
Il cast di 'Mare Fuori 5'
I fan impazziscono e RaiPlay, la piattaforma streaming della Rai, va in tilt. È successo con l’uscita dei primi sei episodi della fortunatissima "Mare Fuori", ormai giunta alla sua quinta stagione. Sembra essere andata meglio due giorni fa, quando sono stati rilasciati gli ultimi sei episodi finali. Dal 26 marzo Rai2 ne ha iniziato la trasmissione in chiaro. Dal suo arrivo su Netflix nel 2022, è scoppiata una vera e propria "Mare Fuori mania": dal merchandising più variegato alla creazione di spettacoli teatrali e spin-off a tema. La prosecuzione della serie è già stata confermata, nonostante i numerosi buchi di trama, le storie di personaggi lasciate in sospeso e un cast completamente rivoluzionato rispetto alle prime stagioni. Tuttavia, tra le romanzatissime storie d’amore dei protagonisti, sembra essersi perso il messaggio originale della serie: raccontare il disagio giovanile a tutto tondo, sottolineando come non esistano ragazzi buoni o cattivi, ma contesti e situazioni che influenzano la nostra vita e la percezione della realtà.
L’approccio di Di Martino alla regia
La quinta stagione di "Mare Fuori" ha segnato un cambio alla regia: Ludovico Di Martino ha preso il testimone lasciato da Ivan Silvestrini. In un’intervista a Fanpage, Di Martino ha raccontato il suo approccio alla serie, partendo da un lavoro di introspezione e da un esperimento con i giovani attori sul tema dei social media: “Quello dei social è un aspetto che mi disturba (…) ho capito che poteva essere un'arma a doppio taglio. Sono stato due anni senza Instagram, lo uso pochissimo (…). Non sono un grande frequentatore dei social e periodicamente vado in giro con un telefono che non ha internet per non essere connesso h24”, ha spiegato il regista.

"In carcere non è previsto l'uso di telefoni o smartphone, già è tanto se viene concesso di passare delle ore guardando la televisione sui canali generalisti. Chiesi ai ragazzi di passare un'ora seduti al tavolino di un bar lasciando il telefono a casa: l'hanno vissuta come se avessero visto Dio su una montagna. Fa riflettere, anche solo questo: pensare che un’ora passata da soli, in silenzio, possa avere un impatto così forte sulle nostre vite. Ho usato quelle sensazioni per far loro immaginare cosa significhi stare 14-15 ore al giorno non in un bar, ma in una cella”.

Di Martino racconta di aver ricevuto copioni che suggerivano un “rientro claustrofobico” nella storia: “C'era la necessità di tornare nel carcere più di quanto non si fosse fatto nella quarta stagione. I personaggi, poi, hanno meno a che fare con le relazioni, l'amore, l'amicizia: sono alle prese con loro stessi, messi costantemente davanti a uno specchio per fare i conti con le proprie verità, le proprie colpe. Il racconto individuale ha reso questa quinta stagione più introspettiva, implosiva: è un mare dentro più che un mare fuori”. Ed è così che sono stati aggiunti nuovi spazi al carcere, mentre altri sono stati modificati: la sala comune, dove i ragazzi appaiono ammassati, è diventata più piccola e opprimente, mentre nei cortili le reti che li delimitano sono state rese più evidenti. I protagonisti si muovono all’interno di vere e proprie “gabbie”, per rendere il senso di prigionia ancora più tangibile.
Il mondo dei carceri minorili dopo il decreto Caivano
Questa nuova stagione di "Mare Fuori" è stata realizzata dopo l’entrata in vigore del cosiddetto decreto Caivano, varato a settembre 2023, che ha aggravato la situazione negli Istituti Penali per Minorenni (IPM) in Italia. Il numero di presenze nei carceri minorili – sempre più fatiscenti e abbandonati a se stessi – è aumentato del 50%, ma non a seguito di un incremento dei reati. Sembra sempre più lontana l’idea di un sistema carcerario rieducativo piuttosto che puramente punitivo. “Mare Fuori, in questo, rischia di staccarsi dalla realtà, perché quello che viene proposto è un sistema più accogliente, con educatori, il comandante e la direttrice che lavorano attivamente con i ragazzi e li aiutano a conquistarsi una seconda possibilità”, spiega Di Martino. Prima dell’inizio delle riprese, il regista ha trascorso una giornata all’IPM di Nisida: “È facile andare lì un giorno, chiacchierare con ragazzi scelti dal direttore tra quelli che si comportano meglio, ma quando vai via è devastante. Parli con alcuni di loro, vedi che alzano lo sguardo, ma la cosa più dolorosa è vedere che poi si richiudono, non ti guardano negli occhi quando ti salutano, perché tu stai uscendo e loro restano lì dentro. Si avverte un enorme senso di abbandono. E Nisida è il carcere minorile più virtuoso d'Italia, ha spazi che altri istituti non hanno. Non oso immaginare la situazione nel resto del Paese. È complicato da raccontare: in "Mare Fuori" avviene un’ovvia e necessaria trasfigurazione della realtà”. E per i ragazzi di Nisida, il “mare fuori” non è così scontato: “C'è chi ce la fa e chi no, chi ci ricasca e chi si rifà una vita lavorando come pizzaiolo o ceramista, chi esce e si rifà una dose, chi sbaglia e viene ucciso a 16 anni”, continua Di Martino. “Le storie sono tantissime e diverse tra loro, ma quello che resta attaccato addosso è la sensazione di essere lasciati a se stessi. È terribile pensare che ogni volta che nei carceri minorili in Italia scoppia una protesta, ciò che arriva a noi è solo la notizia della rivolta. Non riescono ad essere ascoltati”.