Immagina Film Festival, i premiati: tra percorsi di morte, di salvezza e speranza

A Firenze sono stati premiati “Dalla parte sbagliata” che racconta la tragedia stradale che uccise 11 bambini dal punto di vista dei sopravvissuti, “Save Generation Ua” sul salvataggio dei bimbi ucraini coinvolti nella guerra e “Non smetteremo mai di sognare” sul viaggio in bici di persone affette dal Parkinson

di GIOVANNI BOGANI
14 ottobre 2024
"Non smetteremo di sognare"

"Non smetteremo di sognare"

Tre film, tre storie legate alla strada, a percorsi di morte, di salvezza, di speranza. Tre storie su destini che si compiono sulla strada. Un film sull’elaborazione del lutto di una tragedia che hanno vissuto un gruppo di ragazzini tredicenni. Un secondo film su altri ragazzini, che fuggono da una guerra, la più grande operazione di messa in salvo di bambini orfani da mezzo secolo in qua. E un terzo su un gruppo di parkinsoniani che corrono in bici, per centinaia di chilometri, per non arrendersi alla malattia. Sono tre fra i film premiati all’Immagina Film Festival di Firenze, un festival dedicato a cortometraggi e documentari indipendenti che si chiude oggi con le premiazioni.

“Dalla parte sbagliata”: la tragedia dei bambini

Tra i film vincitori c’è il documentario che Luca Miniero, regista di tante commedie di successo – Benvenuti al Sud fra tutte, con Claudio Bisio e Alessandro Siani – ha dedicato a una tragedia quasi dimenticata. Il film si chiama “Dalla parte sbagliata”.

"Dalla parte sbagliata" di Luca Miniero
"Dalla parte sbagliata" di Luca Miniero

Era il 1983, un pullman pieno di ragazzi in gita scolastica passava da Firenze. Erano ragazzi di una scuola media dell’Arenella, a Napoli, la “Edoardo Nicolardi”. Erano i ragazzi della III C. Il pullman li stava portando al lago di Garda, quando a Firenze, in una galleria dell’autostrada, dalla parte opposta entra in galleria un Tir che trasporta un enorme tubo di cemento fuori sagoma. Il tubo si infila dentro il pullman di ragazzi come una lancia medievale. Uccide undici ragazzi, quelli che sedevano nella parte sinistra del pullman. È la più grande tragedia stradale di quegli anni. Luca Miniero è andato con la sua telecamera ad una cena, dove una delle allieve superstiti ha invitato gli altri sopravvissuti, i ragazzi di allora. E filma queste donne e questi uomini, il loro fare i conti con quella tragedia, che non hanno mai potuto dimenticare. “Non c’era nessun copione da rispettare, soltanto una cena in cui tutti erano liberi di dirsi quello che volevano”, spiega Miniero. E le frasi, dapprima di circostanza, la sorpresa di rivedersi, “non sei cambiato affatto!”, diventano sempre più profonde, a scavare nel nocciolo di quel dolore. Un film intimo, sulla vita e la morte, su come si legano. Miniero trova anche uno dei volontari delle ambulanze che arrivarono in loco, e un giornalista che rese testimonianza della tragedia. “È un film che ci dice quanto siamo fortunati a stare al mondo, e quanto sia importante curare la sicurezza nelle strade”.

Il salvataggio dei piccoli ucraini in “Save Generation Ua”

"Save Generation Ua"
Due dei piccoli protagonisti di "Save Generation Ua"

Si parla di un altro dolore in “Save Generation Ua”, un documentario di 16 minuti che testimonia la più grande operazione di salvataggio di bambini orfani realizzata dalla Seconda guerra mondiale ad oggi. È quella che ha portato 2.700 ragazzi e adolescenti ucraini, attraverso varie tappe, in Turchia, in un’operazione sostenuta dalle first ladies ucraina e turca.

Il Parkinson raccontato in “Non smetteremo mai di sognare”

Ancora più sorprendente è ciò che vediamo in “Non smetteremo mai di sognare”, un documentario che mostra un gruppo di persone, tutte affette da Parkinson, malattia degenerativa che intacca i movimenti, la coordinazione, l’equilibrio, affrontare l’impresa all’apparenza proibitiva di un percorso in bicicletta da Ventimiglia a Barcellona.

"Non smetteremo di sognare"
Una delle protagoniste di "Non smetteremo di sognare"

Lì, a Barcellona, si svolge un convegno di studi parkinsoniani. E loro vogliono arrivarci in bicicletta. Per portare l’attenzione pubblica sulla malattia, per attrarre donazioni, per stimolare la ricerca. Ma andare in bicicletta, per chi è affetto da una malattia che rende difficile anche camminare, non è una scommessa da poco. Nel film vediamo anche qualcuno di questi “parkinsonauti” a terra, soccorso dai sanitari, con garze, fasce e bende insanguinate. “Vedo che peggioro ad ogni raduno in bici, ma non mi fermo”, dice una delle protagoniste del documentario. “Vado avanti. Finché cado e riesco a rialzarmi, vado avanti”.Un insegnamento enorme, per tutti noi. “Vogliamo che la nostra sia l’ultima generazione ad avere il Parkinson”, dice un altro di questi ciclisti coraggiosi. Ha fede nella ricerca, sente che la cura, la soluzione, la fine dell’incubo per milioni di persone, nel mondo, potrebbe essere vicina.