Nel cuore dell’Unione Europea e della stessa Europa, l’asse del conservatorismo non smette mai di evolversi. Dopo l'attenuazione legata al cambio di leadership polacca, che ha consegnato alla storia il mandato liberticida di Mateusz Morawiecki, l’avvento di Donald Tusk sembra aver dato un minimo di respiro in più alla società di diritto di Varsavia. Ma per una Polonia che esce, c’è una Slovacchia che entra.
Niente di nuovo dato che, in realtà, la leadership di Robert Fico condiziona da anni l’impronta che Bratislava impone nei confronti di diritti e minoranze. Il tutto, ovviamente, sotto l’occhio vigile e attento di Viktor Orbán, il primo ministro ungherese tanto apprezzato anche in Italia per la sua profonda vocazione religiosa e avversa all’introduzione di nuove tutele. Come detto, la Slovacchia sta attuando politiche repressive nei confronti, in particolar modo, della comunità Lgbtq+. Ed è nella morsa geografica di Ungheria e Polonia che il 25 settembre scorso si è verificato un ulteriore grave atto di discriminazione, stavolta all’interno delle aule istituzionali.
La deputata Lucia Plaváková, membro del partito Slovacchia Progressista, è stata espulsa dal parlamento dopo che Andrej Danko, vicepresidente del Consiglio nazionale (il parlamento slovacco), ha notato gli sticker arcobaleno che la deputata aveva attaccato sul suo computer. Un atto oltraggioso, che ha profondamente diviso anche la maggioranza conservatrice. Il partito di Plaváková, infatti, ha presentato una mozione per annullare la decisione, ma l’Aula si è divisa: la socialdemocrazia populista di Hlas ha votato con l’opposizione mentre Smer, il partito del premier Fico, si è astenuto.
La stessa Plaváková, in una nota, ha annunciato che presenterà denuncia per violazione dei diritti costituzionali. La parlamentare, infatti, è anche Presidente del Comitato per i diritti umani e membro del Comitato per il diritto costituzionale: “Se questo è ciò che devo vivere come parlamentare, immaginate come devono vivere le persone Lgbt sul posto di lavoro”.
La replica di Andrej Danko e il comunicato social di Lucia Plaváková
Ascoltato in udienza, Danko ha affermato che gli adesivi sul pc della deputata includevano simboli relativi al sostegno e all’appartenenza della comunità Lgbtq+. Una presenza, secondo il vicepresidente del parlamento, considerata pubblicitaria e, di conseguenza, in contrasto con il regolamento dell’assemblea.
Dichiarazioni che non hanno certo incontrato il parere favorevole dell’avvocata e deputata slovacca, che si è lasciata andare ad un lungo post social: “Andrej Danko mi ha attaccato perché sono una persona LGBTI+ e lo dico apertamente. La sua omofobia è arrivata al punto di bandirmi dall'Aula a causa del cuore arcobaleno sul mio portatile. Rudolf Huliak mi ha attaccato nel modo più volgare, perché sono una donna e non ho paura di oppormi agli uomini della coalizione.
Ma l'attacco di oggi non riguarda solo me – aggiunge –. È un attacco a tutte le donne. In Slovacchia subiscono quotidianamente umiliazioni, insulti e violenze. E i rappresentanti della coalizione vi contribuiscono. Lo abbiamo sperimentato nel dibattito sulla prescrizione dello stupro, e lo stiamo sperimentando ancora e ancora”.