“Guardami, nel senso rispettami”: tutto il mondo di Alice Popolo

Il suo primo album è "Regardes moi" ed è uscito lo scorso 8 novembre: "Non vorrei più combattere verso chi decide o pensa di poter decidere sulla nostra vita"

di GIULIA DE IESO
25 novembre 2024
Alice Popolo

Alice Popolo

Un album di debutto che grida “Guardami”. Alice Popolo, 29 anni, è la nuova stella del panorama musicale. Il suo primo disco, “Regardes moi”, è uscito lo scorso 8 novembre e attraversa molti temi: dalla condizione della donna nel mondo dell’industria musicale all’immagine che la cantante ha di se stessa, ricordando sempre le sue origini partenopee.

Viene da una famiglia di musicisti, giusto?

“Sì, mio padre è un sassofonista jazz affermato, mio zio è un pianista e cantante di musica leggera, mia zia è una cantante lirica all’Arena di Verona, poi ho altri zii che suonano. La musica è nel sangue proprio, non potevo fare altro”

In più di un’occasione ha detto che Pino Daniele è il suo “idolo”…

“Per me Pino Daniele è un’istituzione religiosa, componeva musica molto complicata a livello armonico ed era un poeta. È un eroe, leader di un movimento, un artista rivoluzionario, non aveva paura di dire quel che pensava. È stato il primo a portare la musica dei quartieri napoletani conosciuti in tutta Italia, lo ammiro molto”

Quale o quali sono i suoi generi e quanto suo padre ha influenzato il suo gusto musicale?

“Il mio genere è una contaminazione tra il funk, l’urban, il jazz e R&B. Mio padre ha influito tanto, la maggior parte della musica me l’ha fatta ascoltare lui (che, nell’album “Regardes Moi, la accompagna con il sax nel brano “Liev man”, ndr). Da piccola mi innamorai subito del jazz, a parte per la storia, ma anche per la liberazione che è quel tipo di musica: devi conoscere l’armonia su cui improvvisare, la libertà di muoversi sulla musica è bellissima. Ha influito tanto su di me e sul gusto con cui vado a fare le canzoni, che hanno una base jazz”

Quando ha capito che nella vita avrebbe fatto la cantante?

“Ci ho sempre pensato, ma sono arrivata a questa consapevolezza poco tempo fa, dovevo intraprendere prima delle strade diverse. Ci vogliono gli attributi per fare questo mestiere, sennò crolli. Mi sono fatta e sto continuando a fare tanta gavetta, sono “della vecchia scuola”: adesso è un attimo mettere un video sui social, arrivare alla ribalta della classifica e poi venir dimenticato da tutti: io mi faccio il mazzo per arrivare piano piano. Durante il lockdown, mi sono interrogata molto su cosa volessi diventare da grande ed ho attuato questa idea da un paio di anni”

Che significato ha il titolo del suo album di debutto “Regardes moi”?

“È uscito l’8 novembre, spero che sia il primo di una lunga serie. Ha più significati, anche il singolo da cui viene il titolo dell’album. Volevo che la traduzione italiana non fosse un indicativo presente “mi guardi”, ma un imperativo “guardami”. La “s” è un errore, la grammatica non la richiederebbe: credo tanto nell’importanza degli errori e fallimenti, sennò una persona non impara mai niente, io sono arrivata al mio primo album dopo gli errori che ho fatto. L’imperfezione è qualcosa di bello, le nostre imperfezioni rappresentano la nostra unicità. Oggi viviamo in un mondo digitale dove non è più contemplata l’imperfezione, mi piace che ognuno possa essere diverso e distinguersi. L’altro messaggio è quello di “guardarmi” come essere umano, rappresentando una categoria come quella delle donne. Un “guardami” che si può tradurre anche come “rispettami”. 

Il singolo che dà il nome all’album parla di quattro donne diverse, raccontando la loro quotidianità dalla loro prospettiva...

“Regardes moi” va a toccare non solo il cat calling, ma una serie di cose che la donna vive tutti i giorni. Anche il cat calling in sé non deve essere minimizzato, se una persona è debole o fragile queste cose ti toccano dentro. Una ragazza non può uscire di casa e avere ansia: la mia intenzione era far arrivare quello che passa dentro una ragazza o una donna tutti i giorni”

Anche “Alice guarda i matti” è una denuncia a ciò che, purtroppo, spesso una donna subisce nel mondo musicale...

“È una denuncia a ciò che accade nel mondo della discografia ma non solo: in tutti gli altri lavori la donna è trattata come oggetto. Ci tengo molto a questi argomenti, penso che la musica sia il mezzo migliore per parlarne, voglio fai arrivare quello che penso sia giusto. Non vorrei più voler combattere verso chi decide o pensa di poter decidere sulla nostra vita, non vorrei più sentir parlare di femminicidi”.