Il recente caso - più mediatico che politico - che ha coinvolto Maria Rosaria Boccia e l’ancora ministro Sangiuliano porta alla luce non solo l’ormai consueta polarizzazione del dibattito pubblico tra garantisti e giustizialisti, ma soprattutto una questione cruciale e spinosa: il sessismo è ancora fortemente radicato nel discorso pubblico italiano.
Mettiamo le cose in chiaro: la critica alla gestione del potere è più che legittima, ma siamo davvero sicuri che il ritorno alla stigmatizzazione sessista delle donne, con una narrazione che affonda le radici in stereotipi antiquati e distruttivi, sia la chiave giusta per esercitarla?
Il commento pubblico su Boccia ha spostato fin da subito l’attenzione dal vero nodo della questione – l’eventuale uso di fondi pubblici per sovvenzionare “dinamiche” private da parte del ministro Sangiuliano, smentito ieri dallo stesso – a insinuazioni volgari e gratuite, con riferimenti alla sessualità della donna di turno e con parole atte a sminuirla.
L’etichetta di “esperta pompeiana”, utilizzata in vari contesti mediatici anche di presunto livello, è un esempio di questo degrado sociale e culturale. Sotto i riflettori, come avviene spesso nei casi di donne coinvolte in vicende di potere, c’è lei, la tentatrice. Il ministro è sullo sfondo. Pur essendo anch’egli parte della storia, sembra essere passato in secondo piano, come se la colpa morale fosse solo della donna e lui non fosse altro che un pover’uomo caduto nella trappola dell’adescatrice. Una trama che si sta svolgendo nel totale silenzio di un femminismo che in altre circostanze non ha esitato a schierarsi.
Nel caso di Virginia Raggi, ad esempio, quando venne utilizzato il titolo sessista "Patata bollente", ci fu una sollevazione immediata: molte e molti si indignarono pubblicamente e numerose donne si mobilitarono in sua difesa, condannando senza mezzi termini.
Nel caso di Maria Rosaria Boccia, colpita da un attacco altrettanto sessista con commenti insinuanti e volgari, il silenzio è assordante. Una dinamica, questa, che ci obbliga a una riflessione più ampia sulla natura della nostra società. Perché simili attacchi sessisti continuano a essere - a intervalli regolari - tollerati, se non addirittura normalizzati, nel dibattito pubblico? La risposta, purtroppo, sta nella persistente incapacità del Paese di andare oltre il pettegolezzo e l’ironia bigotta sulla sessualità con il benestare di chi, per tradizione o per mandato, dovrebbe sempre e comunque alzare la voce in difesa delle donne.
Siamo ben lontani dal garantire un dibattito civile, rispettoso e privo di pregiudizi di genere e dobbiamo prenderne atto. Dichiararsi garantisti o difensori dei diritti non basta più.
Dovremmo dibattere sull’incapacità di Sangiuliano di gestire la vicenda con la serietà che il suo ruolo richiederebbe, eppure il Paese si limita a trasformare tutto in un gossip pruriginoso, commentando la vicenda come se fosse l’ennesima puntata di Temptation Island, banalizzando pericolosamente il degrado morale e istituzionale a cui stiamo assistendo.
“L'Italia s'è desta” neanche un po’.