
Il Parlamento dell'Uganda
Formalmente il vasto e controverso disegno di legge sui reati sessuali, approvato dal Parlamento ugandese lunedì scorso sembra fare un passo in avanti verso i diritti civili. L'obiettivo è infatti quello di perseguire la violenza di genere e altre forme di abusi. Allo stesso tempo, però, la stessa legge condanna le relazioni tra persone omosessuali, già illegali nel paese, e il sex work. Tra i reati penali introdotti c'è un elenco piuttosto lungo di atti, tra cui le molestie sessuali, l’incesto, il turismo sessuale e la prostituzione minorile; alcuni provvedimenti precedenti, su matrimoni infantili e stupri, sono stati riconfermati. Ma il pacchetto di norme prevede anche una condanna fino a 10 anni di carcere per chi ha rapporti omosessuali. Qualcosa di molto simile, per alcuni, a una legge anti-gay approvata nel 2013, che prevedeva la pena di morte, e che per fortuna è stata poi annullata dalla Corte suprema del Paese. La deputata Monicah Amoding, che ha proposto la legge, ha dichiarato che "l'Uganda non è ancora pronta a riconoscere i diritti delle persone LGBTQIA+". Jacob Oboth-Oboth, Presidente della Commissione per gli affari giuridici e parlamentari, ha sottolineato invece come le nuove norme servano a introdurre il concetto di consenso nei rapporti sessuali. Nonostante ciò la sua approvazione ha giustamente scatenato la rabbia degli attivisti, sia sul fronte dei diritti LGBTQIA+ che del lavoro sessuale. Sembra che la prima stesura del testo contenesse delle clausole molto progressiste, come ha riferito l’attivista femminista Trisha Mugerwa, ma sarebbero state emendate. La legge, così com'è, è discriminatoria e molto pericolosa per tutte le minoranze sessuali e per chi pratica la prostituzione, che invece doveva essere depenalizzata. Per l’entrata in vigore si attende la firma del Presidente Yoweri Museveni, che però è notoriamente omofobo.