Avete presente la televisione di un tempo, quella con il tubo catodico, il vetro convesso e il telecomando che funzionava a intermittenza? Era l’oggetto attorno a cui si riunivano famiglie intere, simbolo di progresso e modernità. Oggi, sembra quasi un pezzo da museo. Eppure, la tv – quella inaugurata dalla Rai nel 1954 – ha meno di un secolo. Settantuno anni, per la precisione. Poco più di sette decenni in cui è cambiata radicalmente.
Dalla tv di Stato che accompagnava a letto con Carosello, al digitale che ha moltiplicato i canali e ridotto il tempo di attenzione il passo stato è brevissimo, ma decisamente molto complesso da analizzare, tra contenitori commerciali, all news, format innovativi più o meno riusciti e granitiche certezze. Uno strumento potente che, oggi, rischia di apparire ingombrante, fuori moda, superato da social e algoritmi che riescono addirittura ad anticipare i nostri desideri. Un vortice di cambiamento che ha obbligato chi crea contenuti per la tv a fare i conti con crisi d’identità e tentativi disperati di rincorrere un pubblico sempre più distratto.
Il “modello De Martino” che rivoluziona la tv
Una strada tortuosa e in salita, fino a che non si è palesato il “modello De Martino”. Sì, proprio lui, Stefano De Martino, il ballerino di Amici che ha saputo diventare il conduttore di cui la televisione aveva bisogno. Alla guida di Affari tuoi, ha raccolto il testimone da Amadeus, dimostrando che è possibile innovare senza tradire, facendo addirittura crescere gli ascolti. La sua forza? Una camicia bianca, talento gentile e intelligente, astuzia comunicativa, maniche arrotolate, tatuaggi in vista, un sorriso che buca lo schermo e uno stile che abbatte le distanze. De Martino non si limita a presentare: entra in empatia. Non recita un copione, sembra chiacchierare con il pubblico come davanti a un caffè. Solo che dall’altra parte ci sono milioni di spettatori.
Non è solo un cambio di conduzione: quello di De Martino è un gesto generazionale. Racconta i trentenni di oggi, i Millennials, incastrati tra il rigore di chi li ha preceduti e l’anarchia digitale della GenZ. Una generazione che non si illude di cambiare il mondo, ma non si accontenta di lasciarlo scorrere. I Millennials, come De Martino insegna, costruiscono con tenacia e disincanto, senza il bisogno di urlare per farsi ascoltare. Sono l’opposto dei GenZ, figli di TikTok, sogni fugaci e scroll compulsivi.
La tv luogo di racconto e condivisione
Eppure, proprio i giovanissimi potrebbero trovare nella tv di De Martino qualcosa di inatteso: un’eco lontana di ciò che non hanno mai avuto, un luogo di racconto e condivisione. La televisione, con i suoi tempi lunghi e le pause che durano più del tempo di un reel, potrebbe rappresentare una tregua dal ritmo frenetico dell’era digitale.
Ed è qui, in questa piega della storia della comunicazione, che De Martino e la sua generazione potrebbero lasciare il segno, dimostrando che rallentare è un atto di resistenza. E se la tv riuscisse a diventare il mezzo per farlo, recuperando il suo valore sociale, tanto meglio. Un gesto di rivoluzione pacata, su e giù dal palco, con buona pace della GenZ, degli scroll infiniti e dei telecomandi vintage.