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Home » Spettacolo » Irene Grandi, gli anfibi da ribelle e la sensualità matura: “Ma resto naturale, affamata di libertà”

Irene Grandi, gli anfibi da ribelle e la sensualità matura: “Ma resto naturale, affamata di libertà”

La cantautrice fiorentina 52enne riparte con il tour nei teatri "Io in Blues": tra le tappe il 18 novembre a Castelfiorentino e il primo dicembre a Bologna

Letizia Cini
9 Novembre 2022
Irene Grandi (foto Luca Brunetti)

Irene Grandi (foto Luca Brunetti)

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Chi la conosce la descrive con un aggettivo che le calza a pennello: naturale. Ovvero “non artefatta”. Irene Grandi è una donna di 52 anni dalla forte interiorità, che ha fatto dell’essere se stessa la sua bandiera. La cantante fiorentina che ha appena aggiunto due importanti premi alla sua ricca bacheca (Premio Pierangelo Bertoli e Premio musica e parole), a settembre ha rilasciato il nuovo singolo E poi (cover di Mina), per poi riprendere nei teatri il tour Io in Blues: dopo il grande successo estivo nelle arene, fra le altre date lo spettacolo  approderà al Teatro del popolo di Castelfiorentino (in provincia di Firenze) il 18 novembre e al Teatro delle celebrazioni di Bologna il primo dicembre.

La clip di E poi, dedica all’amata Mina, è accompagnata da un videoclip che utilizza il linguaggio dell’animazione.

“Nel video Gregori Dassi ha creato un emozionante e simbolico ’cortometraggio animato’ capace di trasportarci in una sorta di cammino verso noi stessi – spiega Irene Grandi – . Il brano, eseguito per scelta in maniera molto sensuale, racconta una storia scura, un viaggio nei sentimenti e nell’incapacità di volersi davvero bene. Ma che ci suggerisce anche che esiste sempre la possibilità di scegliere tra l’ombra e la luce. Sta a noi averne la consapevolezza e trovare la forza per uscire dall’oscurità“.

Quanto costa la spontaneità?

“Diciamo che ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Non omologarsi richiede sempre il pagamento di un prezzo, ma va messo in conto. Come gli alti e bassi della carriera e dell’umore: se hai le spalle grosse e un passato solido, riesci ad affrontarli e superi. Ma resto dell’idea che essere coerenti, paga”.

Che periodo è questo, Irene?

“Quello della pandemia per me è stato un periodo un po’ difficile dal punto di vista della scrittura di cose nuove, allora a un certo punto mi è venuta questa illuminazione: mi potevo riconnettere al mio passato, alle mie origini appunto. Io ho iniziato amando le canzoni del mondo del blues ma anche canzoni più pop ma colorate di blues come quelle dei miei artisti italiani preferiti da Pino Daniele a Battisti e a tratti anche Mina specialmente in certi arrangiamenti di fine anni ’60. Ho pensato che riconnettersi con le proprie radici dia forza, coraggio, sicurezza, è una cosa che ho imparato anche grazie allo yoga in cui si parla sempre di radicarsi, di mettere le radici a terra, di sentire il contatto con il pavimento. Questa idea l’ho portata nella mia musica e ho voluto ricreare una sorta di concerto di  ‘formazione’ in cui parto dalle canzoni straniere di Etta James, Tracy Chapman o Sade, per poi passare agli artisti italiani e poi gran finale con le mie canzoni riarrangiate in chiave blues grazie all‘organo Hammond”.

Irene Grandi torna in tour nei teatri con il suo “Io in Blues”

Con lei c’è una band molto importante, nobilitata da un vero fuoriclasse come Pippo Guarnera, massima autorità e conoscitore di questo strumento diventato famoso negli anni ’50 perché capace di generare suoni pastosi e ovattati che si avvicinano molto agli organi tradizionali delle nostre chiese.

“Ma soprattutto, utile al nostro progetto musicale in quanto rende assolutamente credibile l’atmosfera blues di cui è intriso lo spettacolo. Sul palco abbiamo tutti un background legato al blues, ma con l’arrivo di Guarnera abbiamo spinto sugli aspetti più improvvisativi, di dialogo tra i musicisti, e libertà nelle strutture armoniche. L’Hammond dona un colore blues, come in Se mi vuoi, che è una canzone semplice, alla quale basta aggiungere questo elemento. Il lavoro più interessante è stato forse su Prima di partire per un lungo viaggio, per la quale mi è venuta l’idea di fare un mashup con Roadhouse blues dei Doors. Anche se la scaletta è la stessa, ogni sera è un concerto diverso: Beppe ci porta milioni di soluzioni nuove, ma anche per lui è una bella occasione, perché si fa conoscere e apprezzare da un pubblico diverso, e torna a suonare dal vivo dopo che aveva sofferto molto lo stop per la pandemia. Finalmente! Il palco mi mancava””.

Già, perché lei quando lei canta… sta da Dio.

“Effettivamente non vedevo l’ora di tornare live e quest’estate piena di concerti e soddisfazioni mi ha ritemprata. Io in Blues è un tributo alle mie radici musicali e alle prime esperienze dal vivo: un concerto, un viaggio, fatto di brani che attraversano un arco temporale che spazia dagli anni ’60 fino ai ’90: canzoni che sono blues nell’anima e nell’ispirazione: Etta James, Otis Redding, Willie Dixon, Tracy Chapman, ma anche Pino Daniele, Lucio Battisti, Mina”.

In scaletta brani suoi, riarrangiati in chiave rock-blues?

“Certamente, ma li ho lasciati per ultimi, avevo voglia di creare un’atmosfera di attesa in chi mi segue e magari non conosce gli inizi della mia carriera. Una scelta imputabile forse alla voglia di mostrare anche quello che c’è stato prima. Il fatto di avere un gusto, uno stile…”.

Nel tour porta brani suoi ma anche di altri grandi artisti riarrangiati in chiave rock-blues

Peculiarità che la riportano al blues?

“Sì, alle prime esibizioni al Bebop di Firenze, dove cantavo brani soul di Aretha Franklin e Shade, tanti pezzi rock e rhythm and blues rincorrendo le atmosfere di The blues brothers, uno dei film della mia adolescenza. Era la mia musica del cuore”.

E ancora prima?

“I ricordi mi portano in chiesa (sorride, ndr), fra i banchi della Sacra Famiglia di Firenze, la chiesa dei Salesiani. Non c’erano applausi lì alla fine, ma un’atmosfera magica, la sensazione bellissima e unica di cantare nel silenzio”.

Da bambina si è esibita anche in altri palcoscenici…

“Se si riferisce all’androne di casa di mia nonna, a San Marcello Pistoiese, quando avevo 4 o 5 anni, è vero (ride di nuovo, ndr). Ma cantavo anche nella tromba delle scale, per strada là dove trovavo un’acustica particolare. Mi ha sempre affascinato il fatto di sentir risuonare la voce negli spazi che davano un effetto amplificato alla voce”.

Così la musica è diventata la sua vita: i suoi genitori come l’hanno presa?

“Avevano capito che cantare mi faceva stare bene, magari non erano felicissimi di alzarsi presto la domenica mattina per accompagnarmi in chiesa, ma mi hanno capita e lasciata esprimere. E non solo in campo musicale”.

Una giovanissima Irene Grandi in uno scatto dei primi anni ’90. “Stava uscendo il mio primo singolo in radio e dai pub e i localini stavo per fare il grande salto!”

In quali altri ambiti?

“Ho fatto il liceo scientifico, e già da allora indossavo anfibi e giacche militari, diciamo che non ero la classica ragazzina posata. Andavo alle manifestazioni e babbo Franco, che ha appena compiuto 90 anni, osservava ma non vietava, anche perché non sarebbe stato facile”.

Giovane ribelle?

“Più che altro sono sempre stata una persona affamata di libertà. A 24 anni il successo mi ha regalato la possibilità di andare a vivere da sola, cosa che anelavo, ma non immaginavo che la mia vita sarebbe cambiata tanto”.

In che senso?

“Tutti…. anche le amiche, come la storica Carlotta che ancora frequento, ridendo diceva “mi chiedono solo di te“. Con il successo e la popolarità che ne consegue, la tua libertà viene nuovamente limitata. Camminando per strada mi sentivo osservata, seguita. Ho iniziato a cambiare e sono diventata più riservata. Creandomi una mia bolla di frequentazioni: i colleghi di lavoro, gli amici di sempre”.

Quanto è importante l’amicizia?

“Tanto, un sentimento forte. Come l’amore. Solo che, in questo caso, non entra di mezzo il sesso a incasinare tutto”.

Irene Grandi parla dell’importanza fondamentale, nelle sua vita, dell’amicizia

Situazione sentimentale attuale?

“Felice di essere in pace con me stessa, senza soffrire del fatto di non avere un uomo accanto: in questo lo yoga aiuta molto, durante la pandemia sono riuscita anche a prendere il diploma da insegnante”.

Lei ha sempre coltivato la sua interiorità, tanto da essere effettivamente partita per un lungo viaggio…

“Non solo assolutamente una materialista, i miei desideri di semplicità sono semplici: vivo in campagna con i miei amati gatti. Amo leggere, ascoltare musica. Nel 2006, durante un periodo di riflessione, sono stata in India, a contatto con le donne di quel Paese difficile, in Africa con Unicoop: esperienze e incontri importanti, musicalmente ma soprattutto umanamente”.

Progetti futuri?

“Attualmente sto iniziando a scrivere cose nuove con il mio team: prima di uscire con l’album stavamo pensando di pubblicare un vinile di Io in blues: a parer nostro, il disco in vinile sarà particolarmente adatto. Molti di noi, con i vecchi 33 giri, ci sono nati”.

 

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"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
Chi la conosce la descrive con un aggettivo che le calza a pennello: naturale. Ovvero "non artefatta". Irene Grandi è una donna di 52 anni dalla forte interiorità, che ha fatto dell'essere se stessa la sua bandiera. La cantante fiorentina che ha appena aggiunto due importanti premi alla sua ricca bacheca (Premio Pierangelo Bertoli e Premio musica e parole), a settembre ha rilasciato il nuovo singolo E poi (cover di Mina), per poi riprendere nei teatri il tour Io in Blues: dopo il grande successo estivo nelle arene, fra le altre date lo spettacolo  approderà al Teatro del popolo di Castelfiorentino (in provincia di Firenze) il 18 novembre e al Teatro delle celebrazioni di Bologna il primo dicembre. La clip di E poi, dedica all’amata Mina, è accompagnata da un videoclip che utilizza il linguaggio dell’animazione. "Nel video Gregori Dassi ha creato un emozionante e simbolico ’cortometraggio animato’ capace di trasportarci in una sorta di cammino verso noi stessi - spiega Irene Grandi - . Il brano, eseguito per scelta in maniera molto sensuale, racconta una storia scura, un viaggio nei sentimenti e nell’incapacità di volersi davvero bene. Ma che ci suggerisce anche che esiste sempre la possibilità di scegliere tra l’ombra e la luce. Sta a noi averne la consapevolezza e trovare la forza per uscire dall’oscurità“.

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Irene Grandi torna in tour nei teatri con il suo "Io in Blues"
Con lei c’è una band molto importante, nobilitata da un vero fuoriclasse come Pippo Guarnera, massima autorità e conoscitore di questo strumento diventato famoso negli anni ’50 perché capace di generare suoni pastosi e ovattati che si avvicinano molto agli organi tradizionali delle nostre chiese. "Ma soprattutto, utile al nostro progetto musicale in quanto rende assolutamente credibile l'atmosfera blues di cui è intriso lo spettacolo. Sul palco abbiamo tutti un background legato al blues, ma con l’arrivo di Guarnera abbiamo spinto sugli aspetti più improvvisativi, di dialogo tra i musicisti, e libertà nelle strutture armoniche. L’Hammond dona un colore blues, come in Se mi vuoi, che è una canzone semplice, alla quale basta aggiungere questo elemento. Il lavoro più interessante è stato forse su Prima di partire per un lungo viaggio, per la quale mi è venuta l’idea di fare un mashup con Roadhouse blues dei Doors. Anche se la scaletta è la stessa, ogni sera è un concerto diverso: Beppe ci porta milioni di soluzioni nuove, ma anche per lui è una bella occasione, perché si fa conoscere e apprezzare da un pubblico diverso, e torna a suonare dal vivo dopo che aveva sofferto molto lo stop per la pandemia. Finalmente! Il palco mi mancava"". Già, perché lei quando lei canta... sta da Dio. "Effettivamente non vedevo l’ora di tornare live e quest’estate piena di concerti e soddisfazioni mi ha ritemprata. Io in Blues è un tributo alle mie radici musicali e alle prime esperienze dal vivo: un concerto, un viaggio, fatto di brani che attraversano un arco temporale che spazia dagli anni ’60 fino ai ’90: canzoni che sono blues nell’anima e nell’ispirazione: Etta James, Otis Redding, Willie Dixon, Tracy Chapman, ma anche Pino Daniele, Lucio Battisti, Mina". In scaletta brani suoi, riarrangiati in chiave rock-blues? "Certamente, ma li ho lasciati per ultimi, avevo voglia di creare un’atmosfera di attesa in chi mi segue e magari non conosce gli inizi della mia carriera. Una scelta imputabile forse alla voglia di mostrare anche quello che c’è stato prima. Il fatto di avere un gusto, uno stile...".
Nel tour porta brani suoi ma anche di altri grandi artisti riarrangiati in chiave rock-blues
Peculiarità che la riportano al blues? "Sì, alle prime esibizioni al Bebop di Firenze, dove cantavo brani soul di Aretha Franklin e Shade, tanti pezzi rock e rhythm and blues rincorrendo le atmosfere di The blues brothers, uno dei film della mia adolescenza. Era la mia musica del cuore". E ancora prima? "I ricordi mi portano in chiesa (sorride, ndr), fra i banchi della Sacra Famiglia di Firenze, la chiesa dei Salesiani. Non c’erano applausi lì alla fine, ma un’atmosfera magica, la sensazione bellissima e unica di cantare nel silenzio". Da bambina si è esibita anche in altri palcoscenici... "Se si riferisce all’androne di casa di mia nonna, a San Marcello Pistoiese, quando avevo 4 o 5 anni, è vero (ride di nuovo, ndr). Ma cantavo anche nella tromba delle scale, per strada là dove trovavo un’acustica particolare. Mi ha sempre affascinato il fatto di sentir risuonare la voce negli spazi che davano un effetto amplificato alla voce". Così la musica è diventata la sua vita: i suoi genitori come l'hanno presa? "Avevano capito che cantare mi faceva stare bene, magari non erano felicissimi di alzarsi presto la domenica mattina per accompagnarmi in chiesa, ma mi hanno capita e lasciata esprimere. E non solo in campo musicale".
Una giovanissima Irene Grandi in uno scatto dei primi anni '90. "Stava uscendo il mio primo singolo in radio e dai pub e i localini stavo per fare il grande salto!"
In quali altri ambiti? "Ho fatto il liceo scientifico, e già da allora indossavo anfibi e giacche militari, diciamo che non ero la classica ragazzina posata. Andavo alle manifestazioni e babbo Franco, che ha appena compiuto 90 anni, osservava ma non vietava, anche perché non sarebbe stato facile". Giovane ribelle? "Più che altro sono sempre stata una persona affamata di libertà. A 24 anni il successo mi ha regalato la possibilità di andare a vivere da sola, cosa che anelavo, ma non immaginavo che la mia vita sarebbe cambiata tanto". In che senso? "Tutti.... anche le amiche, come la storica Carlotta che ancora frequento, ridendo diceva “mi chiedono solo di te“. Con il successo e la popolarità che ne consegue, la tua libertà viene nuovamente limitata. Camminando per strada mi sentivo osservata, seguita. Ho iniziato a cambiare e sono diventata più riservata. Creandomi una mia bolla di frequentazioni: i colleghi di lavoro, gli amici di sempre". Quanto è importante l’amicizia? "Tanto, un sentimento forte. Come l’amore. Solo che, in questo caso, non entra di mezzo il sesso a incasinare tutto".
Irene Grandi parla dell'importanza fondamentale, nelle sua vita, dell'amicizia
Situazione sentimentale attuale? "Felice di essere in pace con me stessa, senza soffrire del fatto di non avere un uomo accanto: in questo lo yoga aiuta molto, durante la pandemia sono riuscita anche a prendere il diploma da insegnante". Lei ha sempre coltivato la sua interiorità, tanto da essere effettivamente partita per un lungo viaggio... "Non solo assolutamente una materialista, i miei desideri di semplicità sono semplici: vivo in campagna con i miei amati gatti. Amo leggere, ascoltare musica. Nel 2006, durante un periodo di riflessione, sono stata in India, a contatto con le donne di quel Paese difficile, in Africa con Unicoop: esperienze e incontri importanti, musicalmente ma soprattutto umanamente". Progetti futuri? "Attualmente sto iniziando a scrivere cose nuove con il mio team: prima di uscire con l'album stavamo pensando di pubblicare un vinile di Io in blues: a parer nostro, il disco in vinile sarà particolarmente adatto. Molti di noi, con i vecchi 33 giri, ci sono nati".  
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