Esce domani, 20 luglio, nelle sale italiane “La treccia”, un film che racconta tre storie di donne in tre continenti. Tre destini incrociati, legati da una treccia di capelli: ma soprattutto, tre storie di donne che non si rassegnano, che si ribellano alla tradizione, a un destino che sembra obbligato. Il film nasce da un libro – scritto dalla stessa regista del film, Laetitia Colombani – che è già un caso letterario: ha venduto oltre 5 milioni di copie, ed è stato tradotto in 26 paesi. L’autrice, già sceneggiatrice e regista, ci racconta come ha pensato a queste storie che si intrecciano, dapprima in forma di libro, per poi trovare le energie, il coraggio e i finanziamenti necessari per trarne un film. Un film complesso, che si snoda su tre continenti, girato in francese, in hindi e in italiano. Una delle tre storie è ambientata in Italia, e vede protagonista Fotinì Peluso, 25 anni, premiata quest’anno con il David di Donatello rivelazioni. “Mi considero femminista”, dice Laetitia Colombani. “Sono convinta che il mondo abbia bisogno dell’uguaglianza vera fra uomini e donne. Penso a mia figlia, alle generazioni che verranno dopo la mia, e che meritano questo. Oggi le donne sono ancora vittime di violenze sessuali, psicologiche e sociali. Attraverso la letteratura e il cinema, per quello che posso, spero di fare qualcosa affinché questa situazione cambi”.
Intanto, ha realizzato un film che ha avuto un notevole seguito in Francia, e che adesso esce in Italia. Un film complesso. Com’è stato realizzarlo? “E’ stato come realizzare tre film diversi: ho lavorato in luoghi lontanissimi, con attori diversi, in lingue differenti. Abbiamo girato nell’Uttar Pradesh, in Canada, in Italia – in Puglia, a Monopoli e a Conversano. Non è stato semplice. Per questo, all’inizio, questa storia la avevo pensata come un libro. Un libro ti dà più libertà, è più semplice da realizzare”. Ma il libro ha avuto un grande successo, e dei produttori le hanno proposto di trarne un film… “Esatto. Avevo già lavorato come sceneggiatrice e anche come regista, ma erano progetti più piccoli, girati in francese. Questo progetto mi sembrava enorme”. Che cosa le ha fatto decidere di farlo? “Una cosa mi ha fatto trovare il coraggio: sentivo che era molto importante che il film restasse fedele alla storia che avevo scritto. E l’unico modo per esserne sicura era che lo realizzassi io. Ho diretto il film per non tradire la mia storia, per non tradire queste donne”.
Parliamo di queste donne. Tre donne che affrontano ostacoli differenti. Che cosa le accomuna? “Tutte e tre affrontano una forma di discriminazione. La donna indiana fa parte della casta dei dalit, i paria, gli Intoccabili, gli ultimi degli ultimi. Deve sopportare di fare lavori umilianti, di non avere nessuna dignità: ma non sopporta che questo debba essere il destino di sua figlia. L’avvocatessa canadese viene discriminata nel lavoro, proprio quando è più fragile. La donna italiana ama un uomo che non appartiene alla sua cultura, alla sua religione, suscitando l’opposizione netta della propria famiglia”.
Il mondo più lontano da noi è quello dell’India. Lo conosce da vicino? “Sì: sono stata moltissime volte in India, ho parlato con molte donne dalit, che mi hanno raccontato la loro condizione. Molte di loro non hanno avuto il diritto di andare a scuola, e si sono dovute sposare a dodici, tredici anni contro la loro volontà. Sono esposte alla violenza, da parte dei loro padri e mariti. Volevo donare una voce a queste donne che voce non hanno”. Tema centrale del film sembra lo scontro fra chinare la testa alla tradizione e trovare il coraggio per abbandonarla. È così? “E’ ciò che lega tutte le storie. Credo che i veri ‘nemici’ delle donne non siano gli uomini, i maschi, ma le tradizioni. Da secoli, le donne sono private di molte libertà. Così, ho mostrato tre donne che hanno il coraggio di uscire dal ruolo che la società ha loro assegnato”.
Parliamo dell’episodio italiano. E di Fotinì Peluso, che ha scelto come protagonista. “Abbiamo girato in Puglia, a Conversano e a Monopoli, e mi sono subito innamorata di quegli scorci, di quelle pietre illuminate dal sole. Ma soprattutto, sono rimasta conquistata da Fotinì Peluso. Al provino ho capito subito che Giulia sarebbe stata lei. Ha talento, profondità, intensità. Abbiamo girato in italiano, anche se Fotinì parla un francese eccellente: abbiamo parlato sempre in francese, fuori dal set, e questo ha aiutato la comprensione reciproca. Sono convinta che abbia tutte le carte in regola per diventare una grandissima attrice”.