Alice De André porta a teatro i “supereroi” con Asperger

Figlia e nipote d'arte innamorata del teatro, ha sofferto di bullismo e porta addosso la responsabilità di un cognome pesante. In scena il 19 ottobre al Teatro Gerolamo di Milano con lo spettacolo “Take me aut - L'eroe che è in me”, che ha scritto e dirige

di GIOVANNI BALLERINI
18 ottobre 2024
Progetto senza titolo - 1

Alice De André

Ha solo 25 anni Alice De André, ma sembra avere davvero le idee chiare e si impegna a più non posso per raggiungere i suoi obiettivi. Lo fa soprattutto a teatro, che è una dimensione espressiva che ama alla follia. Figlia del cantautore Cristiano De André e dell’ex ballerina della Scala Sabrina La Rosa, nonché nipote del grande Faber, è nata in Sardegna, a Tempio Pausania nel 1999 e ora vive a Milano, dove il 19 ottobre 2024 porta in scena al Teatro Gerolamo (Piazza Cesare Beccaria 8 – 20122) lo spettacolo che ha scritto e di cui cura la regia.

Si chiama “Take me aut - L'eroe che è in me” ed è stato realizzato in collaborazione con la Fondazione Un Futuro per l'Asperger ONLUS. “Abbiamo fatto due anteprime a giugno, ci hanno chiesto di riportarlo in scena il 19 ottobre, poi ci piacerebbe portarlo in giro in tournée”.

Alice De André
Alice De André

Com'è nato questo suo impegno con i ragazzi con Asperger? “Ho iniziato a collaborare con la scuola come volontaria un po' di anni fa: andavo lì a dare una mano, tenevo lezioni ai forum e poi, conoscendo meglio i ragazzi, mi sono resa conto che un corso di teatro sarebbe stato utilissimo per loro, perché le difficoltà dei ragazzi con l'Asperger li investono principalmente dal punto di vista relazionale. Il teatro ha a che fare molto con le relazioni, e secondo me poteva essere già il terapeutico di per sé. Ho capito che per loro poteva essere una grande cosa, per cui ho fatto un master in pedagogia teatrale e ho preso la certificazione e poter insegnare.

Poi, un paio di anni fa, ho fatto un laboratorio di prova di 10 incontri, per vedere se effettivamente fosse una cosa fattibile. Visto che il risultato è stato estremamente positivo, l'anno scorso ho deciso di iniziare un corso da novembre fino a giugno con l'idea di fare un stage finale, che poi alla fine si è trasformato in un vero e proprio spettacolo. Il direttore artistico del Teatro Gerolamo di Milano si è interessato a questo progetto, mi ha contattato e mi ha detto che voleva ospitare lo spettacolo”.

E da dove è venuta l’idea di puntare su questo viaggio dell'eroe? “Lavorando con i ragazzi. In classe ogni lezione propongo un laboratorio diverso. Magari emotivo o di improvvisazione. Un giorno ho scelto spronarli a tuffarsi in questo viaggio dell'eroe: ciascuno di loro si è dovuto interrogare su chi e che cosa fosse un eroe per lui, elaborando un personale significato di eroe. I ragazzi sono molto appassionati del mondo della Marvel e, tendenzialmente, a tutto quello che ha a che fare anche con la fantascienza.

Gli eroi che mi hanno evidenziato nel corso sono stati vari: si passa da Forrest Gump a San Gamgee del Signore degli Anelli, da Batman, a Spiderman, da Iron Man, ad Aquaman, a tutti i men possibili e immaginabili. Ci siamo anche interrogati sul perché questi fossero degli eroi, se fossero i super poteri a renderli effettivamente tali e abbiamo analizzato la figura dell'eroe a 360° chiedendoci se questi personaggi sarebbero stati in grado di superare le proprie paure senza l'uso dei super poteri.

Alla fine è emerso che le paure dei loro personaggi preferiti sono le paure che abbiamo tutti noi. Non ci restava che umanizzare la figura e lo abbiamo fatto, visto che il senso di questo percorso è che possiamo essere tutti eroi. Quando chiesi ai ragazzi quando si sono sentiti eroi nella loro vita, sono rimasti tutti straniti, quasi come se fosse impossibile. Poi, però portando la figura dell'eroe ad un livello umano ci siamo resi conto che in realtà un po’ eroi lo siamo tutti, soprattutto loro perché comunque mettersi in gioco così non è da poco”.

La locandina dello spettacolo TakeMeAut
La locandina dello spettacolo TakeMeAut

Continuerà a collaborare con la Fondazione Un Futuro per l'Asperger ONLUS?

“Certo, continueremo, con questi allievi, il corso di teatro: faranno parte del secondo anno di corso, ma ne attiverò un altro per le new entries. Con tutti a giugno faremo nuovi spettacoli, ormai il Teatro Gerolamo si è affezionato a noi e vuole ospitare o nuovi spettacoli che faremo”.

Quando è scattato il suo amore per il teatro? “Da piccola, grazie ad un saggio di danza andato male. Mia mamma era ballerina ed essendo io l'unica sua figlia femmina mi ha iscritto subito a danza classica per poi rendersi conto che non ero minimamente portata. Ero più un'accentratrice: mi sono piantata in mezzo al palco a 7 anni durante lo stage a urlare: “Ciao Milano, eccomi sono qui sono Alice”. I miei mi hanno tolta dal corso di danza e mi hanno iscritta a teatro e da lì è nato questo grande amore per il palcoscenico che mi ha portata a sperimentare un po' di tutto: da fare l'attrice a fare la presentatrice, ma mi sono misurata anche con la stand up comedy. Adesso poi ho iniziato a scrivere a fare la regia e a insegnare. Mi piace proprio tutto quello che ha a che fare con il teatro”.

Con la musica invece che rapporto ha? “Sono un appassionata di musica, che è sicuramente nel Dna della mia famiglia e parte della mia vita, ma non la pratico in prima persona. Nello spettacolo ‘Take Me Out’ ho messo tantissima musica, ma sento che non è il mio campo”.

Quali sono i suoi rapporti con suo padre dal punto di vista anche artistico? “Stiamo iniziando a collaborare. Abbiamo lavorato per la prima volta insieme a luglio in uno spettacolo a Genova ai parchi di Nervi in cui io presentavo. Lui è venuto a suonare. È stato molto bello condividere il palco e sarebbe bello riuscire a fare di nuovo qualcosa insieme Insomma ci piacerebbe rifarlo. Credo che in realtà la musica e la recitazione, cantare e fare l'attore si somiglino molto. Forse sono le due arti che si assomigliano di più”.

TakeMeAut (ph. Matilde Tonetti)
TakeMeAut (ph. Matilde Tonetti)

Che rapporto ha invece con le canzoni di Fabrizio De André? “La respiro da sempre. L'arte di mio nonno è stato il mio modo di conoscerlo perché non ho potuto farlo di persona: lui è mancato a gennaio io sono nata a maggio quindi l'ho conosciuto attraverso i racconti di famiglia ma soprattutto attraverso la sua musica, la sua arte, le sue parole grandi valori, che sono parte di me e della persona che sono oggi”.  

Ha recitato anche in un lavoro dedicato a un amico di suo nonno, Paolo Villaggio “È uscito l'anno scorso il film, la fiction ‘Come è umano lui’: io ho preso parte al progetto in una parte molto piccola. Però è stato molto bello girare a Genova e ci sono delle scene in cui dialogo con il ragazzo che interpreta mio nonno: è stato surreale e molto divertente”.

Oltre a questo spettacolo sull’eroe, ha altro in cantiere? “Ho appena finito uno spettacolo con Morgan in cui abbiamo unito anche lì teatro e canzone perché abbiamo fatto uno spettacolo su mio nonno, facendo un'analisi di alcuni brani. E’ un lavoro che ci piacerebbe portare in giro, probabilmente lo faremo la prossima primavera adesso abbiamo un po' di opzioni possibili. Ancora non ha un titolo definitivo, quello provvisorio è ‘Morgan e Alice raccontano De Andrè’. Ci piacerebbe lavorare al progetto, farlo crescere e vedere dove ci porta questa cosa. A novembre sarò invece a Lamezia Terme per fare lì un laboratorio con dei ragazzi del liceo e dei ragazzi Asperger. Abbiamo deciso di provare ad unire le due cose: penso sia molto utile soprattutto perché avrò a che fare con ragazzini di 16-17 anni e mi interessa sensibilizzarli in un'età così delicata. Alla fine del laboratorio di teatro farò con loro uno spettacolo che andrà in scena il 18 novembre al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme”.

Sembra molto matura per avere solo 25 anni? “Sono cresciuta velocemente. Per me è un onore immenso portare il mio cognome, ma anche una grande responsabilità. Questo ha contribuito a farmi crescere in fretta. Doversi interfacciare con determinate realtà prima del tempo, avere a che fare con gente ignorante che fa paragoni dove non devono esistere. C'è l’essenza di mio nonno nel mio lavoro, ma il mio cognome non mi definisce: è un onore chiamarmi De André, ma io sono Alice, sono un'altra cosa”.

È vero che hanno provato a bullizzarla per quello? “Sì, ho sofferto di bullismo parecchio da bambina e anche da ragazza. Tante mie compagne di scuola mi erano ostili. Anche per questo ho bruciato un po' di tappe: ero un po' più grande rispetto alle mie coetanee e di conseguenza stavo un po' più per i fatti miei. Ho sempre frequentato delle scuole che non mi rappresentavano molto, in cui non mi trovavo nei discorsi che venivano fatti, ero un outsider, come si dice. E, l'outsider non è mai visto bene. Siccome non mi capivano, mi giudicavano e si inventavano storie su di me. Avevano creato questo gruppo su Facebook che si chiamava Vendetta contro l’Alice De André in cui scrivevano le peggiori cose che mi volevano fare. Non so per quale motivo, non l'ho mai capito. Anni dopo mi ha scritto una delle bulle di allora chiedendomi scusa per tutto quello che mi aveva fatto e mi ha fatto i complimenti perché comunque ho raggiunto degli obiettivi: delle cose sono riuscita a farle. L'avrà saputo, non so. In ogni caso gli anni delle medie del liceo non sono stati meravigliosi. Poi quando mi sono diplomata e sono andata a studiare in accademia, è cambiato tutto, ho trovato persone più affini a me e mi sono ritrovata”.