In Islanda, la mattina del
24 ottobre 1975, venticinquemila donne si svegliarono e incrociarono le braccia: non andarono a lavoro, né cucinarono, non accudirono i loro figli e non pulirono neanche le loro case. Quel giorno, chiamato “kvennafri”, cioè giorno libero femminile, gli uomini islandesi dovettero prendere il posto delle proprie mogli, compagne, colleghe, che erano radunate nella piazza centrale di Reykjavík per dimostrare all’intero Paese quanto non fosse possibile andare avanti senza di loro.
Lo sciopero delle islandesi
Nonostante siano passati ben 48 anni da quel giorno, e nonostante l’Islanda si sia aggiudicata per il 14esimo anno consecutivo la prima posizione per quanto riguarda
l’uguaglianza di genere, ancora oggi 1 donna su 3 ha subìto violenza nella propria vita e il divario in alcune professioni risulterebbe ancora troppo alto, avvicinandosi al 21%.
Lo sciopero a Reykjavík del 24 ottobre 1975. (Women’s history archive)
Una percentuale che, confrontata col resto d'Europa ma anche guardando al mondo intero non sembra poi essere così clamorosa, ma proprio per questo, quando si trova il pelo nell'uovo dell'eccellenza è giusto farlo notare, perché altri Stati possano essere spronati ad agire in tal senso. Per questo motivo, martedì 24 ottobre 2023,
le donne e le persone non binarie d’Islanda entreranno in uno
sciopero di 24 ore per protestare contro le violenze di genere e le disparità di retribuzione salariale. La prima ministra Katrín Jakobsdóttir ha annunciato, oltre alla sua partecipazione, il coinvolgimento di oltre 30 associazioni nel corteo; corteo che prevede una mobilitazione senza pari e potrebbe aggiudicarsi il titolo di più grande sciopero femminile nella storia del Paese.
La parità salariale in Islanda
Dal 2017 è inoltre sancita una
legge che impone a società e aziende di certificare che lo
stipendio delle lavoratrici e dei lavoratori sia
uguale a parità di mansioni lavorative.
La prima ministra Katrín Jakobsdóttir
Per questo, la richiesta delle organizzazioni che parteciperanno allo sciopero, è quella di rendere pubblici gli stipendi nei quali si hanno più lavoratrici femminili, come l’assistenza e le pulizie, e nei quali gli stipendi risulterebbero ancora molto più bassi. E infatti, secondo il
Global Gender Gap Index del 2023, ancora nessun paese al mondo ha raggiunto la piena parità di genere e anzi, al ritmo attuale, il raggiungimento della piena parità tra i generi
è previsto per il 2154, quindi tra 131 anni. E l’Italia? Secondo il Report 2023, il Belpaese si posiziona
al 79° posto su 146 Paesi, dopo la Georgia, il Kenya e l’Uganda, calando in classifica di 13 posizioni rispetto all’anno scorso.
Lo slogan: Tu chiami questa uguaglianza?
Lo slogan dello sciopero islandese previsto per il 24 ottobre è: “
Tu chiami questa uguaglianza?” e pare accompagnerà quello che molto probabilmente sarà il primo sciopero di 24 ore consecutive. "Stiamo tutti combattendo lo stesso sistema, siamo tutti sotto l’influenza del patriarcato, quindi abbiamo pensato che dovremmo unire le nostre lotte”, ha spiegato la prima ministra Steingrímsdóttir la quale, con un pizzico di ironia, ha esposto la sua preoccupazione riguardo il funzionamento del suo stesso ufficio, in quanto tutte le lavoratrici donne saranno assenti, intente a scioperare.
Lo slogan della prima manifestazione femminile di 24 ore: "Tu questa la chiami uguaglianza?"
La piaga della disparità di genere piomba addosso
fin da bambine è normale che esse svolgano più faccende domestiche quotidiane rispetto ai fratelli maschi. C’è chi la chiama “scelta”, questo subdolo obbligo delle donne di avere posti di lavoro meno pagati. Ma non può e non deve essere chiamata così, se l’unica alternativa è quella di abbandonare casa e figli al proprio destino. Quanto sarebbe bello se, allo sciopero del 24 ottobre, la piazza centrale di Reykjavík si riempisse anche di uomini che lottano a fianco delle colleghe, delle mogli, delle sorelle, anche loro in prima linea per una parità e dei diritti che non devono più essere rimandati?