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Home » HP Trio » Libri oltre le sbarre: nelle prigioni della Bolivia i detenuti più leggono e più la pena si accorcia

Libri oltre le sbarre: nelle prigioni della Bolivia i detenuti più leggono e più la pena si accorcia

Il progetto "Books behind the bars" per promuovere l'alfabetizzazione tra i carcerati e permettere loro di sperare in un futuro migliore una volta usciti

Marianna Grazi
7 Maggio 2022
bolivia

bolivia

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Quando leggere per essere liberi non è più solo un modo di dire. I detenuti nelle carceri della Bolivia possono diminuire la loro pena di alcuni giorni e perfino settimane leggendo libri. Una notizia che scalda i cuori, anche quelli più aridi di comprensione e solidarietà verso le persone che, a causa di un errore, stanno trascorrendo parte della loro vita dietro le sbarre. E si richiama proprio a queste il programma in questione, come spiega il sito d’informazione AJ+, “Books Behind Bars“, che si ispira a un progetto simile realizzato in Brasile.

Due obiettivi

Duplice l’obiettivo, ed entrambi nobili: promuovere l’alfabetizzazione e ad aiutare le persone a superare il periodo di detenzione. I partecipanti al programma leggono i libri e fanno test di comprensione della lettura per ottenere certificati che equivalgono a uno ‘sconto di pena’. Una detenuta, che aderisce a “Books Behind Bars” afferma: “Quando leggo, sono in contatto con l’intero universo. I muri e le sbarre scompaiono”. È esattamente questo ciò che un difensore civico locale sostiene sia l’obiettivo: anche se il periodo di detenzione ridotto non è molto, aiuta i carcerati a non sentirsi intrappolati mentre affrontano il lento sistema giudiziario del Paese.

In Bolivia i detenuti possono leggere libri per accorciare la loro pena detentiva: un modo anche per dare loro una formazione di base e una speranza di vita

Detenuti lavoratori

“Ci sono persone qui, per esempio, che stanno imparando a leggere – prosegue la detenuta ai microfoni di AJ+ –. Che entrano [in prigione] senza saper né leggere né scrivere. Books Behind Bars ci dà l’opportunità di imparare a farlo”. Per ogni libro letto, i carcerati di solito ricevono un certificato di 40 ore di tempo libero. Ma la lunghezza del libro può anche cambiare il numero di certificati che ottengono. Gli ‘ospiti’ delle carceri boliviane sono anche costretti a procurarsi da mangiare e a pagare le spese processuali. Per questo lavorano per alcuni clienti fuori dalla prigione, cucinando, lavando e cucendo per loro, e guadagnano circa 1 dollaro all’ora. “Il momento prima puoi avere dei libri con te e quello dopo possono sparire mentre stai lavorando – spiega un’altra carcerata –. Le persone qui buttano via i libri, o possono bruciarli o semplicemente portarli via, perché sanno che li amiamo. Ecco perché è un grande sacrificio creare un legame con questi volumi in un posto come questo”.

carcerato_Bolivia
Per i carcerati in Bolivia ogni libro vale uno ‘sconto di pena’ di 40 ore

Una speranza di vita

Più di 800 detenuti fanno parte del programma, che è stato lanciato in 47 prigioni che non dispongono di fondi per l’istruzione, la reintegrazione o programmi di assistenza sociale. Nadia Cruz, un difensore civico, dichiara: “Abbiamo visto la situazione nelle carceri, al di là di come si vede fuori, con tutti i problemi e le lamentele che esistono nelle nostre prigioni. Ci sono donne e uomini con pochissima speranza di vita o di sviluppare i loro progetti di vita”. I carcerati nelle prigioni in Bolivia superano del 270% la capacità massima a causa della lentezza del sistema giudiziario. Per questo anche solo dare loro la possibilità di sognare un’altra vita, immergendosi nel fantastico mondo delle parole scritte, e la possibilità con esse di realizzare questo sogno, è un piccolo grande traguardo. E un punto di partenza, perché non è mai troppo tardi per ricominciare.

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Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Quando leggere per essere liberi non è più solo un modo di dire. I detenuti nelle carceri della Bolivia possono diminuire la loro pena di alcuni giorni e perfino settimane leggendo libri. Una notizia che scalda i cuori, anche quelli più aridi di comprensione e solidarietà verso le persone che, a causa di un errore, stanno trascorrendo parte della loro vita dietro le sbarre. E si richiama proprio a queste il programma in questione, come spiega il sito d'informazione AJ+, "Books Behind Bars", che si ispira a un progetto simile realizzato in Brasile.

Due obiettivi

Duplice l'obiettivo, ed entrambi nobili: promuovere l'alfabetizzazione e ad aiutare le persone a superare il periodo di detenzione. I partecipanti al programma leggono i libri e fanno test di comprensione della lettura per ottenere certificati che equivalgono a uno 'sconto di pena'. Una detenuta, che aderisce a "Books Behind Bars" afferma: "Quando leggo, sono in contatto con l'intero universo. I muri e le sbarre scompaiono". È esattamente questo ciò che un difensore civico locale sostiene sia l'obiettivo: anche se il periodo di detenzione ridotto non è molto, aiuta i carcerati a non sentirsi intrappolati mentre affrontano il lento sistema giudiziario del Paese.
In Bolivia i detenuti possono leggere libri per accorciare la loro pena detentiva: un modo anche per dare loro una formazione di base e una speranza di vita

Detenuti lavoratori

"Ci sono persone qui, per esempio, che stanno imparando a leggere – prosegue la detenuta ai microfoni di AJ+ –. Che entrano [in prigione] senza saper né leggere né scrivere. Books Behind Bars ci dà l'opportunità di imparare a farlo". Per ogni libro letto, i carcerati di solito ricevono un certificato di 40 ore di tempo libero. Ma la lunghezza del libro può anche cambiare il numero di certificati che ottengono. Gli 'ospiti' delle carceri boliviane sono anche costretti a procurarsi da mangiare e a pagare le spese processuali. Per questo lavorano per alcuni clienti fuori dalla prigione, cucinando, lavando e cucendo per loro, e guadagnano circa 1 dollaro all'ora. "Il momento prima puoi avere dei libri con te e quello dopo possono sparire mentre stai lavorando – spiega un'altra carcerata –. Le persone qui buttano via i libri, o possono bruciarli o semplicemente portarli via, perché sanno che li amiamo. Ecco perché è un grande sacrificio creare un legame con questi volumi in un posto come questo".
carcerato_Bolivia
Per i carcerati in Bolivia ogni libro vale uno 'sconto di pena' di 40 ore

Una speranza di vita

Più di 800 detenuti fanno parte del programma, che è stato lanciato in 47 prigioni che non dispongono di fondi per l'istruzione, la reintegrazione o programmi di assistenza sociale. Nadia Cruz, un difensore civico, dichiara: "Abbiamo visto la situazione nelle carceri, al di là di come si vede fuori, con tutti i problemi e le lamentele che esistono nelle nostre prigioni. Ci sono donne e uomini con pochissima speranza di vita o di sviluppare i loro progetti di vita". I carcerati nelle prigioni in Bolivia superano del 270% la capacità massima a causa della lentezza del sistema giudiziario. Per questo anche solo dare loro la possibilità di sognare un'altra vita, immergendosi nel fantastico mondo delle parole scritte, e la possibilità con esse di realizzare questo sogno, è un piccolo grande traguardo. E un punto di partenza, perché non è mai troppo tardi per ricominciare.
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