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Il cosplay rompe le barriere e i pregiudizi: "Liberi di essere noi stessi"

Uno strumento di espressione, ma anche un'arma contro le discriminazioni. Le testimonianze di noti cosplayer che con i loro personaggi promuovono l'inclusione

di TERESA SCARCELLA -
6 novembre 2023
L'arte del cosplay come strumento per abbattere le barriere e le discriminazioni. Le maschere, il travestimento, è a tutti gli effetti una modalità di espressione, di comunicazione, che ha come oggetto la propria essenza. Pur nei panni di qualcun altro si esprime se stessi, ciò che di quel personaggio ci rappresenta di più, ci fa sentire meno soli.
 
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Ed ecco che il travestimento può diventare sì un luogo dove trovare riparo, uno scudo dietro al quale sentirsi più sicuri, ma paradossalmente spesso è una lente di ingrandimento su noi stessi, con pregi e difetti, forze e fragilità. Ci si ricopre di strati e strati di trucco, sotto parrucche e abiti appariscenti, ma allo stesso tempo ci si mette a nudo di fronte agli altri. Nell'essere tutto quello che si vuole, in fin dei conti si è solo se stessi. Con tutto ciò che ne consegue. Le barriere che abbatte il cosplay sono, quindi, multiple: convenzioni sociali, gli stereotipi, etichette e confini, ma sono anche i muri alzati verso e dagli altri. "La natura umana è fatta di giudizi e pregiudizi, mettersi un cosplay è come salire su un palco, mettersi sotto le luci e questo vuol dire inevitabilmente esporsi al giudizio altrui, che a volte può essere negativo".

I protagonisti: cosplay e persone

A parlare di questi temi sono quattro noti cosplayer che, sul palco del Lucca Comics & Games, hanno portato i loro personaggi, ma soprattutto loro stessi, con le loro esperienze personali. Gaia Giselle, cosplayer da oltre dieci anni, ha parlato del rapporto con il suo corpo, del bodyshaming che ha dovuto affrontare e della malattia genetica con cui convive, una sindrome che causa un eccessivo indebolimento e lassità del tessuto connettivo, nonché delle difficoltà legate al fatto che sia una delle cosiddette "malattie invisibili" (che poi sono tali solo a occhi esterni).
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Gaia Giselle nei panni di Mercoledì Addams (Instagram)

"Mi sono riappropriata del mio corpo"

"Venivo presa in giro per il mio fisico, cercavo di nascondermi, non ho mai avuto un bel rapporto con il mio corpo - ha raccontato - Attraverso il cosplay me ne sono di nuovo impadronita, tra l'altro attraverso un personaggio che sta quasi sempre in bikini. Grazie a lei sono riuscita a sentirmi più sicura del mio corpo, ho iniziato a postare foto e questo mi ha esposto a commenti negativi, ha innescato di nuovo quel meccanismo che mi ha mandato ancora una volta in crisi.

Ho avuto problemi con il cibo fino a quando mi sono detta: ma che me frega di quello che dicono, perché farmi condizionare. Ci sarà sempre qualcuno che penserà male di me, perché è così: c’è sempre qualcuno che ha qualcosa da ridire. Io sono felice, sto bene con me stessa, perché farmi condizionare".

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Feramis (Instagram)

"Le maschere aiutano a esorcizzare l'inspiegabile"

Feramis è un'attivista, relatrice ed educatrice. Vecchia conoscenza di Luce!, con lei abbiamo parlato l'anno scorso della sua patologia rara.

"Le maschere sono ataviche. L'essere umano le ha sempre usate per esorcizzare l’inspiegabile o raccontare storie. E oggi ci sono i cosplay. Il bullismo l’ho sempre sperimentato da che ho memoria per la mia mutazione, ma non mi è mai importato: sono palesemente diversa e orgogliosa di esserlo - ha detto - Tutti giudichiamo, anche il giudizio è atavico, usato per proteggersi da una minaccia. Al giorno d’oggi il giudizio arriva sul e dal prossimo, se non si spiega questo ci si sente sopraffatti. Il bodyshaming io lo subisco anche senza cosplay, ma che devo dire: non hanno un hobby io ce l’ho".

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Nennella Esposito (Instagram)

"Ci vuole coraggio per aprirsi agli altri"

Nennella Esposito, drag queen nerd e napoletana (come si definisce), con una semplicità invidiabile riesce a toccare punti veramente profondi.

"Quello che ho vissuto io, e che mi è stato diagnosticato tardi, è lo spettro dell’autismo - ha raccontato - La conseguenza spesso è l'emarginazione, ti fanno sentire in difficoltà. È il motivo che mi ha spinto a diventare un Hikikomori per cinque anni, di cui ho un ricordo molto vago. Il personaggio che interpreto mi ha aiutato tanto: indossare una maschera è stato un modo per tirare fuori un lato che non è sbagliato, è semplicemente parte di me.

La cosa bella è che quando ho tolto la maschera, mi sono reso conto che chi mi seguiva mi voleva bene lo stesso. Così è avvenuta la riconciliazione tra i due me. I messaggi che mando sono quelli che avrei voluto sentire dire io nel mio periodo più buio. Credo sia facile essere cinici, è un meccanismo di difesa anche quello, ma bisogna avere il coraggio di essere gentili anche quando gli altri non lo sono con te e il cosplay è stato un modo per aprirmi agli altri".

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ArsenioAJ (Instagram)

"Nessuno può farmi sentire insicuro"

L'esperienza di ArsenioAJ, invece, è legata al colore della sua pelle: "Spesso mi sono sentito dire che non potevo rappresentare un personaggio perché avevo la carnagione diversa - ha spiegato - Ma a me va bene così, non voglio essere quel personaggio, ma la mia versione dello stesso. La mia passione riguarda me e nessuno me la toglie, nessuno potrà farmi sentire insicuro. Quello che porto mi dà tanta sicurezza perché lo creo io dall'inizio alla fine. Tante cose che mi sono state detto non hanno mai avuto importanza, quello che ho creato è mio e mi piace".