“Noi siamo gli ultimi per occupazione femminile, per fecondità, ma la Costituzione italiana tutela la parità di condizione. Io mi domando: ma la gente che paga meno le donne degli uomini sa che sta andando contro la Costituzione italiana?”, ha affermato Mario Draghi a Il Tempo delle Donne, evento che si sta tenendo in questi giorni in Triennale Milano. Durante il colloquio con Luciano Fontana, attuale direttore de Il Corriere, l’ex premier ha affrontato numerose tematiche di attualità, focalizzandosi in particolar modo sul concetto di uguaglianza di genere applicato al futuro dell’Italia e dell’Europa.
L’incontro, dal titolo “Il lavoro delle donne per un Paese più libero e competitivo”, ha posto al centro del dibattito il tema dell’occupazione femminile, affrontando la tematica su una prospettiva a lungo termine. Un’idea di progresso chiara e ben delineata, alla quale Mario Draghi ci ha abituato nel corso delle innumerevoli conferenze tenute nei suoi indelebili anni di carriera ai vertici delle istituzioni nazionali ed europee, secondo la quale “occorre insistere” per raggiungere - finalmente - i principi incisi nelle pagine della Costituzione.
Come ammesso dallo stesso Draghi nel corso del talk, ad oggi, l’Italia è il fanalino di coda delle classifiche europee relative ad occupazione femminile e fecondità. Due fattori che, in realtà, dovrebbero trovare piena tutela nella Carta costituzionale. E i numeri mostrano quanto, ancora una volta, il gender pay gap sia uno degli elementi principali sui quali investire al fine di creare parità di condizioni.
Un risultato che, secondo l’ex premier, “non si ottiene per decreto nell’immediato”, ma insistendo una misura dopo l’altra seguendo un connubio tra creazione di infrastrutture deputate a conferire tempo materiale alle donne da dedicare alla maternità, ma anche assistenzialismo volto a sostenere le aziende. Tali incentivi, infatti, consentirebbero una retribuzione ugualitaria tra colleghi e colleghe, così da raggiungere “una vera parità di genere”.
Il concetto di parità di genere
Incalzato da Fontana, l’ex presidente della Bce ha poi affrontato il tema delle quote rosa, una misura dalle finalità spesso confuse dalle aziende e dagli stessi e dalle stesse lavoratori e lavoratrici. La finalità del provvedimento, secondo Draghi, è quella di colmare le differenze di partenza che vanno ad inficiare il meccanismo della meritocrazia, riuscendo a far emergere il merito delle donne qualificate, altrimenti escluse a causa di pregiudizi consci o inconsci.
Ma l’abbandono dei pregiudizi legati al mondo del lavoro univocamente maschile, secondo Draghi, è ormai inevitabile, pur rimanendo tutt’ora inalterati numerosi stereotipi legati, ad esempio, alla cultura della maternità. Una trasformazione che, in Europa, sta progredendo con velocità decisamente diverse, alla luce dei passi in avanti che i governi di Spagna e Francia hanno compiuto nel corso delle ultime leggi.
Il linguaggio inclusivo nelle aziende
In conclusione, un’ulteriore chiarificazione è giunta in merito all’utilizzo del linguaggio inclusivo delle aziende. Interrogato sulla terminologia tenuta dal suo staff e all’interno dei gruppi di lavoro nei quali presenzia, Draghi ha affermato: “Spetta alla donna decidere come essere chiamata, se preferisce un appellativo maschile o femminile in merito al suo ruolo”. Fondamentale, inoltre, è il posto di lavoro. Ancora una volta, infatti, l’ex premier ha sottolineato la necessità di lottare coralmente al fine di superare i pregiudizi e i bias che, spesso, penalizzano le donne sul posto di lavoro.