Stessa scuola, stessa modalità di voto… Anche quest’anno, alle elezioni amministrative (la data ufficiale ancora non c’è, manca il decreto del cdm, ma dal Viminale si capisce che il
primo turno si svolgerà il 3/4 ottobre e gli eventuali
ballottaggi 15 giorni dopo, il 17/18 ottobre), si voterà nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Il Viminale ha provato a chiedere ai Comuni ‘sedi alternative’ agli edifici scolastici: il termine per le risposte scadeva
il 20 luglio, ma
poche centinaia di comuni, su
oltre 5 mila, hanno aderito, indicando luoghi extrascolastici idonei. Eppure, c’è anche un piccolo fondo ad hoc di
due milioni di euro, varato con il decreto Sostegni, per fornire contributi in tal senso, ma
sindaci e Anci hanno fatto per lo più orecchie da mercante.
Corsico elezioni al ballottaggio in una scuola foto Spf/Ansa
Un calendario ‘da brivido’ e la campagna ‘anti-seggi’
Resta un ‘calendario’, quello scolastico, da brividi: per la gioia degli studenti ‘fannulloni’, appena si riaprirà l’anno scolastico, a metà settembre, ecco che, ai primi di ottobre, quasi una settimana sarà bruciata dalle operazioni di voto in
1300 comuni (tra cui
sei capoluoghi di regione e
15 di provincia), una
Regione (la Calabria) e
seggi uninominali per suppletive (
Siena e
Roma).
Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva, ha lanciato – inascoltata - una campagna contro i seggi nelle scuole, subito raccolta dal mensile e magazine del non profit, Vita.it: "La scuola è un servizio pubblico ed è assurdo sospendere un servizio di pubblica utilità quando è possibile trovare sedi alternative. Ancor di più in questa situazione di pandemia". "Bisogna far capire – continua Bizzarri - che cambiare si può: votare nelle scuole è una tradizione quasi solo italiana, probabilmente comoda, ma certamente non è inevitabile. è utile cominciare a sperimentare alternative, per farsi trovare pronti per le prossime elezioni politiche".
La risposta (parziale) del Parlamento
Sulla questione «stop seggi nelle scuole» stanno lavorando da diversi mesi
Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, e
Vittoria Casa, presidente della commissione Cultura, entrambi M5S. È loro
l’emendamento al dl Sostegni che istituisce il fondo da 2 milioni di euro (ne erano stati chiesti di più) per dare contributi ai Comuni che, entro il 15 luglio 2021, hanno individuato sedi alternative da destinare a seggio elettorale, poi nel Sostegni bis.
Ma perché, in Italia, si vota nelle scuole?
La risposta, ovviamente, è banale: perché sono considerate le strutture architettoniche
più adatte con grandi aule e lunghi corridoi per l’attesa del voto, per controllare meglio le file ai seggi e ‘piantonare’ i seggi stessi. Per legge, inoltre, non si può votare
nelle caserme né nelle sedi dei partiti, né in alcun luogo che
appartenga a privati. Eppure, per allestire i seggi, si potrebbero usare altre strutture: i
municipi, le
anagrafi, gli
uffici regionali, i molti edifici amministrativi pubblici che di solito restano chiusi nel weekend. Eppure, finora non è stato fatto, sacrificando le scuole.
Gorgonzola, referendum del 20 settembre 2020: i seggi furono allestiti nella palestra del centro sportivo, alleviando il carico sulle scuole
Le possibili alternative ai seggi
Certo, in Italia, dicono i dati del ministero dell’Interno, ci sono ben
51.041 sedi scolastiche. Ecco, perché, da decenni, i due terzi delle scuole ospitano elezioni di tutti i generi e referendum. Dei circa
62 mila seggi elettorali italiani, quasi
55 mila (l’88%) sono edifici scolastici e, in particolare, sono edifici destinati alla didattica il 75% dei fabbricati che ospitano uno o più seggi. Il risultato è, dunque, che 5 milioni di studenti, anche quest’anno - senza dire dell’anno scorso, di fatto perso, Dad o meno, a causa della pandemia -
perderanno una settimana intera di scuola: due per il
primo turno, e due per i
ballottaggi, uno di
preparazione dei seggi, uno per gli
scrutini, uno per le relative
operazioni di sanificazione, Totale, sette giorni. Una settimana di scuola in fumo.
L'esempio di Bergamo e Pordenone
Nel 2020, a pandemia appena scoppiata, si era cercato di introdurre qualche – timida – miglioria. Il ministero dell’Interno aveva avviato un apposito gruppo di lavoro per incentivare i Comuni a rinvenire sedi elettorali idonee al di fuori delle scuole, ma, stando ai dati, solo 471 comuni (il 9% del totale di città al voto nel 2020, 5143), su un totale dei comuni italiani che è 7093, sono riusciti nell’impresa di trovare sedi diverse, spostando 1.464 sezioni (il 2%). A
Pordenone hanno allestito i seggi nei
padiglioni fieristici e, a
Bergamo, città fra le più funestate dalla pandemia, più di 4 mila elettori (circa la metà degli aventi diritto) hanno votato non a scuola, ma
nel municipio o in altre piccole strutture comunali, come i
circoli di ritrovo per la terza età. Piccoli rimedi a un male che resta molto grande