito a convocare il congresso nazionale del Popolo della Famiglia. Abbiamo partecipato al progetto di Libertà messo in campo da Cateno De Luca, con il nostro simbolo e i nostri candidati: siamo stati sconfitti, il risultato è stato ampiamente inferiore alle nostre aspettative e non sono abituato a far finta di niente, quindi mi assumo personalmente la piena responsabilità di questo esito e lascio dopo otto anni la guida del Popolo della Famiglia".

La lista di De Luca arriva solo all’1,2%. Un risultato che non gli permette di eleggere europarlamentari. Come lui anche altre coalizioni che sulla carta erano “più forti”, partivano da una situazione diversa, da una base più strutturata, e quindi con aspettative più alte. Rimaste deluse. Stiamo parlando, ovviamente, di Stati Uniti d’Europa e Azione (già Terzo Polo), inutile girarsi intorno. Proprio loro, anzi ai loro leader, si riferisce anche Adinolfi. 

“Sosterrò con entusiasmo la nuova leadership che il congresso nazionale eleggerà. Mi resta solo una domanda: come fanno Calenda e Renzi dopo il loro disastro a non dimettersi anche loro? Ho letto Calenda oggi parlare di una 'costituente’. Costituente di che? Faceva tanto il politico serio, che guarda ai modelli esteri. Ecco, all'estero dopo una sconfitta grave i politici seri se ne assumono la responsabilità e si dimettono dalle cariche. Io l'ho subito fatto e invito lui con Renzi e magari pure l'immaginifico Riccardo Magi a fare lo stesso”.

Magari quella di Adinolfi sarà solo una resa temporanea, oppure no. In ogni caso c’è da dire che, rispetto a Renzi e Calenda, parte da un peso politico e da una responsabilità inferiori e quindi non può che essere inferiore il fardello delle sue dimissioni. Così come di meno sono le speranze di rinascita e di una futura ricollocazione anche all’interno di un contesto più ampio, almeno nel breve termine. Insomma, fatta da lui, la scelta suona inevitabilmente più “facile”, meno gravosa. Però rimane pur sempre un gesto concreto che, tra tante promesse non mantenute e dimissioni solo minacciate, sicuramente si distingue.