Hong Kong cala il bavaglio sulla libertà di stampa: condannati due giornalisti pro democrazia

Per la prima volta dal 1997, due giornalisti sono stati condannati per sedizione e cospirazione contro lo stato. Ma come si è giunti a questa condanna? Qual è lo stato di salute dell’informazione in Europa?

di MARCO PILI
30 agosto 2024
Numerose le proteste fuori dal tribunale dove è stata emessa la condanna (ANSA)

Numerose le proteste fuori dal tribunale dove è stata emessa la condanna (ANSA)

La libertà di stampa è un frutto sempre più difficile da cogliere in tutto il mondo, specialmente in paesi non democratici o in stati che, al loro interno, stanno vivendo conflitti lancinanti. E la Cina, stando agli ultimi trattati di scienza politica, può essere annoverata di diritto perlomeno nella prima casistica citata poco sopra. Di chiara ispirazione - almeno di facciata - comunista e marxista, la - sedicente - Repubblica Popolare Cinese non ha mai puntato, nel corso della sua storia, ad un ampliamento dei diritti dei propri cittadini e delle proprie cittadine. Al contrario, un continuo e capillare controllo di ogni aspetto della vita pubblica ha permesso, in particolar modo nel corso degli ultimi anni, di regolamentare ogni aspetto della vita della popolazione.

E tra questi aspetti, ovviamente, rientrano stampa e comunicazione. Sebbene il colosso della comunicazione digitale WeChat meriterebbe un approfondimento a sé stante in merito a repressione, firewall e informazioni sensibili bloccate direttamente dal regime (cercando “Piazza Tienanmen” su UC Browser - il corrispettivo del nostro Google Chrome - entro i confini cinesi, la pagina apparirà vuota), anche il giornalismo ha recentemente subito un duro colpo.

Pechino cambia approccio: dall’indipendenza alla repressione

La man forte della repressione, nelle ultime ore, si è abbattuta anche su quella che veniva considerata dai più una delle ultime isole felici del territorio cinese, l’ormai ex colonia britannica di Hong Kong, passata sotto il controllo di Pechino nel 1997. Nonostante alla regione sia stato fin da subito concesso un elevato grado di autonomia volto, in particolar modo, a facilitarne il riposizionamento all’ombra del dragone, negli ultimi anni Xi Jinping ha scelto di erodere il più possibile il principio “Una Cina, due sistemi”, fondamentale per convincere Londra a lasciare il territorio alla RPC ormai 27 anni fa.

Ma l’erosione di questo status non ha certo lasciato indifferente la popolazione della città portuale, abituata nei decenni ad un sistema - e ad una magistratura - ben diversi dai corrispettivi continentali non eccessivamente avvezzi allo stato di diritto, come dimostra il caso della minoranza uigura. È in questo quadro che vanno inscritte le clamorose proteste che, tra il 2019 e il 2020, hanno sconvolto le strade della regione, raggiungendo un totale di 550mila manifestanti su una popolazione di 7 milioni di persone.

L’erosione della libertà di stampa: il reato di sedizione

Tramite questo antefatto è così possibile capire come si sia arrivati, ad oggi, alla condanna dei due giornalisti arrestati per sedizione, un termine che indica un tipo di ribellione violenta volta a rovesciare il potere costituito. È necessario, ancora una volta, ricostruire chi sono i due giornalisti incarcerati per volontà delle autorità giudiziarie del continente.

Chung Pui-kuen e Patrick Lam, redattori della testata Stand News, sono stati recentemente ritenuti colpevoli dal giudice Kwok Wai-kin, presso il tribunale Wan Chai di Hong Kong, per aver pubblicato numerosi articoli che attentassero al potere costituito, oltre ad aver supportato il movimento pro-democrazia del 2019 precedentemente citato. Inoltre, la testata per la quale lavoravano, attiva dal 2014 al 2021, è stata completamente oscurata dagli uffici governativi competenti.

Come riportato da Sky tg24, al momento della proclamazione della sentenza erano presenti al di fuori del tribunale gli esponenti di numerosi consolati, quali Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Unione europea e Australia. Anche l’Unione Europea, tramite i suoi canali istituzionali, ha formalmente richiesto a Pechino di interrompere la persecuzione dei giornalisti ad Hong Kong. Pratiche diplomatiche che non hanno evitato la condanna a due anni di carcere per entrambi gli ex redattori, rei di “aver criticato il governo in 17 articoli di giornale, minacciando la sicurezza nazionale”.

"Questo verdetto crea un precedente molto pericoloso che potrebbe essere utilizzato da Pechino per sopprimere qualsiasi voce indipendente", ha commentato Aleksandra Bielakowska, advocacy officer di Reporter sans frontiere, Ong che difende la libertà di stampa in tutto il mondo.

Hong Kong presa d’assedio, ma qual è la situazione in Europa?

La libertà di stampa è un diritto che, nella stragrande maggioranza della popolazione europea, viene ormai dato per scontato. Anche se il caso di Hong Kong appena citato ci dimostra che non è così e che, soprattutto per i diritti, niente può essere ritenuto - purtroppo - definitivo, i dati ci dimostrano che l’erba del vicino, in questo caso, è sempre più verde.

Secondo la classifica annualmente stilata da Reporter sans frontiere, l’Italia si colloca in 46^ posizione per il 2024, in calo di ben cinque posizioni rispetto al 2023 e agli ultimissimi posti tra i paesi dell’Unione Europea. Un dato disastroso, se comparato al 42^ posto raggiunto dall’Armenia - in costante tensione con l’Azerbaijan per la regione del Nagorno-Karabakh - o al trentunesimo posto della Moldavia, nonostante le scintille in Transnistria e la vicinanza col confine ucraino. Tutti fattori che, come noto, potrebbero fortemente influenzare la libertà di stampa, ma che consentono comunque alle nazioni citate di collocarsi al di sopra del bel paese in questa lista.

Secondo l’Ong, infatti, a pesare sulla posizione raggiunta dall’Italia, di poco fuori dal 25% dei paesi con l’informazione più libera al mondo, sono le pressioni mafiose sui canali di informazione e le auto-censure che i giornalisti e le giornaliste attuano per rispettare la linea editoriale, ma anche per non incappare in procedimenti giudiziari.

Una prospettiva diversa sulla libertà di informazione che ci ricorda, tra un fischio sostituito con un applauso e l’allontanamento di giornaliste che vogliono solamente festeggiare il 25 aprile, quanto la strada da fare sia ancora lunga.