Ivan Cotroneo: "Molte persone sono invisibili e la società patriarcale e sessista"

Sceneggiatore e regista, oltre che membro del Comitato scientifico di Luce!, parla di mancanza di rappresentazione nel mondo dello spettacolo

di GIOVANNI BOGANI -
24 ottobre 2023
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“Sai che cosa è fondamentale? La rappresentazione. Quando si racconta, quando si scrivono storie, quando si fanno film o serie televisive, è importante chi racconti. E come lo racconti. Ci sono ancora molti soggetti non raccontati, molte persone che sono ‘invisibili’, che rimangono nell’ombra”. È una delle primissime cose che ci dice Ivan Cotroneo, scrittore, sceneggiatore, regista da sempre attento ai temi della inclusività e della rappresentazione della diversità.
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Ivan Cotroneo, scrittore, sceneggiatore e regista, membro del Comitato scientifico di Luce!

Cotroneo: "Modelli di rappresentazione ancora stereotipati"

“Fin da piccoli subiamo dei modelli di rappresentazione stereotipati: ci hai mai fatto caso? ‘Il piccolo chimico’ è al maschile, mentre per ‘Dolce forno’ sulla scatola c’erano immagini di bambine”. Fra mille altre cose, Cotroneo ha scritto la sceneggiatura di “Mine vaganti” per Ozpetek, “Io sono l’amore” per Guadagnino, “Viaggio sola” per Maria Sole Tognazzi. Ha diretto il film “Un bacio”, sul bullismo e su tre forme diverse di emarginazione giovanile, la serie televisiva “La compagnia del Cigno” e ha finito di girare, per Netflix, la serie “La vita che volevi”, prima fiction italiana che vede protagonista una donna trans. Cotroneo fa parte del comitato scientifico di Luce!, il portale di “QN” dedicato ai temi della diversità, della inclusione, della coesione. Ivan, lei dice che il concetto di rappresentazione è fondamentale. Chi è che non viene rappresentato, o rappresentato male, nella narrazione del cinema o della tv? "Beh, la donna viene rappresentata in maniera molto parziale. Faccio un esempio semplicissimo: il tradimento femminile. Viene spesso raccontato in maniera punitiva.
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Margherita Buy n una scena del film "Viaggio sola"

La decisione di una donna di tradire il marito, o – addirittura! – di lasciare la famiglia, portano quasi sempre ad una colpevolizzazione e ad una punizione. Raramente si racconta una donna che tradisce senza, alla fine, punirla”. Chiaro. Quali altre rappresentazioni sono parziali? "Quelle della pubblicità: negli spot, i supermercati sono sempre affollati da donne. E gli uomini? Non la fanno la spesa?”.

Società patriarcale, omofoba e razzista

Direbbe, giudicando dai racconti della tv e del cinema, che la nostra è ancora una società patriarcale? "Certo che sì. E anche sessista, omofoba, transfobica e razzista. Lo è a partire dalla legislazione: siamo rimasti l’unica Nazione d’Europa a non prevedere, nei casi di violenza, l’aggravante omofobica”. Nel lavoro c’è ancora il “gender gap”, la distanza fra maschi e femmine? “Eccome se c’è. Basta guardare nel cinema: su 100 registi, solo 15 sono donne. Il problema è nella formazione: per questo stiamo portando avanti una scuola di formazione per l’audiovisivo, ‘Becoming Maestre’, insieme a Francesca Archibugi e in collaborazione con Netflix e con i David di Donatello”.

Il progetto Becoming Maestre

Che cosa fate, in concreto? “C’è un bando di concorso per registe, direttrici di fotografie, montatrici, direttrici del suono: cerchiamo di selezionare giovani talenti”.
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Becoming Maestre 2, le quattro ragazze selezionate: Da sinistra a destra: Blanka Nadai, Rosalia Cecere, Zoe Valentini e Asia Sbrugnera

Che cosa vorrebbe vedere al cinema e in tv? “Ci sono persone che non vengono raccontate. Quando abbiamo scritto ‘Viaggio sola’, abbiamo raccontato la storia di una donna di cinquant’anni single, felice della sua vita. Era un tabù, fino ad allora: essere sola, per una donna di cinquant’anni, sembrava non una scelta, ma una disgrazia. E ancora: la differenza di età in una coppia viene accettata dalla società solo in un senso: quando è l’uomo quello molto più anziano. Persino nei film comici di Natale, c’era l’attore comico sui 55 anni che aveva storie d’amore con ragazze di 25: ma mai il contrario”.

Abbattere barriere e varcare frontiere

Quali altri frontiere del racconto vorrebbe fossero varcate? “Quando abbiamo scritto la seconda stagione di ‘Tutti pazzi per amore’ ci siamo resi conto che la sieropositività non veniva raccontata da tanto tempo. Era stata raccontata come tragedia, ma mai come ‘normalità’. Abbiamo inserito il racconto di una ragazza che ha una relazione – protetta – con un ragazzo sieropositivo, e nessuno moriva, il ragazzo non si aggravava. Ci hanno scritto tante persone sieropositive, dicendoci: ‘Grazie. Finalmente siamo visibili’…”.
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Giovanni Ciacci, famoso stylist che ha dichiarato pubblicamente la sua sieropositività

Essere raccontati in una serie, divenire “visibili”. “È questo il punto. Il fatto di vedersi, di potersi rispecchiare è fondamentale. Altrimenti, ti senti solo”. Ma il Paese è cambiato? “Sì. Sui temi dell’inclusione e della rappresentatività i giovani sono più avanti di noi, più avanti dei racconti televisivi, e molto più avanti della politica. Nella realtà le famiglie arcobaleno esistono, con due papà e con due mamme. La politica non ha ancora accettato il matrimonio egualitario. Io sono a favore, sia di quello, sia della possibilità per queste coppie di adottare bambini”. Però esistono ancora gli insulti. “E riguardano quasi sempre l’orientamento sessuale, per i maschi, e la libertà sessuale, per le femmine. Le parole più ricorrenti sono ‘fr…’ e ‘tr…’. In un caso è un insulto omofobico. Nell’altro si condanna la libertà di una ragazza. La donna è ancora confinata fra i due estremi: o Madonna, o Maria Maddalena”.