Giovedì 26 settembre, sul sagrato dell’abbazia di San Miniato al Monte, a Firenze, va in scena la prima nazionale di uno spettacolo fuori dal comune. È “Omaggio a Etty Hillesum”, con la regia di Fulvio Cauteruccio, prodotto da Krypton. Etty Hillesum? Il nome forse potrà non dire molto. In realtà, la sua è stata ed è una voce di enorme importanza, fra le testimonianze dell’Olocausto. Come Anna Frank, Etty era una ragazza ebrea olandese, intelligente e colta. Come Anna Frank, ha trovato la morte in un campo di sterminio. E come lei, ha scritto un diario, che ha trovato la luce solamente negli anni ’80. Un diario che adesso diventa racconto, parola viva, portata in scena da Lorella Serni. Con la quale dialoghiamo. Lorella, che cosa la ha affascinata della figura di Etty Hillesum? “Sono anni che vivo tenendomi vicino i suoi diari: sono anni nei quali ho dialogato, in qualche modo, con questa donna. Era una donna forte, libera, moderna, spregiudicata, avanti rispetto ai suoi tempi. Una donna che studiava il russo e le lingue slave, e che dal 1941 racconta, in diari che aveva scritto a mano, con una grafia minutissima, tutta l’onda crescente della violenza e della persecuzione nazista. Ma non solo quello”. Come reagisce Etty alla violenza, alla persecuzione, alla prigionia? “Con una risposta straordinaria. Si impone di rimanere umana, ha cercato in tutti i modi di difendere la propria umanità. Ciò che nessuna violenza può scalfire”. Nella pratica, in che cosa si concretizza questo suo atteggiamento? “Nel rifiuto dell’odio, nel perdono e nell’amore verso tutti, anche verso i persecutori nazisti. Una scelta di incredibile resistenza di fronte all’orrore. Etty riesce a apprezzare ogni singolo grammo di vita, riesce a capire quanto sia prezioso ogni istante: e lega le proprie riflessioni alle sue letture, che spaziano da Dostoevskij a sant’Agostino, a Shakespeare. Aveva una religiosità che non era né cristiana né ebraica, ma riusciva ad abbracciare ogni tipo di religiosità”. Rispetto al progetto nazista della “soluzione finale”, come reagisce? “Aveva la possibilità di salvarsi, poiché faceva parte del Consiglio ebraico, una élite chiamata a gestire gli spostamenti degli altri ebrei dal ghetto ai campi di sterminio. Lei sceglie di condividere fino in fondo il destino del suo popolo, andando a morire ad Auschwitz, dove trovò la fine nel novembre del 1943”. Cos’era la vita, per lei? “Era un’unica, grande preghiera. Che viene restituita in parole toccanti dal poeta Lorenzo Bertolani, che cura la drammaturgia dello spettacolo”. Lo spettacolo non sarà un reading dei suoi scritti, ma una messa in scena, con musica e proiezioni? “Esattamente. Sarà una mia interpretazione delle sue parole, con proiezioni multimediali e musica. E sarà preceduta da una conversazione fra Fulvio Cauteruccio, Dino Castrovilli, Lorenzo Bertolani e padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato”.
Conversazione che sarà moderata dalla giornalista Francesca Tofanari.