Venezuela, la resistenza solitaria di Maria Corina Machado dopo la fuga di Gonzalez in Spagna

La repressione dell’autoritarismo di Maduro lascia più sola che mai la leader di Plataforma Unitaria, Machado, interdetta per 15 anni da pubblici uffici e cariche pubbliche

di MARCO PILI
10 settembre 2024
Edmundo Gonzalez Urrutia e María Corina Machado (ANSA)

Edmundo Gonzalez Urrutia e María Corina Machado (ANSA)

L’autoritarismo di Maduro sta entrando nella sua fase più repressiva e violenta, rimuovendo una pedina dopo l’altra tutti i membri della coalizione di opposizione. Dopo gli oltre settanta componenti - tra consiglieri e amministrativi - del partito di opposizione Plataforma Unitaria (PU) arrestati nel corso degli scontri occorsi in seguito alle elezioni farsa del 28 luglio, le pressioni dell’apparato statale imbrigliato dal “chavista” Maduro hanno costretto alla fuga Edmundo Gonzalez Urrutia, considerato da numerose organizzazioni indipendenti e dalla coalizione di opposizione il vero presidente del Venezuela.

A luglio, infatti, gli uffici statistici ed elettorali competenti, assoggettati da anni ad un regime di privazione delle libertà più basilari, hanno proclamato la riconferma del presidente uscente senza presentare le prove dei risultati, richieste a gran voce dalla coalizione di opposizione e dal popolo, sceso in piazza a più riprese. Una serie di proteste che, data la violenza della repressione delle forze dell’ordine, ha comportato ben 27 decessi tra i manifestanti, oltre all’arresto di decine di membri di PU.

Quello esercitato del regime di Maduro nei confronti dei compagni di partito di Urrutia e María Corina Machado, non a caso, si sta sempre più profilando come un metodico repulisti dei principali avversari per il controllo non tanto delle istituzioni, saldamente ancorate nelle mani dell’autoritarismo, ma del paese. Le rivolte scoppiate per le strade di Caracas, infatti, sono state duramente represse per ordine del presidente stesso. Va inserita in questo quadro, non a caso, l’anticipazione delle festività natalizie al 1° ottobre. Un panem et circenses in salsa moderna, volto a creare “un clima di pace, felicità e sicurezza” tra la religiosa popolazione venezuelana, cattolica al 93%.

L'asilo politico ad Urrutia e il coraggio di Machado

E dopo gli arresti, le minacce e la fuga di Edmundo Gonzalez Urrutia, Maria Corina Machado risulta più in pericolo che mai. Vincitrice delle primarie di Plataforma Unitaria nel 2023 con oltre il 90% delle preferenze, Machado ha dovuto cedere il passo a Urrutia a causa di un’improvvisa quanto strategica interdizione da cariche e pubblici uffici per ben 15 anni, che le è stata ratificata subito dopo il risultato del ballottaggio. Liberale e tendenzialmente a favore di un aumento dei diritti civili e sociali, il suo slogan “libertà fino alla fine” le è valso il soprannome di “lady di ferro” venezuelana, con un chiaro riferimento a Margaret Tatcher.

In un contesto ad altissima tensione come quello degli ultimi giorni, la leader del movimento ha definito la fuga in Spagna di Urrutia come “una decisione salvavita”. Secondo l’ingegnera e politica 57enne, infatti, il candidato presidenziale avrebbe ricevuto una lunga serie di minacce che, nei mesi scorsi, lo avevano costretto a rifugiarsi nell’ambasciata dei Paesi Bassi e nella residenza privata dell’ambasciatore spagnolo, tramite le quali aveva poi fatto perdere ogni traccia della sua posizione. Un fatto che, oltre ad aver acuito gli scontri e il malcontento, si è ripetuto poche ore fa, stavolta coinvolgendo l’ambasciata argentina.

L’intervento dell’ultraliberale Milei e l’assedio dell’ambasciata di Buenos Aires

Non occorre spendere troppe parole sul perché l’ultraliberale Milei si sia apertamente schierato contro Maduro, chiedendo alla Corte Penale Internazionale di arrestare l’autocrate venezuelano per “violazione dei diritti umani”. Dopo aver ritirato i suoi diplomatici dal paese del tango, nelle scorse ore l’esercito venezuelano ha assediato l’ambasciata argentina di Caracas, rischiando di trascinare le due nazioni in un conflitto. Ma il pugno duro, mostrato tramite il dispiegamento dell’esercito e l’interruzione dell’approvvigionamento elettrico, non è riuscito a consegnare nelle mani delle forze dell’ordine altri sei membri di PU, nascosti tra le mura dell’ambasciata.

Un assedio cessato solo poche ore fa in seguito alle accuse di “pianificazione di attività terroristiche e di tentativi di attentato”, che ha lasciato spazio alla fuga in aereo di Machado. Grazie alla ferma posizione di Pedro Sanchez, primo ministro spagnolo, e di una “concessione” dello stesso Maduro, un jet dell’aeronautica iberica è riuscito ad atterrare nell’aeroporto della capitale d’oltreoceano, prelevando colui che è stato a più riprese designato come il vero presidente, con oltre il 60% delle preferenze nella turnata di luglio.

Quel che è certo, è che la situazione è ancora lontana dal trovare una risoluzione civile e fedele al diritto nazionale e internazionale. Sui suoi canali social, infatti, Machado ha lanciato ancora una voltai il guanto di sfida nei confronti di Maduro con un colpo di scena che rischia di riaccendere gli animi: “Il 10 gennaio 2025, il presidente eletto Edmundo González Urrutía presterà giuramento come presidente costituzionale del Venezuela e comandante in capo delle forze armate nazionali. Sia ben chiaro a tutti: Edmundo combatterà da fuori a fianco della nostra diaspora e io continuerò a farlo qui, al vostro fianco. Serenità, coraggio e fermezza! Venezuelani, questa lotta durerà fino alla fine e la vittoria è nostra”.