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Paese che vai, consigliere estremista che trovi

Dopo il caso di Corato, negli ultimi giorni a far parlare di sé sono due colleghi, uno toscano condannato per i commenti omofobi, l’altro lombardo che chiama in causa i totalitarismi del passato per condannare l’aborto

di MARIANNA GRAZI -
9 marzo 2024
I politici estremisti: Dozio, Gasperini e D’Imperio

I politici estremisti: Dozio, Gasperini e D’Imperio

Dovessi prendere alla lettera quanto gridato da Giulio D’Imperio (rivolto alla collega che tentava di ribattere alle sue parole) durante un consiglio comunale di un paese nel barese, dovrei starmene zitta, ad osservare docile e sottomessa quanto accade nel mondo per mano maschile. 

Ma, vuoi per indole personale, vuoi per deformazione professionale, quando succedono cose come quelle che sto per illustrarvi, a me zitta non piace proprio stare. 

Partiamo dalla più recente, quella che riguarda un argomento che per quanto sia al momento lontano dalle mie intenzionalità, sento particolarmente vicino e per questo ne scrivo spesso: l’aborto. 

Ecco di aborto parla – a sproposito innanzitutto come uomo, anche se per fortuna non tutti gli uomini per fortuna lo fanno così male – il consigliere regionale lombardo di Forza Italia Jacopo Dozio, durante un dibattito su una mozione della Lega che chiedeva di difendere i centri di aiuto alla vita. Insomma quelli che vorrebbero scoraggiare con ogni mezzo e modalità le donne dal fare la scelta  – secondo loro – sbagliata, interrompere la gravidanza. Una pratica comune, ahimé, sia a livello regionale che locale, quella di sponsorizzare a livello politico e finanziario questi centri. Ma la curiosità, questa volta, è il modo che sceglie Dozio per affrontare il tema: “La concezione per cui un figlio, a volte, appare essere come un intoppo alla realizzazione delle persone –legge dal suo discorso preparato – specie in ambito lavorativo, determina una disaffezione verso l’offerta di una nuova vita”.

Jacopo Dozio, consigliere regionale di Forza Italia
Jacopo Dozio, consigliere regionale di Forza Italia

“Ad esempio – aggiunge – l’inserimento nella Costituzione francese del diritto all'aborto, ossia il diritto alla soppressione di un essere umano (parole sue, consigliere) va in questa direzione” ed ecco la mirabolante uscita che dovrebbe supportare la sua tesi: “Prima di esaltarsi sulla scelta fatta dalla Francia, occorrerebbe ricordarsi che i primi Stati che hanno legalizzato l’aborto furono l’Unione sovietica e la Germania nazista. Stati di cui è ben nota la concezione dell’uomo”. Che dire di più? Consigliere, ci consenta di ricordarle giusto una cosa: l’interruzione di gravidanza, in Italia, è legge di Stato. È un diritto conquistato. Quello che facevano i nazisti o chi per loro, le guardie dell’Armata Rossa o chi per loro, era sopprimere qualsiasi forma di affermazione di sé non solo delle madri che non rientravano nei canoni stabiliti dai regimi, ma anche degli stessi feti che portavano in grembo, e non sempre – anzi quasi mai – per scelta delle gestanti.

Ma andiamo avanti, tanto la polemica, come spesso accade in casi come questo, si spegnerà nel giro di poche ore, in attesa del prossimo episodio imbarazzante. 

È di questi giorni anche la notizia che arriva da Livorno, dove l'Arcigay ha fatto condannare per diffamazione un leader locale della Lega. Il protagonista è l'ex consigliere comunale di Cecina, Lorenzo Gasperini, condannato per un post del settembre 2018 in cui, facendo gli auguri agli studenti e ai docenti per il nuovo anno scolastico, elogiava l'impegno del Carroccio a contrastare la diffusione “tra i ragazzi e i bambini dell'ideologia relativista, immigrazionista, islamista” e aggiungendo una termine omofobo, da lui coniato: “finocchista”. Che gran fantasia!

Lorenzo Gasperini, ex consigliere comunale della Lega
Lorenzo Gasperini, ex consigliere comunale della Lega

La notizia è emersa sul Tirreno, che ha spiegato che per l'uso di questo termine, valutato dal tribunale labronico come dispregiativo contro gli omosessuali, Gasperini è condannato a pagare 300 euro (pena sospesa) e a versare un risarcimento danni di altri 1.000 euro all'Associazione Led, comitato provinciale dell'Arcigay, parte civile che lo aveva querelato.

Per il leghista “è la prima sentenza in Italia per una legge che non c'è: applica il ddl Zan mai diventato legge e cassato dal Senato grazie anche alla coraggiosa opposizione di alcuni senatori del Pd, oltre che allo strenuo lavoro di Simone Pillon e Roberto Calderoli”. 

“Di fatto – spiega non contento in una nota – è una condanna rieducativa per omofobia, sullo stile dell'articolo 58 dell'Unione Sovietica (ridaje con l’Urss) che prevedeva la condanna per il generico crimine di ‘attività controrivoluzionaria’ per reprimere il dissenso e omologare le coscienze”.

E ancora, l'esponente del Carroccio, attivo in politica da anni sulla costa toscana dove è molto conosciuto, spiega che quella che gli è stata inflitta “non è solo una condanna nei miei confronti ma una minaccia alla libertà di espressione di tutte quelle persone che ancora credono che si nasca maschi e femmine, senza asterischi o lettere rovesciate. E che soprattutto credono che i bambini vadano difesi dall'indottrinamento rosso nelle scuole. I miei legali, guidati dall'avvocato Federico Pazzaglia, valuteranno il ricorso in Appello”.