L'autore di un femminicidio, sia esso il coniuge, la parte dell'unione civile o un parente prossimo, non potrà più decidere sulle spoglie della vittima. È questo l'obiettivo del disegno di legge appena incardinato in Commissione Giustizia del Senato e che ha come prima firmataria la presidente della Commissione, Giulia Bongiorno, responsabile giustizia della Lega.
A fronte dei vari interventi legislativi messi in atto per contrastare il sempre più presente fenomeno della violenza sulle donne, “non è più rinviabile – spiega la parlamentare nella relazione, quello diretto a introdurre alcuni correttivi al codice penale e al regolamento di polizia mortuaria”. Questo per “evitare che il coniuge, la parte dell'unione civile o il parente prossimo, autori del femminicidio, possano approfittare dei diritti in tema di disposizione delle spoglie della vittima, che oggi l'ordinamento gli riconosce, per occultare le prove del delitto, così sviando (o tentando di sviare) il corretto iter del procedimento penale che venga nel frattempo avviato per l'accertamento dei fatti e delle responsabilità”.
In mancanza di un testamento, infatti, la legge attuale prevede che sulla cremazione o meno del cadavere debba decidere il coniuge o il parente più prossimo che, come spesso accade nei casi di femminicidio, si identifica con l'autore del delitto. Quindi, si spiega nel ddl, "è necessario introdurre disposizioni ancora più restrittive, sia in chiave preventiva che repressiva, per evitare il rischio che l'esercizio dei diritti relativi alla disposizione delle spoglie mortali della vittima possa essere scaltramente strumentalizzato dall'autore del delitto per rendere più arduo l'accertamento dei fatti ed eludere le proprie responsabilità”.
Cosa prevede il ddl
Nell’articolo 1 del disegno di legge si propone di introdurre nel codice penale, attraverso il nuovo articolo 585-bis, la pena accessoria della decadenza dall'esercizio di ogni diritto in tema di disposizione delle spoglie mortali del coniuge, della parte dell'unione civile o del parente prossimo, nel caso in cui si sia condannati per reati di violenza contro le donne, a cominciare dall'omicidio doloso. “In chiave preventiva – si legge nel testo – di eventuali tentativi di sviamento delle indagini e a tutela dell'integrità della prova nel processo penale, l'articolo 2 del testo contiene poi l'autorizzazione al governo a modificare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge”, il regolamento “di polizia mortuaria sulla base di due principali linee guida”.
La prima riguarda l'introduzione di una preclusione assoluta, nei confronti del coniuge, della parte dell'unione civile o del parente prossimo indagato o imputato per questo genere di reati "nel caso in cui dal fatto sia derivata la morte” della donna “a esercitare qualsiasi diritto in tema di tumulazione, inumazione o cremazione del cadavere”. Tale preclusione scatterà dal momento in cui uno dei soggetti sopra citati viene iscritto nel registro degli indagati e rimarrà attivata fino a quando l’eventuale sentenza di assoluzione non passerà in giudicato.
La seconda linea guida, invece, riguarda la previsione del principio in base al quale, ove venga avviato un procedimento penale in relazione a uno dei reati sopra indicati, la cremazione del cadavere “sia comunque vietata sino al passaggio in giudicato della sentenza”, così “garantendo che, nei suddetti casi, la salma debba essere conservata durante tutto il corso del processo penale” per “garantire la possibilità di svolgere su di essa tutti gli accertamenti del caso, ogni qual volta essi si rendano necessari”. Per la presidente della Commissione, “si tratta di interventi semplici e mirati, certamente idonei a rafforzare ulteriormente l'attività di accertamento e di repressione dei femminicidi, evitando al tempo stesso condotte di occultamento e dispersione della prova che possono risultare particolarmente insidiose e dannose per il corretto accertamento dei fatti di reato”.