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Miyazaki in pensione? Assente agli Oscar per “Imbarazzo e vergogna”. Ecco perché

Agli Academy Awards il suo “Il ragazzo e l’Airone” ha vinto come miglior film d’animazione, ma l’83enne fondatore dello Studio Ghibli non c’era. Si pensa al suo addio, ma non è detta l’ultima parola

di MARIANNA GRAZI -
16 marzo 2024
Hayao Miyazaki

Hayao Miyazaki

Per chi, come la sottoscritta, mangia pane e Studio Ghibli ormai da decenni, quando “Il ragazzo e l’airone” è stato premiato con l’Oscar come miglior film di animazione agli ultimi Academy Awards, non c’era proprio partita. Quella era l’unica possibilità: pur avendo apprezzato anche gli altri film in concorso, da “Nimona” (Netflix) a “Elemental” (Disney Pixar), non poteva non vincere Hayao Miyazaki.

Il commiato perfetto… che non c’è stato

Quella serata, in effetti, aveva tutte le carte in regola per essere il commiato perfetto: il riconoscimento massimo dell'arte dell'impareggiabile animatore giapponese che ha fatto sognare, emozionare e riflettere (sui temi più attuali, urgenti e anche drammatici della società contemporanea), attraverso i suoi disegni incredibili, milioni di persone. “E adesso addio, grazie per avermi accompagnato in questa avventura…”: sarebbe stata la ciliegina sulla torta.

Miyazaki ha vinto l'Oscar 2024 per il miglior film d'animazione
Miyazaki ha vinto l'Oscar 2024 per il miglior film d'animazione

A Los Angeles, la vittoria – ribadisco, incontrastata – ha dato al Giappone la possibilità di riflettere sull'enorme influenza del regista 83enne e di chiedersi se abbia davvero chiuso con i film. Ammetto, sono anche io nella schiera dei (non pochi) che hanno visto nella pellicola una sorta di testamento cinematografico, artistico del maestro giapponese, la chiusura di un cerchio raccontata tra note autobiografiche – non poche – e la solita, enigmatica e allo stesso tempo poetica, magia delle immagini tratteggiate sullo schermo. 

Peccato che lui, alla cerimonia degli Oscar, non abbia partecipato e non sia apparso neppure nessun membro della casa di produzione della pellicola. E tutto farebbe pensare che di lui non si vedrà traccia nemmeno negli anni a venire. 

I sensi di colpa di Miyazaki

Ma perché questa riluttanza – c’è da dire tipica dei sensei giapponesi, che si parli di animazione o manga poco cambia – a prendersi la meritata scena? Tutta colpa, nel caso Miyazaki, di imbarazzo e vergogna. Avete letto bene e a testimoniarlo non sarebbe stato l’anziano regista bensì Toshio Suzuki, co-fondatore dello Studio Ghibli, dove l’83enne ha messo in atto la sua alchimia fin dalla metà degli anni Ottanta, regalando al mondo perle di inenarrabile bellezza e profondità. 

I fondatori dello Studio Ghibli Toshio Suzuki e Hayao Miyazaki
I fondatori dello Studio Ghibli Toshio Suzuki e Hayao Miyazaki

Dopo la cerimonia degli Academy in molti hanno attribuito la sua mancata partecipazione (a differenza del 2003 quando mancò di ritirare la seconda statuetta in protesta contro la guerra in Iraq condotta dagli Stati Uniti) a una reticenza a viaggiare, presumibilmente dovuta all'età avanzata. Ipotesi smentita – forse affiancata dai, alla fine si trattava comunque del regista più anziano mai nominato per il miglior film d'animazione – da quanto invece ha detto durante una conferenza stampa a Tokyo il collega. Imbarazzo e vergogna, quindi? E per quale ragione? Presto detto: Hayao Miyazaki si sente in colpa perché di ritirarsi, nonostante le voci e i suoi stessi annunci, non ha alcuna intenzione. In effetti del suo addio si è parlato almeno tre volte, per poi fare marcia indietro quando la sua mente e il suo corpo si sono ripresi dalle fatiche di concepire e disegnare a mano la maggior parte dei fotogrammi di un lungometraggio. E tra le fila si vocifera già sul fatto che tornerà a lavorare ancora una volta, forse per un corto d'animazione. “Credo che andrà in pensione quando non potrà più tenere in mano una matita”, ha dichiarato Susan Napier, docente di studi giapponesi alla Tufts University negli Stati Uniti e autrice di Miyazakiworld: a Life in Art. “Quest'uomo non è fatto per andare in pensione. Il suo lavoro è la cosa più importante della sua vita” ha aggiunto. In effetti per il Giappone lui “è un tesoro nazionale, ma anche internazionale. È un vero autore e il suo lavoro è assolutamente unico e originale, quindi, purtroppo, insostituibile”.

L’eredità fantastica e pacifista

Il regista 83enne è un convinto pacifista
Il regista 83enne è un convinto pacifista

Quando sarà il momento di mollare la presa il regista lascerà un'eredità fatta di viaggi bidimensionali in mondi fantastici, con strane creature e luoghi mozzafiato, e una visione del mondo informata dalla sua esperienza di vita durante il conflitto e l'austerità del dopoguerra.

Come molti giapponesi della sua generazione, l’83enne è un pacifista convinto, che si oppone ai tentativi dei politici conservatori di rivedere la costituzione del Paese nella parte in cui si dichiara la rinuncia alla guerra. “Il ragazzo e l'airone”, ad esempio, inizia con il protagonista 12enne Mahito Maki, che perde la madre nel bombardamento aereo di Tokyo del marzo 1945, in cui si stima siano morte 100.000 persone. Esperienza vissuta dallo stesso Miyazaki, che ha perso la mamma giovanissimo e si è trovato a fare i conti con moltissime dure esperienze che la perdita di un genitore comporta, tante delle quali riportate nella pellicola.

Peccato che l'affetto genuino che lui e la sua produzione ispirano all'estero non sempre si riflette in patria, dove ha attirato critiche per questa sua politica progressista e pacifista.

Ma insomma, tornando al non-addio agli Oscar, anche lo studioso Roland Kelts, pensa che, visti il perfezionismo e l'etica del lavoro del regista nipponico, lo vedranno impugnare ancora una volta la matita. “Non sa letteralmente fare nient'altro, ed è il migliore nell'unica cosa che sa fare”, ha spiegato. “Anche se non lo direbbe mai pubblicamente, è ovvio che i riconoscimenti e gli incassi significano molto per Miyazaki. È un uomo profondamente competitivo, e questo è uno dei motivi per cui Ghibli non è stata in grado o non ha voluto scegliere un successore”.

E allora ce lo possiamo immaginare con quel suo sorrisetto sotto i baffi, appena accennato nelle foto più note, che si prende gioco dei suoi fan facendo credere loro che sarà quella l’ultima volta che vedranno un suo film in sala, che dopo quello non ce ne saranno mai più, e intanto magari butta giù uno schizzo a matita e inizia a tracciare le linee che rimetteranno – di nascosto fino a quando non è troppo tardi – in moto la sua macchina dei sogni. E non pensate che si tratti di una strategia di marketing: semplicemente non sa e non vuole fare altro che disegnare sogni e speranze ad occhi aperti