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Home » Politica » Ucraina-Russia, il pacifismo è morto. Solo Papa Francesco scende in piazza

Ucraina-Russia, il pacifismo è morto. Solo Papa Francesco scende in piazza

Nel mondo nessun movimento pacifista ha alzato la voce sulla crisi tra Kiev e Mosca. In Italia solo Bergoglio e la Comunità di Sant'Egidio si sono mobilitati. Dalla sinistra alla destra, i partiti balbettano

Ettore Maria Colombo
24 Febbraio 2022
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“Morire per Kiev?”. Proprio come il famoso “Morire per Danzica” (l’espressione, erroneamente attribuita al politico inglese Arthur Neville Chamberlain, primo ministro inglese tra il 1937 e il 1940, fu pronunciata da un deputato socialista francese, Marcel Déat, nel 1939, quando la Germania nazista occupò la città polacca mentre le coscienze occidentali, timorose verso l’aggressione hitleriana, non ne furono turbate) è un mood che non riesce ad affermarsi nelle coscienze del mondo occidentale, anche dentro la sinistra. La guerra tra Russia e Ucraina, ormai di fatto aperta, appare lontana, difficile da capire e da inquadrare.

Carri ucraini schierati al confine con la Crimea

I problemi della gente sono altri: il Covid, l’inflazione, le bollette, il lavoro, la vita quotidiana. Il movimento pacifista non esiste più. Storicamente e ideologicamente anti-americano, almeno in Italia, fa sempre fatica a schierarsi quando l’aggressore è comunista o ex comunista. Gli intellettuali impegnati, di fatto, non ci sono. Ci voleva, tanto per cambiare, il Papa.

Ci voleva, tanto per cambiare, Papa Francesco. Bergoglio, ieri, al termine dell’udienza generale, ha detto, con parole semplici e comprensibili a tutti, quello che un movimento pacifista inesistente, afono, non percepito a nessuna latitudine (in Italia come in Europa, negli Usa come negli altri Paesi) non riesce a dire: fermate la guerra, tacciano le armi, si riprenda la strada del dialogo. Il problema – che perdura ormai dalla dissoluzione dell’Urss – è che il movimento pacifista mondiale, senza che si muova il Papa e il Vaticano, balbetta incerto, non si muove. Fu così anche durante la prima (1991) e la seconda (2003) guerra del Golfo.

Papa Francesco ha invitato alla preghiera e al digiuno per la pace in Ucraina

L’appello del Papa: “Digiuno il 2 marzo per la pace”

“Provo un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell’Ucraina” spiega il Papa. “Nonostante gli sforzi diplomatici delle ultime settimane si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti”. E continua: “Come me, tanta gente in tutto il mondo sta provando angoscia e preoccupazione. Ancora una volta la pace di tutti è minacciata da interessi di parte. Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è Dio della pace e non della guerra e ci vuole fratelli, non nemici”. Poi l’invito alla mobilitazione: “Vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti. Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a farle dunque il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti, perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra”.

Un momento del sit in per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio in piazza del Pantheon a Roma, 15 febbraio 2022

L’unica a scendere in piazza: la Comunità di Sant’Egidio

Il Papa, con il suo appello, si rivolge soprattutto ai credenti, ma le sue parole sono rivolte anche ai non credenti. E il problema sono proprio: i laici, la sinistra. Totalmente assente, o balbettante, dalla scena. Non una mobilitazione, non un sit-in, non una – se non vaga e debole – parola. Persino l’unica manifestazione, seppur piccola, che si è tenuta finora, almeno in Italia (negli altri Paesi e città, da Londra a Parigi, da Berlino a Madrid, fino a New York, va pure peggio: neppure un modesto sit-in) che si è tenuta a Roma l’ha organizzata la comunità di Sant’Egidio. Lo scorso 17 febbraio, in piazza Santi Apostoli (storica sede dell’Ulivo), è stata la storica comunità pacifista (e cattolica, appunto…) romana, fondata da Andrea Riccardi, impegnata da decenni sui fronti più caldi di tutte le guerre (Africa, Bosnia, Afghanistan, Iraq) a prendere il coraggio a due mani e scendere in piazza. Non ha raccolto una folla oceanica, anzi, ma almeno ci ha provato. Queste le motivazioni: “Di nuovo il fantasma della guerra torna ad affacciarsi in Europa. Non si può accettare che nel nostro continente, già devastato nel corso del Novecento da due guerre mondiali, si possa ancora ricorrere allo strumento militare per risolvere problemi e contese. Ma non è ugualmente accettabile che la società civile resti indifferente di fronte a questa minaccia. È da troppo tempo che non si scende in piazza per la pace, lasciandola decidere solo nei palazzi” nota l’appello di Sant’Egidio, critico proprio verso il mutismo del pacifismo italiano e non. Per poi concludere: “La guerra è sempre una pazzia”, ha detto Papa Francesco. Occorre mobilitarsi subito per respingere la follia e il rischio dell’aggressione armata ma scegliere con decisione la via del dialogo e della pace”. La manifestazione è, peraltro, preveggente. Con il riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass, è solo negli ultimi giorni che la Russia di Putin ha violato, in modo formale, i confini di uno Stato autonomo (l’Ucraina) e dato vita all’escalation.

Enrico Letta, 55 anni, è segretario del Pd dal 14 marzo 2021

La sinistra è assente o inesistente

Le forze della sinistra politica (Pd, LeU, Mdp, Sinistra italiana, etc.) aderiscono ma nessuno, sostanzialmente, se ne accorge. Del resto, il maggior partito della sinistra, il Pd, è diviso tra l’imbarazzo di ritrovarsi con il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, uno dei suoi pezzi da novanta, al governo, il quale non può fare altro che fornire alla Nato supporto (basi, truppe, mezzi) e tra le spinte pacifiste della sinistra interna, peraltro assai poco pervenute. Le altre formazioni della sinistra sono minuscole, ormai, e il loro peso specifico è davvero relativo. Sono pacifiste, è vero, ma nessuno se ne accorge. Il Movimento 5 Stelle vede al governo la presenza – peraltro molto attiva, sul piano diplomatico – del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ma il pacifismo dei grillini – forte nel movimento delle origini fondato da Beppe Grillo – si è di fatto molto affievolito.

Matteo Salvini, 48 anni, guida la Lega da dicembre 2013

La destra e le ambivalenze verso la Russia

Un altro problema ancora è la destra, di governo e non. Salvini ha posizionato da diversi anni la Lega su posizioni filo-putiniane e ora mette in discussione persino le sanzioni decise dagli Usa e dalla Ue contro la Russia: le critica, in modo neppure troppo velato, perché “controproducenti” e trova, su questo punto, la comprensione dei 5s. Non va meglio con Fratelli d’Italia, mai pienamente filo-occidentale, ma anche Forza Italia alterna un fiero atteggiamento di ortodossia pro-atlantica alle note simpatie del Cavaliere per “l’amico” Putin. Draghi stesso è stato rimbrottato, in Usa, per le sue titubanze ad abbracciare la via delle sanzioni dure contro la Russia: l’Italia, come la Germania, dipende in gran parte dalle forniture di gas russo.

Una manifestazione di protesta contro la guerra del Vietnam a Milano, 1968

Dal Vietnam ai Fridays for Future, la storia (della fine) del pacifismo in Italia

Tornando al movimento e alla mobilitazione pacifista (che non c’è) fa specie che i tanti giovani scesi in piazza per i diritti civili o sui temi ecologici, quelli di Fridays for Future non abbiano fatto uno sciopero uno, una manifestazione una, una protesta una, nelle scuole e nelle università, per la pace in Ucraina, quando di solito scendono in piazza per molto meno. Certo, va detto che il movimento pacifista italiano e internazionale ha sempre sofferto di una forte ambiguità di fondo. Quello dei partigiani per la pace del secondo dopoguerra, che protestava contro la minaccia nucleare, era spalleggiato, e di fatto ‘armato’ dall’Urss sovietica e dal Pci (e stalinista). Il movimento pacifista che, negli anni Sessanta e Settanta, riempì le strade e le piazze, le scuole e le università, di migliaia di ragazzi e ragazze era non solo anti-americano (contro la guerra in Vietnam) ma anche anti-imperialista (in quel caso, anche contro l’Urss e i suoi tentativi egemonici sull’Est europeo, dai carri armati inviati a stroncare la rivolta di Praga nel 1968 all’invasione dell’Afghanistan nel 1979). Tanto che conquistò alla sua causa milioni di persone. Il movimento anti-missili e anti-nuova Guerra Fredda che, negli anni Ottanta, mobilitò le coscienze del pacifismo mondiale europeo e occidentale fu forse il più puro e politico di tutti: la protesta era indirizzata contro i missili di Reagan in Europa come contro quelli di Breznev e si unì a una forte lotta per i diritti civili e umani che gli Usa conculcavano in America latina a forza di colpi di Stato e l’Urss nell’Europa dell’Est a forza di presenza militare e repressione. Il crollo del Muro di Berlino, nel 1989, fu liberatorio e allora sì che sembrava che la Storia potesse prendere un nuovo corso: contro la proliferazione nucleare, con i vari trattati Salt, per la denuclearizzazione dell’Europa, per i diritti, anche per una rinnovata coscienza ecologista, dopo la ‘bomba’ di Chernobyl e dei suoi effetti, ma quella stagione durò troppo poco. Nel 1990, con la prima Guerra del Golfo, la vera svolta. A capo delle armate pacifiste, pur se con una base popolare solida ed estesa, si pose il Papa, allora Giovanni Paolo II. Breve replica con la Seconda guerra del Golfo nel 2004, quando l’invasione, giustificata dalla ricerca delle ‘armi di distruzioni di massa’ di Saddam Hussein che non esistevano, dell’Iraq riportò in piazza milioni di persone. Anche in quel caso, alla guida del fronte pacifista, però, c’era il Papa, lo stesso. L’ultimo conato anti-militarista dei movimenti fu quello che, agli albori degli anni Duemila, arrivò sull’onda del Movimento no-global: anti-capitalista e libertario, fu l’ultima volta che un movimento di massa, anche pacifista, fece parlare di sé e si impose, in modo prepotente, all’opinione pubblica. Dopo, anche per colpa della dissoluzione della sinistra storica (fatto che colpì non solo l’Italia, ma anche tutte le maggiori democrazie europee), più nulla. Il movimento pacifista, se si esclude il rito sempre più stanco e sempre meno partecipato della marcia per la pace annuale Perugia-Assisi, si è inabissato nel nulla senza dare più segni di sé, privo di vitalità e slanci, ma anche di una elaborazione intellettuale.

E siamo arrivati ad oggi. Parla il Papa, scende in piazza la comunità di Sant’Egidio, si prende nota di un comunicato di una serie di organizzazioni, tutte cattoliche (Azione Cattolica, Acli, Movimento dei Focolari, Comunità Papa Giovanni XXIII, Pax Christi) che invitano a un incontro, sabato, dal titolo “Per una Repubblica libera dalla guerra e dalle armi nucleari”. Fine. La sinistra politica non c’è o balbetta o si accoda. “Ed è la morte un po’ peggiore” direbbe Guccini.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
“Morire per Kiev?”. Proprio come il famoso “Morire per Danzica” (l’espressione, erroneamente attribuita al politico inglese Arthur Neville Chamberlain, primo ministro inglese tra il 1937 e il 1940, fu pronunciata da un deputato socialista francese, Marcel Déat, nel 1939, quando la Germania nazista occupò la città polacca mentre le coscienze occidentali, timorose verso l’aggressione hitleriana, non ne furono turbate) è un mood che non riesce ad affermarsi nelle coscienze del mondo occidentale, anche dentro la sinistra. La guerra tra Russia e Ucraina, ormai di fatto aperta, appare lontana, difficile da capire e da inquadrare.
Carri ucraini schierati al confine con la Crimea
I problemi della gente sono altri: il Covid, l’inflazione, le bollette, il lavoro, la vita quotidiana. Il movimento pacifista non esiste più. Storicamente e ideologicamente anti-americano, almeno in Italia, fa sempre fatica a schierarsi quando l’aggressore è comunista o ex comunista. Gli intellettuali impegnati, di fatto, non ci sono. Ci voleva, tanto per cambiare, il Papa. Ci voleva, tanto per cambiare, Papa Francesco. Bergoglio, ieri, al termine dell’udienza generale, ha detto, con parole semplici e comprensibili a tutti, quello che un movimento pacifista inesistente, afono, non percepito a nessuna latitudine (in Italia come in Europa, negli Usa come negli altri Paesi) non riesce a dire: fermate la guerra, tacciano le armi, si riprenda la strada del dialogo. Il problema – che perdura ormai dalla dissoluzione dell’Urss – è che il movimento pacifista mondiale, senza che si muova il Papa e il Vaticano, balbetta incerto, non si muove. Fu così anche durante la prima (1991) e la seconda (2003) guerra del Golfo.
Papa Francesco ha invitato alla preghiera e al digiuno per la pace in Ucraina

L’appello del Papa: "Digiuno il 2 marzo per la pace"

“Provo un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell'Ucraina” spiega il Papa. “Nonostante gli sforzi diplomatici delle ultime settimane si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti”. E continua: “Come me, tanta gente in tutto il mondo sta provando angoscia e preoccupazione. Ancora una volta la pace di tutti è minacciata da interessi di parte. Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è Dio della pace e non della guerra e ci vuole fratelli, non nemici”. Poi l’invito alla mobilitazione: “Vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti. Gesù ci ha insegnato che all'insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a farle dunque il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti, perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra”.
Un momento del sit in per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio in piazza del Pantheon a Roma, 15 febbraio 2022

L'unica a scendere in piazza: la Comunità di Sant'Egidio

Il Papa, con il suo appello, si rivolge soprattutto ai credenti, ma le sue parole sono rivolte anche ai non credenti. E il problema sono proprio: i laici, la sinistra. Totalmente assente, o balbettante, dalla scena. Non una mobilitazione, non un sit-in, non una – se non vaga e debole – parola. Persino l’unica manifestazione, seppur piccola, che si è tenuta finora, almeno in Italia (negli altri Paesi e città, da Londra a Parigi, da Berlino a Madrid, fino a New York, va pure peggio: neppure un modesto sit-in) che si è tenuta a Roma l’ha organizzata la comunità di Sant’Egidio. Lo scorso 17 febbraio, in piazza Santi Apostoli (storica sede dell’Ulivo), è stata la storica comunità pacifista (e cattolica, appunto…) romana, fondata da Andrea Riccardi, impegnata da decenni sui fronti più caldi di tutte le guerre (Africa, Bosnia, Afghanistan, Iraq) a prendere il coraggio a due mani e scendere in piazza. Non ha raccolto una folla oceanica, anzi, ma almeno ci ha provato. Queste le motivazioni: “Di nuovo il fantasma della guerra torna ad affacciarsi in Europa. Non si può accettare che nel nostro continente, già devastato nel corso del Novecento da due guerre mondiali, si possa ancora ricorrere allo strumento militare per risolvere problemi e contese. Ma non è ugualmente accettabile che la società civile resti indifferente di fronte a questa minaccia. È da troppo tempo che non si scende in piazza per la pace, lasciandola decidere solo nei palazzi” nota l’appello di Sant’Egidio, critico proprio verso il mutismo del pacifismo italiano e non. Per poi concludere: “La guerra è sempre una pazzia”, ha detto Papa Francesco. Occorre mobilitarsi subito per respingere la follia e il rischio dell’aggressione armata ma scegliere con decisione la via del dialogo e della pace”. La manifestazione è, peraltro, preveggente. Con il riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass, è solo negli ultimi giorni che la Russia di Putin ha violato, in modo formale, i confini di uno Stato autonomo (l’Ucraina) e dato vita all’escalation.
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La sinistra è assente o inesistente

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Una manifestazione di protesta contro la guerra del Vietnam a Milano, 1968

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